di Mario De Finis
Il sempre più crescente e globale fenomeno dei senzatetto – a causa di conflitti, crisi economiche e ambientali, aumento della disoccupazione, diseguaglianze – sta determinando una ulteriore guerra, tra le tante in corso, all’interno dei confini di molti Paesi ricchi contro tanti homeless, che vivono in povertà ai margini di società sempre meno tolleranti verso la loro presenza nei ricchi centri urbani.
In Svezia, nonostante una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo contraria alle sanzioni contro le persone che fanno l’elemosina, si discute di renderla illegale. Analogamente in Lussemburgo già si vieta – con la motivazione di tutelare la sicurezza dei residenti, dei visitatori e delle attività locali – di chiedere l’elemosina nelle aree più centrali e in tutte i luoghi pubblici della città dalle 7 alle 22, “pena una multa dai 25 ai 250 euro”.
Ma nell’intero occidente c’è di peggio. Si va dall’odio alle esplicite minacce, dalla violenza fisica sino all’omicidio, come nel caso dell’afroamericano Jordan Neely – senza fissa dimora di circa 30 anni in apparente disagio mentale che si lamentava di avere fame e sete – prima aggredito e quindi soffocato nella metro di New York, mentre altri filmavano la scena.
Anche in Italia negli ultimi 10 anni, secondo gli ultimi dati Istat 2022, il numero dei senzatetto ha raggiunto il numero di 100mila (rispetto ai 50mila del 2014): con un’età media generale di 41,6 anni, di cui il 38% di origine straniera (spesso provenienti da paesi in guerra o politicamente ed economicamente instabili come la Somalia, l’Afghanistan, l’Iraq).
E la lotta ai senza fissa dimora – spesso in nome di questioni di sicurezza, ordine pubblico, “decoro urbano” – spinge alcune amministrazioni ad azioni brutali contro chi cerca riparo dal freddo della notte negli spazi all’aperto delle città.
Nei mesi scorsi a Vicenza, i netturbini hanno letteralmente annaffiato con acqua gelata i pochi senza fissa dimora presenti in strada, peraltro anche multati dai vigili urbani per aver violato il coprifuoco. A Roma nella zona di Trastevere, e a Napoli nel centro storico, pattuglie di vigili urbani hanno sgomberato con la forza i clochard, gettando via le loro coperte e i pochi beni necessari per affrontare quelle fredde notti all’addiaccio a bassissime temperature, che ogni anno fanno centinaia di morti tra gli homeless : in Italia 434 nel 2024, 19 in più rispetto al 2023, e 35 in più rispetto al 2022 (Report Osservatorio Fio.Psd)
Il termine “decoro urbano” – secondo l’Enciclopedia Treccani – esprime “il connubio tra estetica e qualità sociale delle città”, cui dovrebbe corrispondere anche la responsabilità civile del cittadino nei confronti della collettività.
Spesso purtroppo, dietro appelli dell’opinione pubblica al far qualcosa per il “decoro urbano”, si nascondono invece indifferenza e fastidio, la tacita speranza che i senza dimora scompaiano in silenzio, perché lo spazio urbano non è per loro – cittadini non a pieno titolo – in quanto “usufruiscono della città senza produrre”.
E ancora in nome del cosiddetto “decoro urbano”, le strategie disumane messe in atto dalle autorità per “ripulire” strade, portici, piazze o stazioni da disperati senza fissa dimora (criminalizzazione dei senzatetto, ordinanze e operazioni punitive contro l’accattonaggio, sgomberi, specifiche architetture ostative), invece di risolvere il problema tentano semplicisticamente, cinicamente – e invano – di nasconderlo.
A essere veramente indecoroso è il fatto che tanti esseri umani – spesso vittime di povertà, abbandono, fragilità, dipendenze – siano di fatto costretti a vivere e a morire in modo disumano, senza aiuto, assistenza, servizi, casa. Senza che si provi ad affrontarne povertà e disagi, approntando per loro soluzioni più dignitose, ragionate, efficaci e definitive: quasi appartenessero a un ordine differente di umanità.
Ma come ha scritto Daniela Leonardi nel suo “La colpa di non avere un tetto”, gli homeless «non sono altro da noi, bensì prendono forma in relazione a noi”.
La strategia migliore per incrementare sicurezza pubblica, vero decoro e benessere comune, non è far guerra agli homeless con ronde, sgomberi di massa e provvedimenti emergenziali estemporanei, ma combatterne l’homelessness: una povertà che assomma fragilità psichiatriche, dipendenze e povertà, tendenti progressivamente a radicalizzarsi e cronicizzarsi. Tale lotta è possibile solo attraverso una società che dia loro nuovamente e stabilmente valori in cui credere, la fiducia, l’affetto e la cura che gli sono mancati (determinandone fragilità fisica e psichica,depressione, solitudine, carenza affettiva, dipendenze, sfinimento).
Donatella Di Cesare al 38° Meeting Internazionale per la Pace a Parigi – nella Tavola Rotonda dal significativo titolo “La vita delle persone vale sempre meno” – ha parlato di vite considerateda molti “talmente superflue da essere già votate alla perdita, non degne di lutto perché vulnerabili“.
Ma ha anche segnalato la vulnerabilità di tutti come una risorsa che sottende il legame reciproco.
David Sassoli, da Presidente del Parlamento europeo, il 16 Aprile 2020 – durante il primo devastante lockdown – scelse di aprire le porte e le cucine dei palazzi delle istituzioni europee di Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo proprio ai senza tetto in cerca di riparo dal freddo intenso. Disse: “Non possiamo restare indifferenti e aspettare rispetto alle persone in grave difficoltà che tutte le notti dormono all’aperto”. E sottolineò l’importanza per ogni cittadino dell’ascoltare e del prendersi cura delle persone più vulnerabili per far vivere i valori della democrazia: “L’umanità dei nostri cittadini è la nostra più grande ricchezza”.
L’umanità di ogni persona – e particolarmente dei più fragili – come ricchezza di cui prendersi cura: una precisa e preziosa indicazione di percorso per i decisori e l’opinione pubblica di oggi verso una democrazia urbana piena, perché anzitutto umana.