Perché il discorso del Papa al corpo diplomatico accreditato in Vaticano è più importante di quanto si pensi
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Perché il discorso del Papa al corpo diplomatico accreditato in Vaticano è più importante di quanto si pensi

Il discorso al corpo diplomatico accreditato in Vaticano di papa Francesco contiene passaggi precisi, acuti e importanti, molto più importanti e precisi di quanto si sia riferito

Perché il discorso del Papa al corpo diplomatico accreditato in Vaticano è più importante di quanto si pensi
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

8 Gennaio 2024 - 23.59


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Il discorso al corpo diplomatico accreditato in Vaticano di papa Francesco contiene passaggi precisi, acuti e importanti, molto più importanti e precisi di quanto si sia riferito. Seguo il loro ordine. Si parte da Gaza: “ Non posso in questa sede non ribadire la mia preoccupazione per quanto sta avvenendo in Palestina e Israele. Tutti siamo rimasti scioccati dall’attacco terroristico del 7 ottobre scorso contro la popolazione in Israele, dove sono stati feriti, torturati e uccisi in maniera atroce tanti innocenti e molti sono stati presi in ostaggio. Ripeto la mia condanna per tale azione e per ogni forma di terrorismo ed estremismo: in questo modo non si risolvono le questioni tra i popoli, anzi esse diventano più difficili, causando sofferenza per tutti. Infatti, ciò ha provocato una forte risposta militare israeliana a Gaza che ha portato la morte di decine di migliaia di palestinesi, in maggioranza civili, tra cui tanti bambini, ragazzi e giovani, e ha causato una situazione umanitaria gravissima con sofferenze inimmaginabili”. Dunque Hamas porta un’enorme dose di responsabilità per le sofferenze del popolo palestinese. Questo oltre che vero è chiarissimo nella prosa di Francesco, visto che dice “ciò ha provocato”. 

Ma al riguardo di questo conflitto non è tutto qui: “ Ribadisco il mio appello a tutte le parti coinvolte per un cessate-il-fuoco su tutti i fronti, incluso il Libano, e per l’immediata liberazione di tutti gli ostaggi a Gaza. Chiedo che la popolazione palestinese riceva gli aiuti umanitari e che gli ospedali, le scuole e i luoghi di culto abbiano tutta la protezione necessaria. Auspico che la Comunità internazionale percorra con determinazione la soluzione di due Stati, uno israeliano e uno palestinese, come pure di uno statuto speciale internazionalmente garantito per la Città di Gerusalemme, affinché israeliani e palestinesi possano finalmente vivere in pace e sicurezza”. Dunque il papa non si limita a riproporre la posizione tradizionale della Santa Sede su Gerusalemme, ma chiede alle parti il rispetto di ospedali, luoghi di culto, scuole. Anche questo è chiarissimo. 

Ma la tragedia mediorientale non è solo questa e il papa lo sa, e lo ha detto: “ Inoltre, esprimo la mia sofferenza per i milioni di rifugiati siriani che ancora si trovano nei Paesi vicini, come la Giordania e il Libano.A quest’ultimo rivolgo un particolare pensiero, esprimendo preoccupazione per la situazione sociale ed economica in cui versa il caro popolo libanese, e auspico che lo stallo istituzionale che lo sta mettendo ancora più in ginocchio venga risolto e che il Paese dei Cedri abbia presto un Presidente”.

Qui vanno fatte due chiose: in questi giorni il Programma Alimentare Mondiale ha dovuto dimezzare i siriani assistiti alimentarmene perché in totale indigenza per mancanza di finanziatori: una vergogna soprattutto se si considera che il presidente Assad è stato invece riammesso dai leader arabi nel  loro consesso, il Summit della Lega araba. Inoltre è chiaro il messaggio a Hezbollah, che da un anno impedisce, anche violando il regolamento di voto del parlamento, l’elezione del capo dello stato. 

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Dopo un riferimento al dimenticato Myanmar il papa ha parlato dell’Ucraina; “ Purtroppo, dopo quasi due anni di guerra su larga scala della Federazione Russa contro l’Ucraina, la tanto desiderata pace non è ancora riuscita a trovare posto nelle menti e nei cuori, nonostante le numerosissime vittime e l’enorme distruzione. Non si può lasciare protrarre un conflitto che va incancrenendosi sempre di più, a detrimento di milioni di persone, ma occorre che si ponga fine alla tragedia in atto attraverso il negoziato, nel rispetto del diritto internazionale”. Chi ha tanto strillato per l’Ucraina da un po’ di tempo sembra aver perso la voce, mentre Francesco ribadisce la bussola: il diritto internazionale! ( e meno male che era filo-russo).

