Egitto: Ramy Essam la voce della speranza
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Egitto: Ramy Essam la voce della speranza

Il giovane musicista ha raccontato la rivolta anti-Mubarak. Oggi ammonisce dal considerare l'ex rais alla sbarra il risultato conclusivo della rivoluzione del 25 gennaio.

Egitto: Ramy Essam la voce della speranza
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5 Agosto 2011 - 10.47


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di Michele Giorgio

Ramy Essam è stata la voce della rivoluzione egiziana. Sorridente, armato della chitarra e sempre pronto al salire sul palco di piazza Tahrir, è famoso per il suo brano «Irhal» (Vattene, Hosni Mubarak) – visualizzato nelle varie versioni oltre un milione di volte su Youtube – non solo tra i tanti egiziani protagonisti dei 18 giorni, tra il 25 gennaio e l’11 febbraio, che portarono alla caduta del raìs ma anche tra gli stranieri che seguivano la rivolta. Essam, 23 anni, ha provato sulla sua pelle la brutalità del vecchio regime e del «nuovo corso» con i militari al potere. Il 2 febbraio venne colpito e gravemente ferito al volto da un sasso scagliato dai pro-Mubarak lanciati contro i manifestanti in piazza Tahrir. Il successivo 9 marzo venne arrestato durante le cariche della polizia militare, sempre nel luogo simbolo della rivoluzione, e torturato per ore del Museo Egizio. Le foto dei segni lasciati delle sevizie sulla sua schiena hanno fatto il giro del mondo. Ieri il giovane artista egiziano è stato felice di aver visto Mubarak e i figli nella gabbia degli imputati ma ammonisce dal proclamare compiuta la rivoluzione del 25 gennaio.


D. Ramy, pochi di voi ci speravano ma alla fine Mubarak e i figli sono finiti alla sbarra, davanti ai giudici.

R. Farai fatica a crederlo ma quando visto quelle immagini mi sono domandato : sto sognando, è tutto vero o è soltanto un miraggio? E invece tutto accadeva realmente. La giustizia comincia a fare il suo corso, l’uomo (Mubarak) che ha negato un futuro di libertà e prosperità a gran parte degli egiziani per trent’anni sta finalmente affrontando il suo destino. Ma siamo soltanto all’inizio del processo, la strada è ancora molto lunga e prevedo continui tentativi, nell’aula del tribunale come nelle strade, di impedire che Mubarak venga condannato per i suoi crimini contro il popolo egiziano.


D. Secondo alcuni il processo a Mubarak darà maggior consenso al Consiglio supremo delle Forze Armate (Csfa). I generali al potere potranno affermare di aver mantenuto le promesse e accusarvi ancora una volta di provocare tensione e instabilità con le vostre richieste e le manifestazioni in piazza Tahrir.

R. Come ho detto il processo a Mubarak è solo un primo passo nella giusta direzione ma la rivoluzione è ben lontana dall’essere realizzata nelle sue aspirazioni più concrete. L’Egitto che vogliamo dovrà fondarsi sui diritti, sulla libertà, sulla fine degli abusi da parte delle forze di sicurezza. E siamo ancora distanti da queste mete. I militari potranno dire ciò che vogliono ma noi non ci fidiamo. Dovranno dimostrare con i fatti, con cambiamenti veri, la loro volontà di portare a termine la transizione democratica. Al momento davanti agli occhi abbiamo comportamenti ed azioni tipiche del regime di Mubarak. Domenica scorsa polizia ed esercito hanno pestato e brutalizzato decine di manifestanti che pacificamente mantenevano il presidio in piazza Tahrir. E sono migliaia le persone che dalla rivoluzione ad oggi sono state arrestate, molte di loro sono state processate davanti ai tribunali militari. Il Csfa garantisca a queste persone e a tutti gli egiziani un trattamento giusto, come sta facendo con Mubarak.


D. La vostra lotta quindi continua, quali saranno i prossimi passi?

R. Abbiamo intenzione di tenere aperta una tenda, la «tenda rivoluzionaria del Ramadan», in Piazza Tahrir e di organizzare eventi settimanali. Soprattutto ricorderemo agli agenti ed ufficiali di polizia che hanno ucciso e torturato che non la passaranno liscia, continueremo a cercarli e li porteremo davanti ai giudici.

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