La battaglia di Damasco: ribelli giustiziati
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La battaglia di Damasco: ribelli giustiziati

Quando le truppe di Assad riconquistano un quartiere, i ribelli più giovani pagano con la vita. Ma continuano le defezioni. Usa e Israele preoccupati per le armi chimiche del regime.

La battaglia di Damasco: ribelli giustiziati
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23 Luglio 2012 - 06.42


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Esecuzioni sommarie, per lo più di giovani. In nottata la notizia del ritrovamento dei primi morti, uomini con le mani legate dietro le spalle e giustiziati. Poi, col nuovo giorno il bilancio si è fatto più pesante.

Le truppe di Assad si muovono con estrema violenza, punendo la ribellione, casa per casa: entrano e passano per le armi quanti ritengono appartenenti alla schiera degli oppositori al regime. Così nella notte, così in mattinata nei quartieri riconquistati. Si sfondano le porte e si spara. In alcuni video messi in rete dagli attivisti, le immagini dei raid di questa mattina. Mostrano gruppi di uomini armati che indossano scarpe da ginnastica, cappellini da baseball e parti di uniformi militari. Uomini della milizia, non dell’esercito regolare, quella milizia fatta anche di reparti speciali alla quale si affida Assad per resistere. La Tv di Stato parla di quartieri “ripuliti”.

E a ben vedere, come ha detto il nostro ministro degli Esteri, Terzi, modalità e violenza dell’operazione sono proprie delle pulizie,ma etniche. Cresce l’allarme internazionale, il regime risponde al timore di USA e Israele: useremo le armi chimiche solo se attaccati, dice il portavoce del ministero degli Esteri di Damasco, non precisando, però, cosa Assad valuti come”attacco”. Il tiranno è sempre più solo e per questo fa paura. Assad si scaglia anche contro la Lega Araba, rea di aver ipotizzato una sua resa, un esilio che consentisse una fase transitoria al Paese.

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Mentre Assad gioca in casa una partita militare a fasi alterne, sul piano internazionale, Stati Uniti e Israele discutono su come affrontare il collasso del regime siriano. Il primo ministro, Netanyahu, ha detto chiaramente come la pensa Israele: Tel Aviv potrebbe “dover agire”, se necessario, per impedire che le grandi riserve di armi chimiche cadano in mano di gruppi difficilmente controllabili. In Israele, niente ferie per forse armate ed esercito, allertati i riservisti. Damasco come Tripoli, quando c’era da abbattere Gheddafi.

Battaglie che ora premiano gli insorti, ora danno ragione alla maggiore forza delle truppe fedeli al regime. Da una parte la conta dei morti, dall’altra una buona notizia per i rivoltosi: ad Aleppo i ribelli hanno
conquistato una scuola di fanteria dell’esercito nella
città di musalmiyeh, 16 chilometri a nord della città. Lo
riferisce un generale di brigata siriano che si è rifugiato in
Turchia, Mustafa al-sheikh. “Una vittoria di
grande importanza strategica e simbolica”, ha detto. Strategica
perché nella scuola ci sono depositi di munizioni e veicoli
militari e perché la caserma protegge l’ingresso nord di
Aleppo. Simbolica perché contribuisce al collasso
morale delle truppe fedeli ad Assad. Nella battaglia per la
conquista della scuola di fanteria, infatti, molti ufficiali sono passati dalla parte degli insorti. Gli uomini più spietati del regime sono comandati dal fratello del
presidente Bashar al Assad.

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Loro hanno respinto gruppi di ribelli
che si trovavano a Barzeh, il quartiere a nordest di Damasco luogo delle tante esecuzioni. Durante la notte
all’agenzia stampa reuters un testimone e attivista anti-regime aveva raccontato:
“almeno 20 carri armati della quarta divisione e centinaia
dei suoi membri sono entrati a Barzeh. Ho
visto le truppe entrare nella casa di Issa al-arab, 26 anni. lo
hanno ucciso con due colpi alla testa. Il 17enne Issa Wahbeh è
stato portato fuori da un rifugio, picchiato e ucciso. altri
quattro uomini sulla ventina sono stati uccisi allo stesso
modo”. L’attivista Abu Kais ha dato la sua testimonianza al telefono da
Barzeh. Intanto, ammonterebbero già ad almeno
duemila le diserzioni dai ranghi delle forze
armate lealiste.

Bil presidente Bashar al Assad è
apparso in televisione per ostentare sicurezza, per smentire la notizia di una fuga. Ma la sensazione è che la scelta di un esilio, probabilmente la Russia, sia solo questione di giorni.

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