Inizia un nuovo anno mentre è stata aperta la Porta Santa del Giubileo, e viviamo il tempo di Natale. Attraversare la porta è sempre stato inteso nella tradizione cattolica come il momento fondamentale di un pellegrinaggio. Il Giubileo 2025 ha questo tema: essere «pellegrini di speranza». Ma che cosa significa in questo cambio d’anno?
Il pellegrinaggio è un gesto che dà ritmo e apre al futuro, passo dopo passo. La porta è un simbolo spaziale. Ma per Francesco è anche un simbolo temporale. Il futuro non è il tempo degli indovini, che in questi giorni fanno sentire la loro voce dappertutto.
Come scrisse il filosofo Walter Benjamin, ogni istante, ogni secondo è una porta da cui può entrare il Messia. Ogni momento della vita è una porta.
È su questo che oggi possiamo riflettere in questo tempo di crisi. Il Pontefice tante volte ha elencato le litanie della crisi, come – ad esempio – quando ebbe davanti a sé i capi di Stato e di Governo dell’Unione europea per l’anniversario dei Trattati di Roma: «C’è la crisi economica, che ha contraddistinto l’ultimo decennio, c’è la crisi della famiglia e di modelli sociali consolidati, c’è una diffusa “crisi delle istituzioni” e la crisi dei migranti: tante crisi, che celano la paura e lo smarrimento profondo dell’uomo contemporaneo, che chiede una nuova ermeneutica per il futuro».
Ecco le tre parole fondamentali davanti alle crisi dei nostri giorni: «nuova, ermeneutica, futuro». L’apertura al futuro richiede un modo differente di vedere e interpretare le cose, essere pronti, essere aperti.
Una lettura della realtà senza speranza non è realistica, ma pessimistica. Rivolgendosi a chi ha il potere proseguiva: «A chi governa compete discernere le strade della speranza». Vale per tutti: essere «pellegrini di speranza». Non attraversare un simbolo, ma vedere nella crisi «un tempo di sfide e di opportunità», «una grazia nascosta nel buio».