Guerra: da Vienna riparte la sfida pacifista della società internazionale

La sfida riparte da Vienna. Dalla società civile internazionale che non si arrende alla logica delle armi e che rivendica, e per essi si batte, “negoziati che possano rafforzare l a logica della Pace invece dell’illogica della guerra”.

Guerra: da Vienna riparte la sfida pacifista della società internazionale
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

11 Giugno 2023 - 21.18


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La sfida riparte da Vienna. Dalla società civile internazionale che non si arrende alla logica delle armi e che rivendica, e per essi si batte, “negoziati che possano rafforzare l a logica della Pace invece dell’illogica della guerra”.

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Un Vertice impegnativo

Ne dà conto una nota di Rete Italiana Pace e Disarmo.

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“Dopo due intensi giorni di lavoro e confronto è stata diffusa dai Promotori del Vertice di Vienna per la Pace la Dichiarazione finale della società civile internazionale, che verrà inviata ai leader politici di tutto il mondo invitandoli ad agire in sostegno di un cessate il fuoco e di negoziati in Ucraina. 
Un risultato importante – a cui hanno contribuito le realtà italiane della coalizione “Europe for Peace” tra gli organizzatori del Vertice – che permetterà al movimento pacifista internazionale di lavorare congiuntamente nei prossimi mesi a percorsi di Pace giusta e possibile. Con un cammino verso la Pace che deve basarsi sui principi della sicurezza comune, del rispetto internazionale dei diritti umani e dell’autodeterminazione di tutte le comunità. E con un prossimo appuntamento già definito: nella Dichiarazione finale del Vertice si legge infatti l’invito alla società civile di tutti i Paesi ad unirsi per la realizzazione di “una settimana di mobilitazione globale (da sabato 30 settembre a domenica 8 ottobre 2023) per un cessate il fuoco immediato e per negoziati di Pace che pongano fine a questa guerra”. Nei due giorni di dibattito si è lavorato per costruire un’alternativa politica ad una guerra che continua ad impressionare il Mondo intero per la sua malvagità e capacità di distruzione delle vite e dell’ambiente. Gli interventi in plenaria e i gruppi di lavoro hanno affrontato da diversi punti di vista ciò che determina questa guerra in termini di sofferenze, disastri, crisi e rischi di incidente o guerra nucleare. Oltre che, ovviamente, come riuscire a solidarizzare concretamente con la popolazione ucraina sotto assedio e bombardamenti da 16 mesi. Perché salvare le vite umane è la priorità, e la guerra non è certamente una risposta. 


“Abbiamo ascoltato, commossi, le testimonianze di Yuri, Olga, Oleg, Karina, Nina che ci hanno trasmesso cosa significa vivere sotto le bombe o in esilio, dover decidere in pochi secondi dove andare, se fuggire dal proprio Paese o nascondersi per non finire in galera con l’accusa di terrorismo. Chi ha partecipato al Vertice di Vienna si misura con questa realtà, ricercando strade di dialogo per ricostruire reciproca fiducia, riaffermare solidarietà. La strada che chiediamo sia intrapresa da tutti i movimenti della società civile per rendere possibile l’alternativa alla guerra” sottolinea Sergio Bassoli della Rete Pace Disarmo e tra i coordinatori di “Europe For Peace”.
Nella Dichiarazione finale le organizzazioni dell’ampia coalizione presente evidenziano di essere “fermamente uniti nella convinzione che la guerra sia un crimine contro l’umanità e che non esista una soluzione militare alla crisi attuale”, esprimendo allarme per la guerra in corso.  Viene ribadita esplicitamente la condanna per l’invasione illegale dell’Ucraina da parte della Russia, sottolineando come “le istituzioni create per garantire la Pace e la sicurezza in Europa hanno fallito e il fallimento della diplomazia ha portato alla guerra. Ora la diplomazia è urgentemente necessaria per porre fine al conflitto armato prima che distrugga l’Ucraina e metta in pericolo l’umanità”.



La richiesta condivisa su cui convergerà il lavoro di tutte le organizzazioni della società civile coinvolta è quella di “negoziati che possano rafforzare la logica della Pace invece dell’illogica della guerra”.
Di seguito il testo della “Dichiarazione di Vienna per la Pace” elaborata dalle organizzazioni partecipanti al Vertice

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Pace con mezzi pacifici. Cessate il fuoco e negoziati ora!

Noi, organizzatori del Vertice internazionale per la Pace in Ucraina, chiediamo ai leader di tutti i Paesi di agire a sostegno di un immediato cessate il fuoco e di negoziati per porre fine alla guerra in Ucraina.

Siamo una coalizione ampia e politicamente diversificata che rappresenta i movimenti per la Pace la società civile, compresi i credenti, in molti Paesi. Siamo fermamente uniti nella convinzione che la guerra sia un crimine contro l’umanità e che non esista una soluzione militare alla crisi attuale.

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Siamo profondamente allarmati e rattristati dalla guerra. Centinaia di migliaia di persone sono state uccise e ferite, e milioni di persone sono sfollate e traumatizzate. Città e villaggi in tutta l’Ucraina, così come l’ambiente naturale, sono stati distrutti.

