Israele pensa ad una legge bavaglio per le Ong
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Israele pensa ad una legge bavaglio per le Ong

La Knesset si prepara a votare una proposta di legge che limita i finanziamenti esteri alle organizzazioni politiche. Proteste di Stati esteri e della società civile israeliana.

Israele pensa ad una legge bavaglio per le Ong
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16 Novembre 2011 - 10.28


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Quattromila euro annui come tetto massimo di finanziamento da “entità statali estere”. Questa la proposta di legge del governo di Netaniyahu per “limitare l’influenza politica di organizzazioni per i diritti umani ”. Colpite dai tagli sarebbero tutte le organizazioni non governative israeliane definite appunto “politiche”. La proposta é stata approvata la scorsa domenica dal comitato ministeriale israeliano con 11 voti su 5. Ma le obiezioni contro questo schiaffio in faccia alla libertà di espressione crescono. Il capo della delegazione dell’Unione Europea a Tel Aviv Andrew Standley ha messo in guardia Israele da questo passo antidemocratico, e all’Europa fanno eco Stati Uniti, Canada e ovviamente le organizzazioni della società civile israeliana.

Una seconda proposta di legge della deputata del partito di ultra-destra Yisrael Beiteinu, Fania Kirshenbaum, prevede la tassazione del 45% dei fondi esteri destinati ad organizzazioni che ricevono anche fondi statali israeliani. Secondo il quoditiano israeliano Haaretz, il primo ministro Netaniyahu supporta entrambe le proposte di legge, alzando però la somma limite di 4000 euro e facendo una distinzione più netta tra organizzazioni per i diritti umani e associazioni prettamente politiche. La definizione di organizzazioni “politiche” non é ancora stata specificata. Ma il proposito é dichiarato: “limitare gli atti di istigazione da parte di diverse organizzazioni operanti sotto le mentite spoglie di associazioni per i diritti umani che mirano ad avere influenza sul dibattito politico il carattere e la politica dello Stato di Israele” – riporta Haaretz. La legge sarà discussa in parlamento (Knesset) probabilmente la prossima settimana.

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Il consigliere Yaakov Amidror del Consiglio Nazionale di Sicurezza avrebbe preso distanza dalla proposta di legge e da Netaniyahu, avvertendo di essere stato informato dai corpi diplomatici dell’Unione Europea e di altri stati occidentali – le “entità statali estere” menzionate dal disegno di legge (ufficialmente The Associations Law Amendment –Banning Foreign Diplomatic Entities’ Support of Political Associations in Israel), assieme alle agenzie ONU – sulle severe consequenze che un simile provvedimento legislativo avrebbe sulle relazioni con Israele. La sola Unione Europa ha donato nel 2010 una somma pari a 1.8 milioni di euro alla società civile israeliana, a cui si devono aggiungere le donazioni degli Stati membri per un totale di quattro volte superiore. Un diplomatico europeo rimasto anonimo ha espresso preoccupazione non solo per la potenziale limitazione delle attività di Paesi terzi in Israele, ma anche per il carattere fortemente antidemocratico della legislazione. Per organizzazioni “politiche” si intenderebbero prima di tutto organizzazioni non in linea con la politica del governo israeliano, dunque “di sinsitra”.

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La critica non si fa aspettare neppure dalla società civile israeliana. “La Knesset dovrebbe votare contro il disegno di legge e ripulire l’immagine di Israele da questa macchia nera – ha dichiarato il New Israel Fund, una delle più importanti organizzazioni non governative israeliane al quotidiano Jerusalem Post. “Il governo sta preparando un assalto contro le fondamenta della democrazia israeliana” – gli fa eco Hagai El-Ad, direttore esecutivo della coalizione civile Associazione per i Diritti Civili in Israele (ACRI).

Il disegno di legge, problematico dal punto di vista costituzionale, é solo uno di un pacchetto che il governo Netaniyahu si prepara a varare. In lista anche una riforma dei poteri del cabinetto per mettere il veto alle sedute della Corte Suprema di Giustizia; un emendamento che prevede pene minime di 3 anni per richiedenti asilo non deportabili nel loro Paese di origine e una riforma della legge sulla diffamazione, che inasprirebbe la legislazione sopratutto in materia di vilipendio da parte dei media

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