Leggo incredula e perplessa l’articolo del Manifesto di oggi (22 agosto 2023) «C’è vita oltre il burkini», sul flash mob delle italiane che a Trieste fanno il bagno vestite in solidarietà con le donne che portano il burkini. Mi sembra inverosimile e paradossale che nemmeno la lotta delle donne iraniane – che rischiano la vita per non mettere il velo – abbia intaccato minimamente il relativismo culturale di donne, femministe occidentali che ritengono la «libertà» di portare il velo o il burkini l’espressione di libertà delle donne e non di chi impone una restrizione dei loro diritti.
Non si tratta del rispetto di una cultura ma della violazione dei diritti universali delle donne. Bagnarsi vestite in solidarietà delle donne del Bangladesh può essere un gesto a favore delle donne? No, è un sostegno a una concezione patriarcal-religiosa-tribale che vuole le donne obbligate – l’obbligo non è solo per legge, per una mistificazione dei precetti religiosi (nel Corano non c’è l’obbligo del velo), o per retaggi culturali, condizionamenti sociali – a nascondere il proprio corpo.
I calori insopportabili di questa estate rendevano ancora più inaccettabile la visione di coppie in cui l’uomo girava in calzoncini corti, maglietta leggera, rayban e cappellino con visiera con accanto una donna coperta non solo con il velo, a volte con il niqab, abito fino ai piedi, tutto l’abbigliamento nero per attirare meglio i raggi del sole!
Può essere questo un modello da difendere in nome della cultura e della religione? No è solo un modello imposto per continuare a mantenere il controllo del maschio sulla sessualità della donna. Non penso che si debba controllare le donne che entrano vestite in acqua, lo facevano anche le nostre nonne, soprattutto al sud, ma oggi noi potremmo difendere gli usi di allora?
Soprattutto mentre le donne nei paesi musulmani lottano per togliersi il velo – non solo in Iran – per poter portare il bikini in spiaggia – vedi Algeria, Marocco, etc – le femministe occidentali sostengono l’uso del velo e del burkini!
La lettura politicista per cui siccome una sindaca leghista vieta l’uso del burkini noi dobbiamo difenderlo per favorire l’integrazione – una parola ambigua peraltro – è superficiale e ignora tutte le battaglie delle donne arabo-musulmane. Il risultato della difesa dell’uso del burkini è la condanna di queste donne ad essere relegate nel loro ghetto succubi di mariti e maschi machisti.
La sindaca leghista – e non ce n’è solo una – non difende i diritti delle donne, nemmeno di quelle occidentali (vedi leggi su aborto, etc.), ma la cristianità dell’Europa, questa visione religiosa fondamentalista è la negazione dei diritti universali delle donne. Ma lo è anche il relativismo culturale che condanna le donne a subire un patriarcato sdoganato perché vittima della colonizzazione!