di Alessia de Antoniis
12.512 testate nucleari strategiche dislocate in vari Paesi. Di queste, più di 3.700 sono già schierate su missili e aerei. 2056 test nucleari effettuati nell’atmosfera, in aria, sotto terra o nei mari dal 1945 ad oggi: vuol dire 2056 ordigni nucleari esplosi in un pianeta che, per quanto grande, è un sistema chiuso come una palla di Natale. I soli 528 test atmosferici hanno avuto una forza distruttiva pari a 29.000 bombe di Hiroshima. Questi sono solo alcuni dei numeri che raccontano una storia iniziata nel 1945.
Quanti test sono stati effettuati? Cosa accade alle scorie radioattive? Runit Dome, nelle Isole Marshall, è una fossa sigillata che contiene più di 87.800 metri cubi di rifiuti radioattivi, residui dei test statunitensi sull’isola di Runit: la cupola che li copre sta cedendo sotto il peso del livello del mare che si sta alzando.
Un test nucleare quali effetti ha sull’ambiente? E sulle popolazioni? Esistono veramente zone disabitate?
Nel 2022 i nove Stati dotati di armi nucleari (USA, Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia, Israele, India, Pakistan, Corea del Nord) hanno totalizzato una spesa militare legata agli arsenali nucleari di 82,9 miliardi di dollari (78,84 miliardi di euro), con un guadagno per il settore privato di almeno 29 miliardi di dollari (27,57 miliardi di euro).
Ne abbiamo parlato a Roma con Melissa Parke, Direttrice esecutiva di ICAN (Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari, premio Nobel per la pace 2017 per la promozione del TPNW – Trattato per la proibizione delle armi nucleari), che ha visitato la mostra “Senzatomica. Trasformare lo spirito umano per un mondo libero da armi nucleari” (fino al 26 maggio 2024 presso l’Ospedale delle Donne in piazza San Giovanni in Laterano 74). Melissa Parke è stata Ministro del Governo australiano per lo Sviluppo internazionale. In qualità di deputata, ha regolarmente espresso il suo sostegno al disarmo nucleare. Avvocatessa internazionale presso le Nazioni Unite, in Kosovo, Gaza, New York e Libano, Melissa Parke ha iniziato a occuparsi di questioni nucleari negli anni ‘90, quando si è unita a una campagna per opporsi alla creazione di una discarica globale di scorie nucleari nel suo Stato natale, l’Australia occidentale.
Si è tornati a parlare di guerra nucleare. Alcune nazioni si dicono pronte a un attacco con armi nucleari. Ma quali tutele esistono per le persone?
Questa è una delle domande più importanti. Ne parla la giornalista Annie Jacobsen nel libro appena pubblicato Nuclear War: A Scenario. I Paesi che usano armi nucleari come deterrente, non sono preparati nel caso in cui il principio della deterrenza fallisca. Il libro mostra che non ci sono soluzioni per difendersi da una simile guerra. Qualsiasi uso delle armi nucleari sarebbe un genocidio e un suicidio allo stesso tempo. Molte nazioni ne stanno parlando, compresa l’Europa. Siamo consapevoli che qualunque uso delle armi nucleari potrebbe avere conseguenze catastrofiche per la vita umana e per l’ambiente. Lo sappiamo grazie agli hibakusha, i sopravvissuti dei bombardamenti su Hiroshima e Nagasaki, ma anche ai test nucleari in varie parti del mondo. Il rischio, oggi, è il più alto che sia mai stato corso. Ecco perché è importante parlarne, dare informazioni corrette, confrontarsi. L’unica difesa possibile è la prevenzione, che significa eliminare le armi nucleari. Anche l’idea, di cui si parla ultimamente, di avere un arsenale nucleare da parte dell’Europa è una risposta che non ha logica. E, nonostante tutto, si continua a parlare di confronto militare, di militarizzazione e di proliferazione, invece che di de-escalation, dialogo e diplomazia.
Abbiamo dati sugli hibakusha nel mondo dopo i test effettuati dal 1945 al 2017?
