Francesco pensa a Gaza anche dall'ospedale mentre nella Striscia si lasciano morire i bambini di freddo e stenti

o credo che davanti all'inferno di Gaza, la telefonata serale di Francesco alla parrocchia di Gaza sia una quotidiana, straziante preghiera a Cristo in croce.

Francesco pensa a Gaza anche dall'ospedale mentre nella Striscia si lasciano morire i bambini di freddo e stenti
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

25 Febbraio 2025 - 19.39


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Io credo che davanti all’inferno di Gaza, la telefonata serale di Francesco alla parrocchia di Gaza sia una quotidiana, straziante preghiera a Cristo in croce.

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Lo ha fatto ogni giorno della sua vita di fronte all’orrore che si consumava a Gaza, lo fa oggi in questi giorni incerti, in queste ore d’ansia.

Da un lato l’eco della preghiera che si alza per il Papa in ogni angolo del mondo, a piazza San Pietro, sotto le finestre del “Gemelli”, dall’altro le notizie tragiche da Gaza. Francesco ha saputo di Sham, la neonata di pochi giorni morta di freddo, ha saputo della morte degli altri cinque piccoli palestinesi.

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Ormai i numeri dei bambini morti a Gaza, dei civili spazzati via da una guerra che fa strage di gente inerme e povera, sono così alti da renderli incredibili, inconciliabili con l’umanità.

La guerra è sempre una sconfitta, dice e ripete, e poi ripete ancora Francesco. Lo farà fino all’ultimo dei suoi giorni, lo farà sempre nella speranza che questa stoltezza, per miracolo e per la volontà degli uomini di buona volontà, se non estinta, alla fine sia cancellata dai nostri giorni.

In Francesco, in queste ore, c’è il dolore del corpo che grava su un uomo, e un uomo in età, e c’è il dolore che non riesce ad entrare nella casa del cinismo dei potenti e nell’indifferenza del nostro tempo.

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Nel frattempo, nella Striscia di Gaza, con un popolo sballottato da un esodo all’altro, si continua a morire: il blocco israeliano non permette che a chi soffre e ha fame arrivino aiuti alimentari e un riparo.

In queste ore, e alla notizia dei sette piccini morti di freddo e di stenti, vale rileggere le parole che il Papa inviava a Gaza all’inizio di ottobre.


“Cari fratelli e sorelle, penso a voi e prego per voi” – scriveva Francesco il 7 ottobre dello scorso anno – “Desidero raggiungervi in questo giorno triste.

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Un anno fa è divampata la miccia dell’odio; non si è spenta, ma è deflagrata in una spirale di violenza, nella vergognosa incapacità della comunità internazionale e dei Paesi più potenti di far tacere le armi e di mettere fine alla tragedia della guerra.

Il sangue scorre, come le lacrime; la rabbia aumenta, insieme alla voglia di vendetta, mentre pare che a pochi interessi ciò che più serve e che la gente vuole: dialogo, pace”.

E poi, ancora una volta: “Non mi stanco di ripetere che la guerra è una sconfitta, che le armi non costruiscono il futuro ma lo distruggono, che la violenza non porta mai pace. La storia lo dimostra, eppure anni e anni di conflitti sembrano non aver insegnato nulla”.

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E voi, fratelli e sorelle in Cristo che dimorate nei Luoghi di cui più parlano le Scritture, siete un piccolo gregge inerme, assetato di pace.

“Grazie per quello che siete, grazie perché volete rimanere nelle vostre terre, grazie perché sapete pregare e amare nonostante tutto. Siete un seme amato da Dio”.

Un seme “apparentemente soffocato dalla terra che lo ricopre – scriveva Francesco – ma che sa sempre trovare la strada verso l’alto, verso la luce, per portare frutto e dare vita”.

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Da Francesco, l’invito a non lasciarsi inghiottire dall’oscurità, spronando il “gregge” a diventare “germogli di speranza”.

In Francesco, il dolore per l’incapacità a trovare le vie della pace; incapacità che rischia di spianare la strada al male, quello spirito del male che fomenta la guerra, che è “omicida” e “menzognero”.


“Sono con voi, abitanti di Gaza” – continuava la lettera di Francesco – “voi martoriati e allo stremo, che siete ogni giorno nei miei pensieri e nelle mie preghiere.

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Sono con voi, forzati a lasciare le vostre case, ad abbandonare la scuola e il lavoro, a vagare in cerca di una meta per scappare dalle bombe.

Sono con voi, madri che versate lacrime guardando i vostri figli morti o feriti, come Maria vedendo Gesù; con voi, piccoli che abitate le grandi terre del Medio Oriente, dove le trame dei potenti vi tolgono il diritto di giocare.

Sono con voi, che avete paura ad alzare lo sguardo in alto, perché dal cielo piove fuoco.

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Sono con voi, che non avete voce…

Sono con voi, assetati di pace e di giustizia, che non vi arrendete alla logica del male e nel nome di Gesù “amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano”.

Grazie a voi, figli della pace, perché consolate il cuore di Dio, ferito dal male dell’uomo…

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Fraternamente, Francesco”.

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