Francesco è passato quindi all’Africa, e anche qui c’è da leggere bene: “ Se volgiamo ora lo sguardo all’Africa, abbiamo davanti agli occhi la sofferenza di milioni di persone per le molteplici crisi umanitarie in cui versano vari Paesi sub-sahariani, a causa del terrorismo internazionale, dei complessi problemi socio-politici, e degli effetti devastanti provocati dal cambiamento climatico, ai quali si sommano le conseguenze dei colpi di stato militari occorsi in alcuni Paesi e di certi processi elettorali caratterizzati da corruzione, intimidazioni e violenza. In pari tempo, rinnovo un appello per un serio impegno da parte di tutti i soggetti coinvolti nell’applicazione dell’Accordo di Pretoria del novembre 2022, che ha messo fine ai combattimenti nel Tigray, e nella ricerca di soluzioni pacifiche alle tensioni e alle violenze che assillano l’Etiopia, nonché per il dialogo, la pace e la stabilità tra i Paesi del Corno d’Africa”.

Il tradizionale terzomondismo di cui molti parlano non ha impedito al papa di denunciare corruzione e intimidazioni che sabotano i processi elettorali. Ciò non toglie che il peso delle scelte miopi della Comunità Internazionale siano evidenziate con forza.

Francesco ha quindi parlato della situazione in America Latina e nonostante alcuni prevenuti non abbiano capito il motivo della sua prudenza saggia sul Nicaragua ha detto: “ Desta ancora preoccupazione la situazione in Nicaragua: una crisi che si protrae nel tempo con dolorose conseguenze per tutta la società nicaraguense, in particolare per la Chiesa Cattolica. La Santa Sede non cessa di invitare ad un dialogo diplomatico rispettoso per il bene dei cattolici e dell’intera popolazione”. Riempirsi la bocca dei problemi che esistono non aiuta a risolverli, ma il papa non tace. 

Ed eccoci alle considerazioni di proposta. L’unico leader mondiale che ha saputo chiedere anni fa ad Assad di rispettare il diritto internazionale umanitario, mentre tutti chiudevano gli occhi, ha potuto dire: “ Non dobbiamo dimenticare che le violazioni gravi del diritto internazionale umanitario sono crimini di guerra, e che non è sufficiente rilevarli, ma è necessario prevenirli. Occorre dunque un maggiore impegno della Comunità internazionale per la salvaguardia e l’implementazione del diritto umanitario, che sembra essere l’unica via per la tutela della dignità umana in situazioni di scontro bellico”. 

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Sulle guerre ci sarebbe molto altro da riferire, ma passiamo a Cop 28: “  L’adozione del documento finale alla COP28 rappresenta un passo incoraggiante e rivela che, di fronte alle tante crisi che stiamo vivendo, vi è la possibilità di rivitalizzare il multilateralismo attraverso la gestione della questione climatica globale, in un mondo in cui i problemi ambientali, sociali e politici sono strettamente connessi. Alla COP28 è emerso chiaramente come quello in corso sia il decennio critico per fronteggiare il cambiamento climatico. La cura del creato e la pace «sono le tematiche più urgenti e sono collegate» . Auspico, pertanto, che quanto stabilito a Dubai porti a una decisa accelerazione della transizione ecologica, attraverso forme che […] trovino realizzazione in quattro campi: l’efficienza energetica; le fonti rinnovabili; l’eliminazione dei combustibili fossili; l’educazione a stili di vita meno dipendenti da questi ultimi” .

