di Fabio Merone
Domenica 16 ottobre si é svolta la più volte annunciata manifestazione contro la violenza e per la libertà di espressione, dal titolo emblematico:”lascatemi esprimere”. La prima timida risposta della Tunisia laica: 5000 persone hanno sfilato lungo l’av Mohamed V in direzione di piazza dei diritti umani.
Dopo la sbornia del “fine settimana della rabbia” e la tensione che si é infiltrata tra i ranghi dei progressisti, questa manifestazione é stata considerata dai giornali di sinistra “un successo”. Organizzata dal tam tam di facebook, non si sono visti i partiti politici, mentre numerosi erano i blogger e gli artisti, che insistevano sulla libertà di espressione.
La manifestazione, con lo stesso marchio, si é ripetuta dopo due giorni a Sousse, dando coraggio alle forze laiche di riconquistare un po’ di spazio perso nella piazza politica.
Intanto la campagna elettore si avvia verso la fine, scandita dagli spot dell’“Alto ente elettorale” (la commissione elettorale), che sapientemente ha orchestrato un crescendo di lanci pubblicitari per attirare l’attenzione sull’avvenimento.
Kamel Jandoubi, presidente della suddetta istituzione elettorale, esce da questa prova da trionfatore. A detta del responsabile degli osservatori dell’Ue, Mickael Ghaler, “…é molto raro in una fase di transizione democratica che ci sia così tanta fiducia nei confronti della commissione che presiede al processo elettorale”. Tale commissione procedera’ all’annuncio provvisorio del risultato delle elezioni lunedi’ 24, il giorno dopo le operazioni elettorali. Ed il risultato definitivo dopo il 5 dicembre.
Questa fiducia é premessa indispensabile per la credibilità del processo e per l’accettazione del responso delle urne.
L’Alto Ente indipendente per le elezioni era stata la creatura più preziosa di questo processo di transizione democratico. Ed i membri dell’”assemblea per la realizzazione degli obiettivi della rivoluzione”, secondo organo dello stato, ne erano stati fieri. Insieme al decreto legge che legiferava il codice elettorale, erano i due perni su cui si doveva perfezionare il processo.
Ma una fase post-rivoluzionaria non é fatta solo di creatività giuridica ma anche di conflitto di poteri. Pertanto quando Kamel Jandoubi aveva dichiarato che era impossibile rispettare la data delle elezioni, inizialmente fissata a luglio, si era scatenato il pandemonio ed erano saltati fuori i sospetti.
Il paese é arrivato stanco a questo appuntamento; troppo atteso, troppo rimandato.Pur tuttavia bisogna dare atto al coraggio ed alla personalità del presidente della commisione che aveva assunto su di sé la responsabilità del rinvio in funzione di uno svolgimento del processo in cui dovevano essere rispettati i criteri internazionali di trasparenza.
Gli osservatori internazionali che si sono riuniti mercoledì 19 ottobre al palazzo dei congressi di Tunisi hanno “promosso provvisoriamente i lavori della commissione” (secondo le parole del presidente degli osservatori della UE).
Se da un lato si perfeziona l’aspetto tecnico del processo, parallelamente si definisce il percorso politico-partitico.
Si era capito da tempo che questa rivoluzione tunisina, questa primavera araba, non aveva come posta in gioco un nuovo modello sociale ed economico. Quello di sui si dibatte e su cui si confligge é il concetto di modernità.
La “primavera araba” é figlia (o nipote) di quel lungo percorso di rinascita (Nahdha) che incominciò nell’800 come conseguenza della campagna napoleonica d’Egitto. I movimenti di liberazione nazionale erano stati una tappa, la costruzione dello stato moderno é ancora una posta in gioco.
Il ruolo dell’islam nel progetto politico moderno, nella costruzione liberale dello stato, é al centro del dibattito e delle preoccupazioni.
L’aspetto su cui si potrebbe attirare l’attenzione in questo clima pre-elettorale, é la paura dell’ignoto. Per la prima volta nella storia moderna in Tunisia si pesano le forze in campo. Cosa esprime la nostra societa? Da chi si sente rappresentata? Quali sono i nuovi blocchi di potere?
Questa volta a decretare la forza politica e sociale dei partiti, delle ideologie, delle lobbies, delle correnti culturali, non é il monopolio della forza di repressione. Sono le urne.
