Hai voglia a dire “Europa”. Ma senza aggettivarla, declinarla, riempirla di contenuti e di una visione, “Europa” resta una parola vuota, una invocazione retorica.
Occorre sporcarsi le mani, e dire da che parte si sta.
Lo fanno, con grande nettezza organizzazioni in prima fila nella lotta pacifista, disarmista, non violenta. Come Rete Italiana Pace Disarmo, Fondazione Perugiassisi, Sbilanciamoci, Calizione Assisi pace giusta, Crs, Fondazione Di Vittorio, Fondazione Lelio e Lisli Basso, Salviamo la Costituzione, che hanno stilato un documento-piattaforma comune per una Europa di pace.
“Oggi, di quale Europa stiamo parlando? Europa di pace o Europa di guerra? Europa armata, o Europa disarmata? Europa che investe in armi tagliando il welfare? O Europa che investe in cooperazione tagliando le spese militari? Ci opponiamo alla scellerata decisione di sospendere le regole di bilancio per le spese della difesa armata, facendoci entrare in una economia di guerra.
Siamo con gli ucraini. D’accordo, ma come? Dicendogli “vi diamo le armi e combattete” o facendo diplomazia per salvare il salvabile?
Da sempre ripetiamo che non esiste soluzione militare del conflitto: la guerra non la vince nessuno. La scelta armata fatta per difendere l’Ucraina dall’invasione russa ha portato da 3 anni ad uno stallo evidente, una guerra di logoramento costata da entrambe le parti decine di migliaia di morti e un numero infinito di vedove, orfani e mutilati. La via militare è un fallimento è l’evidenza dei fatti è lì a dimostrarlo.
Nessuno la guerra la vince, la pace invece la possono vincere tutti.
Stessa cosa per quanto accade nella sponda sud del Mediterraneo, l’Europa è pronta a schierarsi per il riconoscimento del diritto di autodeterminazione dei palestinesi come riconosciuto da infinite risoluzioni delle Nazioni Unite, o per gli amici si usa la politica del “doppio standard”, tollerando crimini di guerra, occupazione e pulizia etnica?
Non sono domande provocatorie, sono domande sincere, necessarie, per capire quale Europa dobbiamo ricostruire, quale sicurezza e politica estera vogliamo sostenere.
Il Manifesto di Ventotene, Per un’Europa libera e unita, aveva l’obiettivo di liberare l’Europa, e progressivamente il pianeta, dalle guerre.
“Quale sia il male profondo che mina la società europea è evidentissimo ormai per tutti: è la guerra totale moderna, preparata e condotta mediante l’impiego di tutte le energie sociali esistenti nei singoli paesi. Quando divampa, distrugge uomini e ricchezze; quando cova sotto le ceneri, opprime come un incubo logorante qualsiasi altra attività. Il pericolo permanente di conflitti armati tra popoli civili deve essere estirpato radicalmente se non si vuole che distrugga tutto ciò a cui si tiene di più”. (Altiero Spinelli in Stati Uniti d’Europa e le varie tendenze politiche, 1942).
L’Europa per dimensione e peso economico, per cultura politica, per tradizione storica deve farsi carico di promuovere il rilancio della multilateralità e la collaborazione globale per un futuro comune. Deve dismettere la postura della supremazia e porsi in una posizione di neutralità attiva nella competizione globale. Deve promuovere una “sicurezza condivisa”, e non la “fortezza Europa”, tenuta in piedi con la forza delle armi, con i muri e con politiche economiche restrittive, inique ed ancora fondate sul fossile.
Data la natura altamente delicata della sicurezza, della difesa e della politica estera, l’idea che la costruzione di un complesso militare-industriale europeo possa avere come risultato un rafforzamento dei legami tra gli Stati membri favorendo un miglioramento del consenso, è un tragico errore. Ciò che è certo è che l’Esercito europeo è attualmente solo una giustificazione retorica di decisioni che puntano a spostare ingenti risorse dai compiti civili dell’Unione a fondi a disposizione degli interessi dell’industria militare senza una visione ed un progetto di società per le future generazioni, con il solo risultato di togliere fondi alla coesione sociale ed economica, alla cooperazione ed alla transizione ecologica.
L’Europa deve rimanere uno spazio multinazionale capace di diventare una grande potenza di pace, che faccia i conti con il passato coloniale e con la necessità di porvi rimedio, che escluda la guerra dai propri strumenti politici e che utilizzi la sua grande capacità economica, scientifica e tecnologica per favorire il riequilibrio nella distribuzione delle opportunità e delle conoscenze tra i popoli. La pace è una conquista della politica che si costruisce nel tempo: sappiamo che c’è sempre un’alternativa da poter percorrere al fallimento totale della politica che è la guerra.
Per un’Europa costruttrice di pace e di sicurezza per tutti i popoli:
– L’Europa deve agire come una vera comunità politica, democratica ed economica dentro un sistema multilaterale e non di blocchi politico-militari che competono e si reggono sulla deterrenza militare.
– L’Europa deve avere una propria politica estera fondata sulla cooperazione e sulla costruzione di pace, giustizia e sicurezza condivisa e comune, regolata dal diritto internazionale.
– L’Europa deve rafforzare il modello sociale europeo ampliando l’accesso ai diritti ed alle tutele, destinando le proprie risorse alla difesa civile, alla transizione ecologica alla cooperazione ed al la solidarietà dentro e fuori l’Unione Europea, allargando la sfera di cooperazione (economica, culturale, strategica) per il rafforzamento della democrazia e del raggiungimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile a partire dalle aree di vicinato, tanto a Est come a Sud, per poi estendersi al resto del mondo, e non per il riarmo e per l’economia di guerra.
– L’Europa deve praticare una politica commerciale coerente e strumentale alla politica di pace e di sicurezza condivisa: ridurre il divario tra paesi ricchi e paesi poveri; ridurre le diseguaglianze e sconfiggere le povertà e le migrazioni forzate; investire nella transizione ecologica, promuovere stabilità, pace e sicurezza comune.
Così facendo, il concetto di difesa assume un connotato completamente diverso da quello che si sta discutendo, non è più la difesa militare ed il riarmo per difendersi da un nemico o da una invasione, ma è il consolidamento di un sistema di relazioni tra stati che cooperano, regolato dal diritto internazionale e da forti scambi economici, culturali, di interdipendenza e di scambio, con un basso investimento negli eserciti e nelle armi, ed alto investimento nella difesa civile e nonviolenta, nella cooperazione e nel mutuo aiuto.
Rinnoviamo l’invito a portare nelle piazze, ad esporre alle finestre la bandiera della pace che rappresenta questa idea di Europa e che non può essere usata per giustificare la corsa e la spesa al riarmo ed alla guerra, ma per sostenere l’alternativa alle guerre ed alla prepotenza dei più forti, di chi vuole imporre la legge del più forte, dei ricatti, della supremazia. Vale per l’Ucraina, Vale per la Palestina, vale per tutte le guerre che subiscono le popolazioni.
La nostra Europa deve essere un’Europa di pace e di sicurezza condivisa e comune per tutti i popoli.
È il momento di una grande campagna europea per contrastare la corsa al riarmo ed un’economia di guerra”.
Se non ora, quando?