Non possono esserci numeri esatti per i morti: né per gli hibakusha di Hiroshima e Nagasaki, né per le vittime dei test. Sono stati effettuati nel mondo oltre 2000 test: in Australia, nel Pacifico, in Kazakistan, Nord America, Algeria, Mongolia, Stati Uniti e, più recentemente, anche in Nord Corea. Il numero degli Hibakusha è indeterminato, perché non possiamo considerare solo la prima generazione, quella che è stata direttamente esposta alle radiazioni, ma anche le seconde e le terze generazioni. L’importante è capire che non c’è differenza tra l’uso delle armi e i test: non sono meno pericolosi o meno dannosi perché sono dei test. L’unica differenza è che i test sono fatti in zone non particolarmente popolose se comparate alle due città di Hiroshima e Nagasaki. Ma c’erano comunque popolazioni indigene che sono state completamente ignorate e continuano ad essere ignorate. Ancora oggi le ripercussioni che queste popolazioni subiscono, loro e le generazioni successive, non sono minimamente prese in considerazione.
E le minacce dei Paesi attualmente in guerra?
Le minacce nucleari sono provocazioni che mirano a terrorizzare. Il rischio di escalation è sempre maggiore: per questo dobbiamo lavorare per calmare e risolvere i conflitti in atto, sia russo-ucraino che israelo–palestinese, il prima possibile. E, in un simile contesto, le armi nucleari non fanno che peggiorare le cose
Le armi nucleari incidono sul cambiamento climatico?
Ci sono prove tangibili di quanto l’uso di armi nucleari e il cambiamento climatico siano strettamente collegati. E le conseguenze del cambiamento climatico, in determinate zone, può generare altri conflitti che, a loro volta, contribuiscono al rischio di una guerra nucleare. Questo è un collegamento che esiste ed è concreto. Dagli studi è emerso che, anche se fossero impiegate meno armi nucleari di quante disponibili negli arsenali, il calore sprigionato dalla loro detonazione contribuirebbe significativamente ai cambiamenti nella stratosfera e nell’atmosfera, dove i raggi solari non riuscirebbero più a passare causando il cosiddetto inverno nucleare. E da lì i problemi nelle coltivazioni.
La Russia ha fatto centinaia di test nella zona adiacente il circolo polare artico. I ghiacci dell’Artico si stanno sciogliendo. C’è il rischio di un’ulteriore contaminazione degli oceani?
Come ci hanno dimostrato i test nel Pacifico, ovunque ci sia uso di armi nucleari le conseguenze sull’ambiente destano preoccupazione. Le armi nucleari possono fare solo questo: distruggere ogni forma di vita. Per questo non sono compatibili con la vita e non possono esistere in un pianeta sostenibile.
L’Italia, come l’Australia, e nonostante l’87% della popolazione sia a favore, non aderisce al TPNW. Nel caso dell’Italia, dipende dall’influenza statunitense. In Australia dipende dal fatto che il capo di Stato è la corona inglese?
La non adesione dell’Australia non è connessa al fatto di avere il re come capo dello Stato, ma attiene allo strette relazioni con gli Stati Uniti, come l’Italia. E lo stesso dicasi per la mancata adesione del Giappone. Ma con il prossimo mandato presidenziale siamo fiduciosi che l’Australia andrà verso la firma del TPNW. Si possono avere ottime relazioni con gli Stati Uniti anche aderendo al TPNW, come hanno fatto la Nuova Zelanda, le Filippine e la Thailandia. Questo nonostante le Filippine abbiano un grande contingente di soldati americani sul loro suolo. Quindi, sia noi australiani che voi italiani, possiamo firmare tranquillamente il TPNW.
Si parla di un Iran che a breve potrebbe avere armi nucleari. Che notizie ha?
Quando Trump ritirò Stati Uniti dal JCPOA (Joint Comprehensive Plan Of Action – accordo sul nucleare iraniano – nda), segnò la fine dei controlli in Iran. Al tempo, sia gli Stati Uniti che l’IAEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica – nda) confermarono che non c’erano prove dello sviluppo del programma di armi nucleari in Iran. Tutte le ispezioni di verifica portate avanti dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica hanno detto che non ci sono. C’è da dire che, se avessero potuto, lo avrebbero fatto. Il punto è che, finché gli Stati che hanno armi nucleari continuano a proclamare che sono essenziali per la loro sicurezza, altri Paesi come l’Iran li vorranno. Ne sta parlando l’Arabia Saudita e la Corea del Sud. Ecco perché è importante affermare che nessuno Stato deve avere armi nucleari e che tutti dovremmo aderire al TPNW. Soprattutto all’articolo 6 che parla di disarmo. Più armi nucleari ci sono, maggiore è l’insicurezza su scala mondiale.
L’uso dell’AI è di aiuto?
L’uso dell’AI potrebbe peggiorare la situazione, perché riduce il tempo di elaborazione dei dati e quindi il tempo per prendere delle decisioni razionali.