I disastri ambientali sono strettamente legati a un’altra tragedia, le migrazioni per necessità: “ Il Mediterraneo dovrebbe essere piuttosto un laboratorio di pace, un «luogo dove Paesi e realtà diverse si incontrino sulla base dell’umanità che tutti condividiamo» [8], come ho avuto modo di sottolineare a Marsiglia, nel corso del mio viaggio, per il quale ringrazio gli organizzatori e le Autorità francesi, in occasione dei Rencontres Méditerranéennes. Davanti a questa immane tragedia finiamo facilmente per chiudere il nostro cuore, trincerandoci dietro la paura di una “invasione”. Dimentichiamo facilmente che abbiamo davanti persone con volti e nomi e tralasciamo la vocazione propria del Mare Nostrum, che non è quella di essere una tomba, ma un luogo di incontro e di arricchimento reciproco fra persone, popoli e culture. Ciò non toglie che la migrazione debba essere regolamentata per accogliere, promuovere, accompagnare e integrare i migranti, nel rispetto della cultura, della sensibilità e della sicurezza delle popolazioni che si fanno carico dell’accoglienza e dell’integrazione. D’altra parte occorre pure richiamare il diritto di poter rimanere nella propria Patria e la conseguente necessità di creare le condizioni affinché esso possa effettivamente esercitarsi”.

Un altro punto che mi sembra impossibile non ricordare per esteso è ampio passaggio sull’Intelligenza Artificiale: “Nei tempi moderni, parte della sfida educativa riguarda un uso etico delle nuove tecnologie. Esse possono facilmente diventare strumenti di divisione o di diffusione di menzogna, le cosiddette fake news, ma sono anche mezzo di incontro, di scambi reciproci e un importante veicolo di pace. «I notevoli progressi delle nuove tecnologie dell’informazione, specialmente nella sfera digitale, presentano dunque entusiasmanti opportunità e gravi rischi, con serie implicazioni per il perseguimento della giustizia e dell’armonia tra i popoli». Per questo motivo ho ritenuto importante dedicare l’annuale Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace all’intelligenza artificiale, che è una delle sfide più importanti dei prossimi anni. È indispensabile che lo sviluppo tecnologico avvenga in modo etico e responsabile, preservando la centralità della persona umana, il cui apporto non può né potrà mai essere rimpiazzato da un algoritmo o da una macchina. «La dignità intrinseca di ogni persona e la fraternità che ci lega come membri dell’unica famiglia umana devono stare alla base dello sviluppo di nuove tecnologie e servire come criteri indiscutibili per valutarle prima del loro impiego, in modo che il progresso digitale possa avvenire nel rispetto della giustizia e contribuire alla causa della pace». Occorre dunque una riflessione attenta ad ogni livello, nazionale e internazionale, politico e sociale, perché lo sviluppo dell’intelligenza artificiale si mantenga al servizio dell’uomo, favorendo e non ostacolando, specialmente nei giovani, le relazioni interpersonali, un sano spirito di fraternità e un pensiero critico capace di discernimento. In tale prospettiva acquisiscono particolare rilevanza le due Conferenze Diplomatiche dell’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale, che avranno luogo nel 2024 e alle quali la Santa Sede parteciperà come Stato membro. Per la Santa Sede, la proprietà intellettuale è essenzialmente orientata alla promozione del bene comune e non può svincolarsi da limitazioni di natura etica dando luogo a situazioni di ingiustizia e indebito sfruttamento. Speciale attenzione va poi prestata alla tutela del patrimonio genetico umano, impedendo che si realizzino pratiche contrarie alla dignità dell’uomo, quali la brevettabilità del materiale biologico umano e la clonazione di esseri umani.  

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Ma non è possibile chiudere questa sintesi di un discorso complesso e profondo senza ricordare  la sua chiara opzione in favore del rilancio del multilateralismo, vera bussola diplomatica del pontificato: “ L’attuale congiuntura è anche causata dall’indebolimento di quelle strutture di diplomazia multilaterale che hanno visto la luce dopo il secondo conflitto mondiale. Organismi creati per favorire la sicurezza, la pace e la cooperazione non riescono più a unire tutti i loro membri intorno a un tavolo. C’è il rischio di una “monadologia” e della frammentazione in “club” che lasciano entrare solo Stati ritenuti ideologicamente affini. Anche quegli organismi finora efficienti, concentrati sul bene comune e su questioni tecniche, rischiano una paralisi a causa di polarizzazioni ideologiche, venendo strumentalizzati da singoli Stati. Per rilanciare un comune impegno a servizio della pace, occorre recuperare le radici, lo spirito e i valori che hanno originato quegli organismi, pur tenendo conto del mutato contesto e avendo riguardo per quanti non si sentono adeguatamente rappresentati dalle strutture delle Organizzazioni internazionali”.

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