Le accuse a Draghi per conflitto di interessi
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Le accuse a Draghi per conflitto di interessi

Il comitato di sorveglianza dell'Ue ha avviato un'indagine sul presidente della Bce: è membro del G30, non è indipendente. Ma la portavoce smentisce. [Checchino Antonini]

Le accuse a Draghi per conflitto di interessi
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Checchino Antonini Modifica articolo

1 Agosto 2012 - 09.05


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di Checchino Antonini

Draghi è accusato di mantenere stretti legami con il Gruppo dei Trenta e di partecipare a riunioni a porte chiuse. Un caso spinoso, dice il francese Le Monde: il comitato di sorveglianza interna dell’Ue ha avviato un’indagine su Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea (Bce) per conflitto di interessi. Lo annuncia la Reuters ma su un’altra agenzia, l’Afp, Gundi Gadesmann, la portavoce del mediatore europeo, smentisce e deplora la “drammatizzazione di questo caso” due giorni prima di un’importante riunione del Consiglio direttivo della Bce. “Nessuna indagine è stata aperta”, ha assicurato.

L’accusa a Draghi giunge dall’Osservatorio dell’Europa industriale (Corporate Europe Observatory, Ceo), una campagna indipendente che monitorizza l’influenza dei poteri forti sulle decisioni di Strasburgo e Bruxelles. Draghi, secondo Ceo, non sarebbe totalmente indipendente a causa della sua appartenenza al G30, il forum internazionale che riunisce i leader di pubblico e privato del settore finanziario.

“Abbiamo ricevuto una denuncia e abbiamo inviato una lettera alla Bce. Ora stiamo aspettando una risposta”, ammette la signora Gadesmann. La Bce ha tempo fino alla fine di ottobre per rispondere. A quel punto il mediatore, Nikiforos Diamantoros, formulerà raccomandazioni “che non sono vincolanti”, ha detto la sua portavoce. “Non abbiamo il potere di imporre sanzioni, cerchiamo di trovare una soluzione amichevole con cui tutti possono vivere”. “Il G30 ha tutte le caratteristiche di un veicolo di lobbying per le grandi banche private internazionali e il presidente della Banca centrale europea, non dovrebbe essere in grado di essere membro”, ribatte l’Osservatorio.

Il 2 agosto, intanto, si riunirà il vertice della Bce per la sua decisione mensile di politica monetaria. Una data più attesa del solito dopo che la scorsa settimana Draghi ha dichiarato di essere “pronto a fare tutto il necessario per proteggere l’euro”, provocando un rilassamento significativo nei mercati, in particolare obbligazionari.

Draghi era già stato criticato sulla sua carriera a Goldman Sachs dal 2002 al 2005 quando la banca Usa (in cui ha militato anche Monti) ha “aiutato” la Grecia a fare i suoi conti.
Alla fine del novembre scorso il presidente del Ceo ha scritto al neo capo della Bce: «Dear Mr. Draghi si dimetta o lasci il Gruppo dei 30», aveva scritto Kenneth Haar per conto della campagna, citando le norme in materia di indipendenza della Bce. L’articolo 130 del trattato Ue recita infatti che “nell’esercizio dei poteri e nell’assolvimento dei compiti e dei doveri né la Banca centrale europea, né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni, organi, uffici o agenzie, da qualsiasi governo di uno Stato membro o da qualsiasi altro organismo”.

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Anche il settore finanziario privato ed i suoi rappresentanti sono tra gli organi che potrebbero esercitare un’influenza indebita sulla banca. Di conseguenza, la Bce e il suo presidente hanno l’obbligo di mantenere una distanza adeguata da qualsiasi veicolo del settore finanziario. Il Gruppo dei Trenta è un gruppo di pressione dei banchieri del settore pubblico e privato. Tra i suoi membri spiccano dirigenti e consulenti di Morgan Stanley, JP Morgan Chase International e BNP Paribas. Quando il gruppo si presenta al pubblico, di solito è Jacob Frenkel da JP Morgan Chase International, che agisce come suo portavoce. Il Gruppo ha le caratteristiche di un veicolo lobbying per privati ​​interessi finanziari. Solo un altro banchiere può fingere di non vedere che la mission del gruppo è quella di influenzare il dibattito sulla regolamentazione del settore finanziario in tutto il mondo.

Il Gruppo dei Trenta, ricorda Kenneth Haar è stato attivissimo in occasione di Basilea II, l’accordo del 2004 sui requisiti minimi di capitale in seguito accusato di molte delle calamità nel crisi finanziaria nel 2008.. Il Ceo punta l’indice sulla «natura opaca delle attività dei membri. Non abbiamo modo di conoscere i dettagli del tuo coinvolgimento, dato che le riunioni dei soci sono riservate, inaccessubili al pubblico». Il 27 giugno il Ceo ha presentato una denuncia formale presso il Mediatore europeo perché l’appartenenza di Draghi al Gruppo dei Trenta è in contrasto con le regole della BCE in materia di etica. Il Gruppo dei Trenta è un forum esclusivo per i banchieri di alto livello, che riunisce i banchieri del settore privato, accanto a figure del governo e del mondo accademico. Il suo obiettivo dichiarato è quello di influenzare il banking pubblico e privato.

