Migranti, non c'è festa né liberazione: la "nuova resistenza" parta dalla difesa dei più indifesi
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Migranti, non c'è festa né liberazione: la "nuova resistenza" parta dalla difesa dei più indifesi

Non c’è festa né liberazione per quell’umanità sofferente che prova a scappare da paesi in guerra e finisce in mare. Il “mare della morte”: il Mediterraneo.

Migranti, non c'è festa né liberazione: la "nuova resistenza" parta dalla difesa dei più indifesi
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

25 Aprile 2023 - 15.30


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Non c’è festa né liberazione per quell’umanità sofferente che prova a scappare da paesi in guerra e finisce in mare. Il “mare della morte”: il Mediterraneo.

La denuncia di Save the Children

“Ancora naufragi nel Mediterraneo nel tentativo disperato di raggiungere la salvezza in Europa. Le persone arrivate oggi a Lampedusa riferiscono di due tragedie verificatesi nella notte nel tratto di mare tra la Tunisia e l’Italia. Nel primo caso i dispersi sarebbero circa 19, nel secondo caso almeno tre. I sopravvissuti, che sono nel frattempo stati portati all’hotspot, estremamente provati, dichiarano di aver perso familiari e amici. Ancora morti, dunque, lungo quella che si conferma una rotta altamente letale, tra quanti fuggono da violenze, guerre, persecuzione, povertà estrema sperando di raggiungere una possibilità di pace e futuro in Europa, attraverso l’unica modalità che è loro concessa in assenza di vie sicure e legali, cioè affidarsi ai trafficanti e a quella terribile roulette che è l’attraversamento del Mediterraneo in condizioni assolutamente insicure e pericolose. Lo dichiara Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro. I team di protezione di Save the Children stanno intervenendo per garantire un adeguato supporto ai sopravvissuti, ascolto e risposta ai loro bisogni primari.

Nel frattempo, le migliorate condizioni meteo marine hanno consentito altre partenze e nuovi sbarchi, che hanno portato di nuovo a oltre 1.200 il numero di persone all’interno dell’hotspot di Lampedusa, di cui almeno 280 sono minori non accompagnati. E sono proprio i minori stranieri non accompagnati, tra le categorie più vulnerabili, che negli ultimi mesi rimangono diverse settimane in hotspot, in attesa di un trasferimento, a causa della mancanza dei posti in strutture di prima accoglienza a loro dedicate. Un numero sempre troppo alto che non consente il rispetto dei diritti fondamentali delle persone più vulnerabili, come anche i nuclei mamme-bambini, né la risposta adeguata ai loro bisogni essenziali, dimostrando ancora una volta l’inadeguatezza di strutture del genere a ospitare bambini e adolescenti soli, come ha recentemente riconosciuto anche la Corte europea dei diritti dell’uomo.  Save the Children ricorda che l’hotspot di Lampedusa, così come quelli di Pozzallo e Taranto o ancora la tensostruttura di Roccella Ionica e il porto di Augusta, dove di recente i minori appena arrivati hanno dormito nelle tensostrutture in banchina in attesa di sistemazione, non possono essere considerate soluzioni di accoglienza adeguate, soprattutto per le persone più vulnerabili.

“Ancora una volta ci troviamo sgomenti di fronte a nuove tragedie in mare, che ci ricordano come sia indispensabile un’assunzione di responsabilità dell’Italia e dei Paesi membri dell’UE per l’attivazione immediata di un sistema strutturato di ricerca e soccorso per salvare le vite nel Mediterraneo. Allo stesso tempo, occorre assicurare a chi giunge sulle coste del nostro Paese, a partire dai bambini e dalle persone più vulnerabili, una prima assistenza dignitosa e trasferimenti tempestivi, oggi non garantiti a Lampedusa e nelle altre aree di sbarco. Per superare le criticità della prima accoglienza è indispensabile inoltre affrontare il tema dell’accoglienza e della integrazione nel nostro Paese superando una logica emergenziale, con un piano strutturato sul quale investire al livello centrale, regionale e territoriale” afferma Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

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La promiscuità, le critiche condizioni igienico-sanitarie dell’hotspot di contrada Imbriacola a Lampedusa, il sovraffollamento ricorrente che costringe spesso adolescenti, famiglie, mamme sole e bambini a dormire all’aperto, su materassi sporchi e logori, senza coperte, esponendoli a gravi rischi per la loro incolumità e per la loro salute, costituiscono motivo di costante preoccupazione. Save the Children, che è presente sull’isola per garantire assistenza e orientamento ai minori soli e ai nuclei familiari fin dal primo momento dell’arrivo, evidenzia come questa situazione sia ormai cronica. All’interno dell’hotspot si registrano di continuo gravi carenze e ritardi nell’erogazione di beni e servizi primari, come vestiario adeguato, cibo idoneo e accesso alle cure mediche.  

