Libia: Sirte semidistrutta rimpiange Gheddafi
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Libia: Sirte semidistrutta rimpiange Gheddafi

La brutalità dei ribelli aumenta la frustrazione e il risentimento nella città ex roccaforte del colonnello, dove il sostegno politico al leader ucciso è ancora forte.

Libia: Sirte semidistrutta rimpiange Gheddafi
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1 Dicembre 2011 - 15.17


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Scuole chiuse, edifici bruciati, quartieri deserti, negozi chiusi, vertine rotte, cumuli di macerie e rovine per le strade. Dopo più di un mese dalla brutale uccisione di Muammar Gheddafi, Sirte, sua città natale, è ancora distrutta e semi-abbandonata. E’ una città fantasma, deserta, isolata dal resto del paese, sventrata dai pesanti bombardamenti che ha subito.

Solo recentemente gli abitanti di Sirte, molti dei quali continuano ad appoggiare il defunto leader, hanno iniziato a fare ritorno nelle proprie case a seguito del miglioramento dei servizi elettrici ed idrici. Un ritorno lento e molto complesso di cui non è ben chiara la portata: secondo Abdeljalil Abdelsalam Al-Shawif, vice-presidente del Consiglio militare di Sirte, tre quarti della popolazione ha fatto ritorno nella città, mentre secondo i dati degli enti assistenziali il numero sarebbe molto più basso, pari ad un quarto degli abitanti totali.

E anche le notizie sulle reali condizioni dei quartieri della città sono contraddittorie. “Ogni giorno la situazione migliora per quanto riguarda la sicurezza” ha dichiarato Abdeljalil ad Irin, il servizio di analisi e di informazione dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli affari Umanitari (Ocha) – l’acqua e l’elettricità son tornate nel 90% della città anche se non ovunque è potabile”. Discordanti i dati del Comitato Internazionale della Croce Rossa: nelle aree più colpite dalla guerra, nella zona 2 e nell’area 700, solo il 5% delle case avrebbe a disposizione i servizi di base e sono previsti tempi ancora lunghi prima che venga ripristinata l’elettricità.

Quello che più preoccupa gli operatori degli enti assistenziali è che il ritorno degli abitanti a Sirte possa innescare dinamiche destabilizzanti per il paese poiché i consigli militari che controllano le varie città libiche non hanno intenzione di reintegrare e fornire assistenza a coloro che continuano a sostenere il leader ucciso a sangue freddo dai ribelli. Questo è proprio quello che sta avvenendo a Sirte.

Nella zona 2 di questa città non sventola nessuna bandiera della rivoluzione, la maggioranza dei suoi abitanti è ancora dalla parte di Gheddafi. Marwa è tornata a casa da un mese e da quel momento non ha mai smesso di pulire. La sua abitazione è stata distrutta dai ribelli durante la guerra, mentre cercavano armi e davano la caccia agli uomini dell’ex-leader libico.. E da quel momento non è stata più costruita. A testimoniarlo, le macerie nelle stanze e un grande buco sul tetto. Ma non è così in tutta la città. Il problema principale è che la ricostruzione delle case è responsabilità del governo, il quale è restio ad aiutare quella parte della popolazione che era – e continua ad essere – dalla parte di Gheddafi .In ogni area di Sirte sono stati stabiliti dei comitati locali di soccorso, ma i capi di questi comitati sono scelti dal consiglio militare governato dai ribelli.

E queste tensioni non riguardano solo il tema degli aiuti: la città è controllata dall’esterno da unità di ribelli – le brigate – che sono i responsabili della sicurezza in assenza dei servizi forniti dal governo. E i membri di queste brigate provengono tutti dalle città rivoluzionarie di Misurata e Bengasi.

In pratica, come ha spiegato un responsabile di un’organizzazione di soccorso “gli abitanti stanno tornando a casa sotto un potere che non li rappresenta. Questo potrebbe mettere a repentaglio il ritorno”. Un senso di amarezza e di insofferenza regna tra la popolazione di Sirte.

“Siamo tutti molto preoccupati” ha raccontato Marwa ad Irin – perché questo dopo tutto è territorio di Gheddafi e molti abitanti hanno ancora armi in casa”. E ancora adesso, dopo più di un mese dall’uccisione del leader libico, le brigate entrano a Sirte per portare via ed uccidere uomini che hanno combattuto al fianco di Gheddafi”.

Ma questa situazione non durerà a lungo. La Libia rischia ancora una volta di essere travolta da un’ondata di instabilità. “Un giorno, cacceremo fuori da qui” ha concluso Marwa.

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