Ieri quarto giorno di tensione nel centro del Cairo, contraddistinto dai soliti “imprevisti” che ormai da giovedì accompagnano le manifestazioni di protesta dei giovani egiziani. La novità architettonica commissionata dalle forze di sicurezza centrali ad alcune squadre di operai e realizzata durante la notte precedente è stata una barriera di blocchi di cemento su Mansour st., la via che più di altre è stata presa di mira in questi giorni dai manifestanti interessati a raggiungere il Ministero dell’Interno dopo i disordini scoppiati nello stadio di Port Said.
La mattinata è trascorsa senza particolari intoppi, con la polizia che ha lanciato qualche lacrimogeno in direzione dello sparuto gruppo di ragazzi che, nel frattempo, si era radunato a ridosso del muro. Piccoli assembramenti si sono formati anche nelle strade intorno a Mansour, ma, al di là di qualche lancio di pietre contraccambiato da altrettanti lacrimogeni, la situazione è rimasta per lo più stabile grazie soprattutto al cordone di volontari e attivisti contrari ad un proseguimento delle ostilità. Da segnalare anche il commovente corteo delle “Madri delle vittime della rivoluzione” che avvicinandosi alla prima linea chiedevano il rispetto della tregua.
Tuttavia, nel pomeriggio si è potuto vedere, ancora una volta, come sia difficile per i dimostranti più moderati, quelli che, per intenderci, vorrebbero sì manifestare il proprio dissenso ma senza dover ricorrere ad uno scontro con la polizia o all’incendio di edifici pubblici, controllare le frange più violente.
Verso le 16:00, infatti, un nutrito gruppo di ragazzini di età compresa, presumibilmente, tra i 9 e 16 anni, ha cominciato a correre indietro per sfuggire al tentativo di cattura messo in atto dagli stessi moderati. Ne è scaturita una breve sassaiola che i bambini hanno innescato per tenere a distanza gli attivisti e tutti coloro che si opponevano a sollecitare una risposta dei militari.
Fino alle 19:00 piccoli gruppi di persone hanno continuato a radunarsi all’angolo tra Mansour e piazza Hurriya/Bab el Louq, discutendo animatamente su come comportarsi e su quali misure adottare nei prossimi giorni. In molti hanno chiesto di organizzare una marcia pacifica verso il carcere come ulteriore simbolo del malcontento civile verso il governo provvisorio e lo Scaf. Entrambi sono ritenuti incapaci di garantire la sicurezza e la stabilità in un paese che, dalla caduta del regime di Mubarak, non ha visto miglioramenti economici di alcuni tipo e in cui i contraccolpi della rivoluzione hanno provocato una diminuzione delle riserve valutarie.
Intorno alle 19:30 Mahmoud, un cittadino italo-egiziano, ci mette in guardia sostenendo che di lì a poco le forze di sicurezza centrali, che avevano proclamato un ultimatum per quell’ora, avrebbero cominciato ad usare le maniere forti per sgomberare tutte le aree intorno al Ministero. Puntualmente, la polizia ha cominciato a martellare i manifestanti con i lacrimogeni per convincerli a sgombrare l’area. Nonostante ciò, la gente ha continuato a rimanere in zona, nella convinzione che l’espressione muscolare sarebbe stata solo momentanea e che si sarebbe potuta riprendere la protesta.
Alle 22:00 circa, però, la reazione della polizia prende un’altra piega, decisamente più violenta e autoritaria. Un blindato della polizia è nuovamente comparso al di qua dei muri eretti nella notte, percorrendo Mohamed Mahmoud Street e lanciando lacrimogeni sulle vie perpendicolari. L’ennesimo elastico, da molti ritenuto solo l’ultimo dei tanti che ci sarebbero potuti essere nella serata di ieri, è sembrato durare più del previsto.
I più restii a cedere terreno, inizialmente spavaldi, si sono dovuti ricredere quando il blindato a gran velocità ha fatto irruzione su piazza Hurriya cominciando a sparare lacrimogeni e pallini da caccia sulla folla. Com’era prevedibile, il caos ha preso il sopravvento, con i tanti manifestanti preoccupati di mettersi al riparo, e solo i più equipaggiati hanno provato a sfidare le forze dell’ordine, con scarso successo. Al momento dell’irruzione nell’area erano presenti almeno due ambulanze e tre ospedali da campo, questi ultimi obbligati a trasferirsi a piazza Tahrir. L’area attorno al Ministero veniva così sgomberata con la forza, mentre anche in Mohamed Mahmoud le forze di sicurezza utilizzavano i blindati contro i manifestanti costringendoli alla fuga. Dai successivi aggiornamenti forniti tramite Twitter da parte dei manifestanti, ci sarebbero già diversi feriti tra cui un medico e una famosa attivista (Salma Said), mentre molti ospedali da campo risultano sgombrati o bruciati.
Nella notte si sono rincorse voci di una vera e propria guerriglia urbana tra polizia affiancata dall’esercito e manifestanti. Ai lacrimogeni si sono sostituiti sempre più veri e propri proiettili e pallini da caccia. Qualche testimone riferisce che anche alcuni dimostranti si sarebbero armati. Dall’irruzione del blindato nella piazzetta la zona è diventata altamente a rischio e non ci è stato possibile verificare oltre. Nel frattempo le forze di sicurezza terminano il lavoro di costruzione dei restanti muri su Nubar Street e Mohamed Mahmoud per isolare ulteriormente il Ministero.
I punti interrogativi e i dubbi aumentano sempre di più. Port Said appare sempre più lontana, sebbene il ricordo di quella sera ancora bruci. Gli attivisti e i giovani “oltranzisti” sembrano sempre più isolati. Se Tahrir non è in pericolo, la maggior parte degli egiziani non li segue più.
La differenza rispetto a venerdì, quando anche grazie al supporto “della piazza” i ragazzi avevano conquistato 300 metri di terreno a Mansour, è eclatante. Ci sarà tempo per le analisi. Purtroppo è ancora tempo di cronaca e di tregue violate.