Save the Children – attiva a Lampedusa con i suoi operatori– torna a fare appello al Governo, affinché siano immediatamente garantiti spazi adeguati e distinti per l’accoglienza degli adulti, dei minori e delle donne, anche facendo ricorso a strutture di prima accoglienza per i nuclei mamma-bambino e per i minori soli. Allo stesso tempo, chiede che siano ripristinate rapidamente all’interno dell’hotspot condizioni dignitose di accoglienza, a partire dalla regolare distribuzione dei generi di prima necessità e la fruibilità dei servizi igienici. Occorre inoltre velocizzare i trasferimenti, soprattutto delle persone più vulnerabili.  Sottolinea, infine, il bisogno di potenziare il supporto sanitario alle persone all’interno della struttura di Contrada Imbriacola, oltre al presidio pediatrico che è stato attivato in questi giorni. Evidenzia infine anche l’importanza per i bambini e ragazzi di essere accolti in un ambiente adeguato e sereno, che consenta loro di elaborare quanto vissuto, e prevedendo per loro la possibilità di fruire di opportunità di socializzazione e di gioco anche all’esterno del centro”.

Un’analisi da incorniciare

E’ quella di Antonio Maria Mira su Avvenire: “La matematica non è un’opinione e quindi nessuno può contestare che 500 è più di 7 volte 69 e addirittura 17 volte 29. Un numero molto maggiore, dunque. Eppure mentre le navi Ong “Mv Humanity 1” e “Ocean Viking”, con 69 e 29 persone soccorse nel Mediterraneo centrale sono state obbligate a dirigersi verso Ravenna e Bari, le imbarcazioni della Guardia costiera e di Frontex che hanno soccorso 500 persone a bordo di un peschereccio nel Mediterraneo orientale, hanno potuto sbarcare a Catania e Augusta. Poche ore di navigazione contro giorni. Oltretutto con mare mosso. 

Quando è stata inaugurata la nuova strategia di inviare le navi delle Ong in porti lontani, il governo l’aveva giustificata con la necessità di non caricare ulteriormente i porti siciliani e calabresi. Invece in queste ore ben 500 persone stanno arrivando in questi porti, mentre 69 e 29 hanno dovuto sopportare altri 6 e 2 giorni di navigazione. È evidente la scelta “punitiva” nei confronti delle organizzazioni umanitarie, per dissuaderle dall’intervenire. I numeri e la cronaca parlano chiaro. Partiamo dal peschereccio con 500 persone, in gran parte provenienti dal Bangladesh, l’ennesimo in arrivo dalla Cirenaica, una rotta che in questi mesi è in piena attività con migliaia di arrivi sulle coste calabresi e siciliane. 

Operazione coordinata dalla Guardia costiera, al largo di Portopalo di Capo Passero. Nella notte 132 immigrati sono giunti a Catania sulla nave Mai 1106 di Frontex, mentre altri 92 a bordo delle motovedette Cp320 e Cp331. Nelle stesse ore i restanti sono stati portati ad Augusta da altre motovedette. È previsto invece questa mattina alle 8 l’arrivo nel porto di Bari della nave “Ocean Viking”, con a bordo 29 immigrati. Ma l’orario è legato alle condizioni meteo, particolarmente negative. Secondo quanto riferito dalla Ong Sos Mediterranée Italia «l’imbarcazione in vetroresina su cui i migranti affrontavano il mare agitato» era in navigazione «da 5 giorni, alla deriva in zona Sar maltese». 

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A questi si sono poi aggiunti altri due giorni fino a Bari, 770 km di distanza. Molto più lungo il viaggio “Mv Humanity 1”, con rotta su Ravenna. L’arrivo è infatti previsto per mercoledì dopo 1.100 km e 6 giorni di mare aggiunti. I migranti a bordo erano partiti dalle coste libiche a bordo di un piccolo gommone il 18 aprile ed erano stati soccorsi dalla Ong dopo aver trascorso 19 ore in mare. E riprende anche la rotta turca, interrotta dopo la strage di Cutro. In piena notte sono arrivati nel porto di Roccella Jonica 88 immigrati soccorsi dalla motovedetta Cp 311 a circa 75 miglia dal porto di Roccella. Tra loro 14 minori e 21 donne, nazionalità siriana, afgana, iraniana e pakistana”.

Più chiaro di così.