Dopo aver passato mesi e mesi di supposizioni, di sondaggi alla buona e meglio, di previsioni e di spauracchi, la verità la sapremo solo lunedì 24 ottobre. Il Nahdha (islamisti) avrà 20, 30, 50 per cento?ed i progressisti in blocco riusciranno a formare una maggioranza parlamentare? Ed il partito comunista (Poct) avrà il 3 per cento come annunciato dall’ultimo sondaggio o supererà il 10 per cento come da previsione piu’ che ottimistica dei suoi militanti? Ed i partiti destouriani, o ex Rcd, sono riusciti a ricomporre una base sociale? E quanto peseranno nella nuova piattaforma politica?
Il dibattito post-rivoluzionario era incominciato scatenato le passioni sulla laicita’ dello stato, e sembra chiudersi sulla stessa tonalità.
Le alleanze politiche ritornano a ricomporsi intorno alla questione discriminante della religione.
Secondo “Il maghreb”, giornale di sinistra moderata, indiscrezioni riportano di un incontro tra i leader del Polo Democratico ed il Pdp (Partito Democratico progressista). Questi incontri parlerebbero di una spettacolare inversione di rotta da parte di Najib Chebbi, leader storico del partito, il quale ritornerebbe su suoi passi rispetto alla costruzione di un polo modernista con la discriminante islamista. Il PDP starebbe prefigurando un alleanza parlamentare tra la sinistra moderata per sbarrare il passo ad un eventuale successo degli islamisti.Sicuramente la settimana della rabbia salafita ha giocato un ruolo nel ricomporre le alleanze.
Dall’altra parte dello schacchiera il Nahdha, partito da tutti annunciato come il più forte. Se il sistema elettorale (proporzionale puro) é stato fatto in maniera tale da rendere improbabile qualunque maggioranza schiacciante dentro l’assemblea, la strategia del Nahdha in questa fase é di farsi accettare come forza costituzionale e legittima sia all’interno che all’esterno del paese. Per questo il partito islamico ha sempre dichiarato di cercare uno spettro di alleanze quanto piu’ largo possibile e di estenderlo al di fuori delle correnti di matrice religiosa. Il Nahdha si augura pertanto un governo di unità nazionale che guidi il paese durante la fase costituente.
Su questa stessa linea si trovano il Cpr (congres pour la république) ed il POCT ( partito comunista). E’ questo il fronte dei partiti cosiddetti “rivoluzionari”, nel senso che sono stati i veri oppositori alla dittatura durante l’epoca di Ben Ali (nel 2005 strinsero un patto contro la dittatura) e che si sono trovati fianco a fianco nelle manifestazioni popolari della Casbah I e II.
Se ci siano delle vere e proprie consultazioni tra questi partiti o semplice convergenza di strategia a nessuno é dato di dirlo. Ma alcuni giornali insinuano e si domandano cosa voglia dire l’appello sentito più’ volte negli incontri elettorali di questi partiti a votare comunque sia per i partiti veramente “rivoluzionari”.
Tra questa due poli si trova l’Ettakatol di Ben Jafaar. Partito di centro-sinistra (dato dai sondaggi in crescita esponenziale, tanto da minacciare la primazia a sinistra del Pdp), si rifiuta tuttavia di abbracciare la logica del polo modernista anti-Nahdha.
La strategia di Ben Jafaar é inclusiva e ritiene che bisognerà costruire la costituzione del nuovo paese tutti insieme senza demonizzazione. Sarà per questo che é circolata qualche settimana fa una voce che lo vedeva candidato ideale alla candidatura di prossimo presidente della Repubblica.
Il sistema elettorale, tuttavia, non ha favorito convergenze ed alleanze. E’ arrivato adesso il momento di contarsi. Di capire ciascuno il proprio peso specifico. La tensione é alta. E’ il sogno della Tunisia che voleva completare il suo progetto di modernizzazione. C’é da recuperare una parte consistente della società che non si é identificata fino ad ora in questo processo elettorale. Ma non é questo il momento. Se ne riparlerà. Bisognerà creare le condizioni per uno sviluppo economico più inclusivo. Per il momento il paese per la prima volta nella sua storia si confronterà con l’elettorato. I partiti hanno accettato il gioco e si confrontano a viso aperto. La commissione elettorale che presiede al processo delle elezioni ha la fiducia totale da parte della popolazione e della clase politica. Adesso si va a votare. I veri conti si faranno il giorno dopo.
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