Morti e sofferenze ben più gravi potrebbero ancora verificarsi se il conflitto dovesse degenerare fino all’uso di armi nucleari, un rischio che oggi è più alto di qualsiasi altro momento dalla crisi dei missili di Cuba.

Condanniamo l’invasione illegale dell’Ucraina da parte della Russia. Le istituzioni create per garantire la Pace e la sicurezza in Europa hanno fallito e il fallimento della diplomazia ha portato alla guerra. Ora la diplomazia è urgentemente necessaria per porre fine al conflitto armato prima che distrugga l’Ucraina e metta in pericolo l’umanità.

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Il cammino verso la Pace deve basarsi sui principi della sicurezza comune, del rispetto internazionale dei diritti umani e dell’autodeterminazione di tutte le comunità.

Sosteniamo tutti i negoziati che possano rafforzare la logica della Pace invece dell’illogica della guerra.

Affermiamo il nostro sostegno alla società civile ucraina che difende i propri diritti. Ci impegniamo a rafforzare il dialogo con coloro che in Russia e Bielorussia mettono a rischio la propria vita per opporsi alla guerra e proteggere la democrazia.

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Invitiamo la società civile di tutti i Paesi a unirsi a noi in una settimana di mobilitazione globale (da sabato 30 settembre a domenica 8 ottobre 2023) per un cessate il fuoco immediato e per negoziati di Pace che pongano fine a questa guerra”.

Un’icona del pacifismo che non si arrende

Ha dedicato la sua vita alla difesa dei più indifesi. Nell’amata Africa come nella Napoli diventata oggi la sua città. Per lui, solidarietà, pace, giustizia sociale non sono solo parole ma valori da praticare là dove s’incontra la sofferenza, la rabbia ma anche la voglia di riscatto dei “dannati della terra”, come quelli da lui incontrati, “vissuti”, a Korogocho (“Caos, confusione”), una delle baraccopoli che attorniano Nairobi, capitale del Kenya. Questo e tanto altro è Alex Zanotelli, 85 anni portati benissimo, missionario comboniano, icona vivente del pacifismo italiano. Sulla guerra ha idee molto chiare. E in una intervista a Il Manifesto afferma: C’è una narrativa in questo paese in cui incredibilmente la parola pace è scomparsa. La guerra in Ucraina ha riarmato l’Europa, quello che sta avvenendo fa paura. Secondo il rapporto Sipri, nel 2022 la spesa militare degli stati dell’Europa centrale e occidentale è stata di 345 miliardi di dollari, per la prima volta ha superato quella del 1989. A questo ha contribuito anche l’imposizione dettata dalla Nato di impiegare il 2% del Pil in armamenti. Il presidente Usa Biden ha detto «voglio che la guerra in Ucraina continui per indebolire la Russia per poi fronteggiare la Cina» e questo sta infiammando tutto l’Indopacifico. Gli Usa hanno dato i sottomarini atomici all’Australia e hanno chiesto alle Filippine di installare altre 5 basi militari. Si sta armando fino ai denti il Giappone, che ha una costituzione pacifista. Si sta armando anche la Germania, che pure ha una costituzione pacifista, mettendo sul piatto 100 miliardi. Una Germania che si arma è pericolosa per l’Europa. Giochiamo tutti col fuoco”.

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E in una intervista concessa a chi scrive, padre Zanotelli si pronunciò così:

Ai pacifisti s’imputa una equidistanza, di fatto, fra gli aggrediti e l’aggressore…

Ci sono due cose importanti da tener presenti. Prima di tutto cominciamo col dire che questa storia dell’equidistanza è una gran balla. Perché la prima cosa che noi diciamo è la condanna completa della Russia o per meglio dire del governo di Putin. Non parliamo della Russia tout court altrimenti continuiamo a demonizzare quel Paese e quel popolo tutto. E’ il complesso militare-industriale russo, e coloro che ne sono capo, il responsabile di quanto sta avvenendo. E non il popolo russo, e questo va tenuto sempre ben presente. Quel sistema lo condanniamo senza se e senza ma. Hanno invaso una nazione, facendo una guerra orrenda. C’è poi un secondo aspetto altrettanto importante…

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Vale a dire?

Riguarda la non violenza. Non si può parlare di non violenza adesso in Ucraina. Come fai a farla! La non violenza richiedeva che prima avessimo fatto tutto un lavoro per preparare il popolo ucraino a reagire. A reagire prendendo coscienza, anche facendo tesoro delle lezioni della Storia. Voglio essere molto chiaro su questo. Molto, e male, si è discusso sulla resa. So delle accuse rivolte ai pacifisti dagli interventisti in divisa: allora cosa volevate, che si arrendessero… La storia, dicevo. Pensiamo a cosa ha fatto la Danimarca nella Seconda guerra mondiale. Ben strana “resa” ai nazisti la loro. Il re girava per Copenaghen con la stella di David, e hanno portato tutti gli ebrei in Svezia, e li hanno salvati. Hanno fatto una resistenza, meglio che hanno potuto, dal basso. Hanno salvato un popolo, altrimenti Hitler avrebbe schiacciato tutto. Questa presa di coscienza, per tornare all’oggi, non è stata fatta con la Russia. Si è invece preferito imboccare un’altra strada…

Quale?