Le superlobby, il gotha segreto dell’alta finanza
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Il Gruppo dei Trenta, spesso abbreviato in G30, si definisce un organismo internazionale di finanzieri leader e accademici che mira ad approfondire la comprensione delle questioni economiche e finanziarie e di esaminare le conseguenze delle decisioni prese nei settori pubblici e privati ​​correlati a queste problematiche. E’ composto di trenta membri e comprende i capi delle principali banche private e banche centrali, così come i membri del mondo accademico e delle istituzioni internazionali. Tiene due riunioni plenarie ogni anno e organizza anche seminari, convegni, e gruppi di studio. Ha sede a Washington. E’ stato fondato nel 1978 da Geoffrey Campana su iniziativa della Fondazione Rockefeller che ha anche fornito un finanziamento iniziale. Il suo primo presidente fu Johannes Witteveen, ex direttore di gestione del Fondo monetario internazionale . Oggi lo presiede Jean-Claude Trichet, predecessore di Draghi a Francoforte.

Nomi che ricorrono nelle superlobby internazionali di cui s’è occupato di recente il giornale Liberazione. Sempre il miliardario Rockfeller, cinque anni prima, aveva fondato la Trilateral commission, nome che deriva dalle tre aree a maggior sviluppo capitalistico: Nord America, Europa e Asia-Pacifico. Ognuna delle tre aree ha un suo presidente: per l’Europa è stato Mario Monti finché non è diventato presidente del consiglio; lo ha sostituito Jean-Claude Trichet, appunto. Il presidente italiano attualmente è Carlo Secchi (ex rettore della Bocconi). Della Commissione fanno parte circa 400 persone tra banchieri, politici, editori, giornalisti, accademici; vi si entra solo su invito. E’ considerata una filiazione diretta del Gruppo Bilderberg, di cui condivide membri e ideologia. Il nome, stavolta, deriva dall’albergo in cui s’è riunito la prima volta nel ’54, l’hotel Bilderberg di Oosterbeek, per iniziativa del principe Bernardo d’Olanda. E’ la più ristretta, esclusiva e segreta delle società (o sette) “internazionaliste”. E’ governato da un comitato esecutivo, di cui fanno parte circa 30 persone (tra le quali Mario Monti e Franco Bernabè per l’Italia) elette per quattro anni rinnovabili. Il Gruppo si riunisce una volta l’anno in località esclusive e hotel di lusso, protetto da guardie armate che non fanno avvicinare nessuno, tanto meno la stampa. Le date e i luoghi sono segreti e chi vi è invitato ha l’obbligo della riservatezza, pena l’esclusione. Tra i nomi italiani: Giulio Tremonti, John Elkan, Paolo Scaroni, Tommaso Padoa-Schioppa. L’ultima conferenza nota si è svolta nel giugno 2011.

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«Alcuni credono che facciamo parte di una cabala segreta che manovra contro gli interessi degli Stati Uniti, definendo me e la mia famiglia come “internazionalisti” e di cospirare con altri nel mondo per costruire una struttura politica ed economica integrate – un nuovo mondo, se volete. Se questa è l’accusa, mi dichiaro colpevole e sono rogoglioso di esserlo», scriveva nelle sue memorie David Rockfeller. Ancora: «I Bilderbergers sono in cerca dell’era del post-nazionalismo: quando non avremo più paesi, ma piuttosto regioni della terra circondate da valori universali. Sarebbe a dire, un’economia globale; un governo mondiale (selezionato piuttosto che eletto) e una religione universale. Per essere sicuri di raggiungere questi obiettivi, i Bilderbergers si concentrano su di un “approccio maggiormente tecnico” e su di una minore consapevolezza da parte del pubblico in generale», scriveva William Shannon del New York Times, ambasciatore in Irlanda per Carter e naturalmente membro del Bilderberg. Il loro è uno sforzo costante contro gli «eccessi della democrazia e il «sovraccarico del sistema decisionale all’origine della crisi economica». Il barone Denis Winstop Healey, due volte ministro britannico tra i 60 e i 70, ne era convinto: «Quel che accade nel mondo non avviene per caso; si tratta di eventi fatti succedere, sia che abbiano a che fare con questioni nazionali o commerciali e la maggioranza di questi eventi sono inscenati da quelli che maneggiano la finanza». «Le idee e la linea politica che vengono fuori dagli incontri annuali del Gruppo Bilderberg – scrive Daniel Estulin, un giornalista spagnolo che ha scritto un libro molto informato (“The true story of the Bilderberg Group”, TrineDay, 340 pagine) – sono poi usate per creare le notizie di cui si occuperanno le maggiori riviste e i gruppi editoriali del mondo. Lo scopo è quello di dare alle opinioni prevalenti dei Bilderbergers una certa attrattiva per poterle poi trasformare in politiche attuabili e di far pressione sui capi di stato mondiali per sottometterli alle “esigenze dei padroni del mondo”. La cosiddetta “stampa libera mondiale” è alla completa mercè del gruppo e dissemina propaganda da esso concordata».

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