La “Fortezza Europa” è sempre più arroccata

Ne scrive Cristina Barbetta per Vita: “«Siamopreoccupati per molti aspetti della proposta di riforma del sistema europeo di asilo e di migrazione, conosciuta comunemente come Patto europeo per la migrazione e l’asilo (EU Pact on Migration and Asylum). In particolare, come sottolineato da molte organizzazioni della società civile, questa riforma porterà probabilmente a un aumento e a una maggiore durata delle detenzioni, incluse ledetenzioni dei bambini». Così Marta Gionco, advocacy officer di Platform for International Cooperation on Undocumented Migrants (Picum), la Piattaforma per la Cooperazione internazionale sui migranti senza documenti (Picum). Basato a Bruxelles, Picum è un network di 164 organizzazioni che lavorano con migranti senza documenti in 31 Paesi-

«Per esempio», continua Marta Gionco, «secondo la proposta di Regolamento sulle Procedure di Asilo (Asylum Procedures Regulation), ibambini al di sopra dei 12 annipotrebbero essere detenuti in strutture di detenzione ai confini dell’Ue fino a 24 settimane (o anche per un periodo di tempo maggiore in situazioni di cosiddetta crisi). Le proposte limitano anche legaranzie, consentendo per esempio di espellerechi sta aspettando l’esito dell’appello».

Una pubblicazione di Picum,dal titolo: “Più detenzione, meno garanzie: Come il nuovo Patto europeo per la migrazione e l’asilo crea nuove scappatoie per ignorare gli obblighi in materia di diritti umani”, evidenziasei criticità della proposta di riforma del sistema europeo di asilo e di migrazione: invece di chiudere scappatoie tra asilo e rimpatri, il Patto propone di crearle per evitare garanzie giuridiche e per negare l’accesso ad altre procedure di residenza; Le nuove procedure di frontiera porteranno a un aumento e una maggiore durata delle detenzioni; il mantra dell’Ue di aumentare i rimpatri è rinforzato con maggiori strumenti e minori garanzie; Contrariamente alla definizione globale che afferma che i bambini sono minori di 18 anni, il Patto prevede che solo i bambini di età inferiore a 12 anni dovrebbero essere protetti da alcune procedure dannose; La società civile sarà ora a rischio ancora maggiore di aggressioni, di criminalizzazione e di accesso limitato alle aree di confine; Ci sono alcuni segnali promettenti per quanto riguarda l’inclusione, ma il Patto lascia in disparte l’importanza della migrazione per motivi di lavoro per le economie e le società europee.

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Il documento di Picum evidenzia anche come l’espulsione sia «una misura estrema e dolorosa che spesso rompe legami economici, sociali e familiari. La società civile e i ricercatori hanno evidenziato la preoccupante mancanza di prove e di conoscenza di quello che succede alle persone dopo che sono state espulse, e come l’esperienza dell’espulsione ha un impatto sulle vite di genitori e bambini, così come su scelte future e opportunità». Tuttavia, prosegue il testo, «i rimpatri in aumento, inclusi quelli per scoraggiare la migrazione irregolare, sono presentati come l’obiettivo principale del quadro comune. Il termine “rimpatri” appare più di 100 volte soltanto nella Comunicazione della Commissione sul Patto- mentre il termine “diritti” solo 14 volte.

«Siamo preoccupati per la restrizione dellaprotezione speciale, che vedevamo come good practice  in Europa per assicurare protezione a persone che non possono essere rimpatriate o essere espulse per diverse ragioni legali o pratiche», afferma Marta Gionco. «Contrariamente a quanto affermato dal governo italiano», spiega Marta Gionco, «l’Italia è ben lontana dall’essere l’unico Paese dell’Unione europea con forme di protezione nazionali. Secondo dati ufficiali dello European Migration Network (Emn), 20 Stati membri hanno almeno una forma di protezione, per un totale di 60 diversi tipi di status di protezione nazionale. Questi permessi sono essenziali per impedire che le persone diventino irregolari o che siano espulse in Paesi in cui i loro diritti fondamentali sarebbero violati. Cancellare questi permessi significherebbe violare gli standard legali internazionali ed europei, come il principio di non respingimento, la protezione della famiglia e della vita privata, e i migliori interessi del bambino. Cancellare questi permessi potrebbe portare a più, non meno, irregolarità, forzando le persone a vivere vite precarie. Quando il governo Salvini ha abolito il permesso umanitario nel 2018, si stima che più di 37 mila persone siano diventate prive di documenti».

«È anche molto preoccupante il fatto che il testo in discussione elimini la possibilità di convertire i permessirilasciati in base alla protezione speciale in permessi di lavoro. Questo potrebbe privare migliaia di persone, incluse coloro a cui è stato rilasciatoun permesso negli anni passati, della possibilità di regolarizzare il loro status se trovano un lavoro, e li costringerebbe a entrare nell’economia informale, dove rischiano abusi e sfruttamento», spiegaSilvia Carta, advocacy officer a Picum. «L’affermazione secondo la quale una percentuale molto bassa di permessi per protezione speciale è stata finora convertita in permessi di lavoro è fuorviante», specifica Carta. «La conversione in permessi di lavoro è stata resa possibile solo meno di tre anni fa, a luglio 2021, il che significa che molte persone potrebbero non aver avuto ancorala possibilità di fare domanda, o essere in attesa per le lunghe procedure amministrative che sono necessarie per la conversione».

Comunque la si giri, non c’è festa né liberazione per migranti e rifugiati. In Italia, in Europa. Dove umanità l’è morta. 

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