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Quella di armare l’Ucraina. Il terreno è stato preparato molto bene, dal 2014 in avanti. Con un sacco di armi da parte degli Stati Uniti, degli inglesi…E allora è chiaro che si sono sentiti ringalluzziti. Ecco il lavoro della non violenza. Bisognava prima aiutare un popolo, seriamente, a capire che non poteva accettare di rimanere sottomesso, e quindi indirizzare e organizzare dal basso la resistenza non violenta. Come hanno fatto Nelson Mandela e Desmond Tutu in Sudafrica. Quella è stata un esempio di lotta popolare non violenta che ti fa scontrare con i poteri forti. Uno scontro che accetti ma senza il ricorso alle armi. Il rifiuto delle armi è tutto il contrario di una resa. Tu non puoi sottomettere a lungo un popolo che ha preso coscienza e rivendica e si batte per i propri diritti. Ma questo deve essere preparato. Un altro esempio molto bello è quello delle Filippine, quando fu abbattuta la dittatura di Marcos. Allora, i vescovi, comprendendo la gravità di una situazione che stava precipitando, chiamarono due specialisti bravissimi, che conosco personalmente, dell’Austria…

Cosa accadde, Padre Alex?

Accadde che i due passarono una settimana intera con tutti i vescovi delle Filippine ad aiutarli nell’organizzare una lotta non violenta. I vescovi “usarono” le diocesi fino a che non chiamarono nella piazza centrale di Manila una folla immensa. Marcos rispose schierando i carri armati con l’ordine di sparare La gente, preparata alla non violenza, ha smontato tutto. Ed è caduta la dittatura di Marcos. Il popolo ha un potere enorme, una volta però che è educato. La non violenza doveva partire prima. Io non ho mai giudicato la resistenza dell’Ucraina. Loro hanno tutto il diritto a resistere. Senza gli aiuti, anche d’intelligence, che noi abbiamo fornito loro, è chiaro che un popolo non poteva resistere ad una potenza militare qual è la Russia. La non violenza attiva richiede un lavoro che parte prima. Ed è un lavoro che ha bisogno di tempo e di un impegno costante. Quando un popolo scende in piazza, non c’è nessuno che possa, alla lunga, soggiogarlo. O abbracciamo la non violenza o è finita, non c’è più spazio per le guerre giuste.

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Se dico Nato, lei che risponde?

Rispondo con le parole di una delle menti più profetiche che abbiamo avuto in questo Paese. Di uno che è stato l’anima della Costituzione italiana: Giuseppe Dossetti. Dossetti è stato uno dei due della Democrazia cristiana che quando si trattò di votare sull’adesione dell’Italia alla Nato, nel ’49, votò contro. Dando pubblicamente la spiegazione del suo no. Dicendo, in buona sostanza, carissimi deputati, io voto contro, per la semplice ragione che se noi aderiamo alla Nato d’ora in poi l’Italia non sarà più un Paese sovrano. La nostra politica estera la farà qualcun altro. Ha spaccato con De Gasperi e poi si è ritirato dalla politica ed è diventato monaco, dando un importante contributo teologico, assieme al cardinal Lercaro, al Concilio Vaticano secondo. Quella che dette Dossetti è l’unica risposta. Si dice, a ragione, che l’Europa non ha una politica. Non ce l’ha, ma questo sono in pochi a dirlo, perché siamo prigionieri dell’America. Son loro che fanno la nostra politica. 

Si dice che la pace si fa con il nemico. Ma quando si definisce il capo dei tuoi nemici, un “macellaio” per giunta genocida. Che cosa si può dire?

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Vuol dire che Biden non vuole la pace. Ecco perché la guerra si prolunga. Ed ecco perché stiamo chiedendo che sia Biden e Putin a incontrarsi. Sono loro i due responsabili. E la comunità internazionale deve spingere perché venga trovata una soluzione equa ad una situazione che non nasce il 24 febbraio ma otto anni fa. Cercando di non umiliare Putin. Purtroppo è quello che stanno facendo: creare il mostro. Questa demonizzazione non aiuta la ricerca di una pace equa. E poi, per favore, non andiamo a cercare i crimini o additare criminali. E’ come se noi non li avessimo fatti, in Afghanistan, in Iraq, ovunque abbiamo portato guerre. E’ la guerra che è criminale. Quando si usano termini come quelli utilizzati da Biden allora vuol dire che non c’è volontà. Adesso sembra che si stia aprendo qualche spiraglio. Mi auguro che loro due possano sentirsi al telefono e poi vedere come fare a sedersi poi assieme agli ucraini per trovare un quadro giuridico che permetta al popolo ucraino di andare avanti. Ognuno dovrà rinunciare a qualcosa, ma la pace val bene sacrifici. Nonostante tutto, n negoziato è sempre possibile, ci si può mettere d’accordo. Ma i combattimenti devono cessare. La posta in gioco è altissima, rischiamo grosso, una guerra nucleare, l’inverno nucleare”.

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