E’ vero, i numeri sono freddi. Non riscaldano i cuori. Non danno conto delle storie che si celano dietro essi. Ma i numeri non mentono. E spesso servono per cogliere appieno l’enormità di un fenomeno, le dimensioni fi una tragedia. I numeri sono realtà. E come tale servono a smontare narrazioni farlocche, veicolate da una stampa prona, compiacente, sempre al servizio del governante di turno. La narrazione funzionale ad una securizzazione della questione migranti e all’ossessione dell’esternalizzazione a tutti i costi e con ogni mezzo delle frontiere, che ha portato l’Europa a riempire di miliardi il Gendarme Erdogan e l’Italia a sottoscrivere il “patto infame”: il memorandum d’intesa con la Libia.
Un mondo di rifugiati
Nel mondo i rifugiati sono 103 milioni, cifra record senza precedenti, pari ad un abitante su 77, più del doppio di 10 anni fa (un abitante su 167).
Nel 2022 l’Europa ha dimostrato di poter accogliere oltre 4,4 milioni di profughi ucraini che hanno ottenuto la protezione temporanea, senza perdere nulla in termini di sicurezza e benessere. Ma l’Ue “ha fatto di tutto per tenere fuori dai propri confini poche decine di migliaia di persone bisognose di protezione provenienti da altre rotte ed altri Paesi”. Così il Report 2022 sul Diritto d’asilo della Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Cei. Il rapporto registra nel 2022 “una costante e crescente precarizzazione del diritto all’accoglienza e con essa dello stesso diritto d’asilo” e segnala che il Mediterraneo resta un mare di morte: “Verso la fine di ottobre 2022 la stima (minima) dei rifugiati e migranti morti e dispersi nel Mediterraneo è poco inferiore alle 1.800 unità. Ancora una volta a pagare il tributo più pesante sono coloro che tentano la traversata del Mediterraneo centrale, sulla rotta che porta verso l’Italia e Malta, dove si sono contati 1.295 morti e dispersi, contro i 172 del settore occidentale e i 295 di quello orientale”.
A fine ottobre 2022 la stima minima di migranti morti e dispersi nel Mediterraneo è di circa 1.800 persone, sottolinea il Rapporto. Curato da Mariacristina Molfetta e Chiara Marchetti. Nel Mediterraneo centrale, sulla rotta per l’Italia e Malta, si sono contati 1.295 morti e dispersi, contro i 172 del settore occidentale e i 295 di quello orientale. Nel 2021 le vittime erano aumentate rispetto all’anno precedente in tutti e tre i settori, con un +57% nel Mediterraneo centrale. Quello dell’asilo «è un diritto enunciato ma non garantito, un fatto ancora più amaro. Ferisce, soprattutto, pensando all’Europa dei diritti che devono essere sempre uguali per tutti» ha detto il presidente della Cei (conferenza episcopale italiana) cardinale Matteo Zuppi. Il cardinale ha quindi invitato a governare il fenomeno con un piano che guarda al futuro per scegliere con i flussi, i diritti e i corridoi umanitari. Dare così – sottolinea Zuppi – stabilità e proiezione futura a qualcosa che non è una emergenza, non può essere solo emergenza e nemmeno sicurezza. Ed è ovviamente un tema europeo».
Dal 2016 ad oggi sono 38 le navi e gli aerei allestiti da Ong per salvare persone nel Mediterraneo. Al 15 giugno erano 21, di cui 7 operative e in grado di svolgere operazioni di Search & rescue (Sar) mentre 3 svolgono solo compiti di ricognizione e monitoraggio. 4 erano bloccate in porto per procedimenti giudiziari, altre 7 ferme per ragioni tecniche. Dal 2016 sei Paesi europei (Germania, Italia, Grecisa, Malta, Paesi Bassi e Spagna) hanno avviato 60 procedimenti giudiziari. Ma dal dicembre 2021 sono state aperte solo 2 nuove cause in Italia, che si sommano agli 8 procedimenti avviati quell’anno. Le ragioni sono irregolarità tecniche, malfunzionamento di attrezzature, numero eccessivo di passeggeri e presenza di troppi giubbotti di salvataggio a bordo (sic). È quanto emerge in una scheda contenuta nel Report 2022.
La denuncia di Ero straniero
Al 19 ottobre 2022 sono stati rilasciati 83.032 permessi di soggiorno, solo il 37,7% sul totale delle 220.000 domande presentate per la regolarizzazione straordinaria del maggio 2020. Sono i dati forniti dalla Campagna Ero straniero che denuncia come “la macchina amministrativa del Ministero dell’interno si sia inceppata e non riesca a rimettersi in pari”. “Alla luce di questi tempi lunghissimi, condannati anche dal Consiglio di Stato nel maggio scorso – sottolineano le organizzazioni aderenti alla Campagna -, pare sempre più incredibile il trattamento riservato a decine di migliaia di persone straniere in tali uffici perennemente sotto organico e impreparati ad affrontare un carico di lavoro così gravoso. Né è bastato assumere – anche in tal caso con grandissimo ritardo – gli oltre 1.200 lavoratori e lavoratrici interinali grazie a cui alcuni passi avanti, seppur minimi, sono stati fatti ma che, avendo contratti precari e di durata brevissima, faticano a garantire quella continuità che invece sarebbe indispensabile all’attività amministrativa”. Molte persone continuano quindi “a vivere e lavorare nella precarietà o, nel peggiore dei casi, hanno perso la possibilità di mettersi in regola per il venir meno della disponibilità di chi voleva assumerle”.
Particolarmente preoccupante è la situazione nella capitale dove al 3 ottobre, su 17.371 domande presentate, quelle definite positivamente sono 5.202, mentre sono 2.373 le domande con esito negativo: neanche la metà delle pratiche è stata dunque finalizzata. Vista la situazione, su iniziativa di alcuni legali e associazioni, a giugno scorso, è stata inviata una diffida alla prefettura di Roma e al Ministero dell’interno da 30 tra lavoratori e lavoratrici in emersione e, successivamente, è stata depositata al Tar del Lazio una class action contro i gravi e persistenti ritardi della prefettura di Roma. Il prossimo 31 gennaio si celebrerà la prima udienza. “L’intervento più urgente per porre un limite a tale grave ingiustizia nei confronti di decine di migliaia di persone dovrebbe essere, da parte del governo, la stabilizzazione degli oltre mille lavoratori e lavoratrici interinali presso prefetture e questure, il cui contributo è stato nei mesi scorsi e continuerà a essere indispensabile”, chiede la campagna Ero straniero.
Finanziamo il peggio
Ne scrive Annalisa Girardi su fanpage.it: “Un nuovo pacchetto di 220 milioni di euro destinato alla Turchia, perché gestisca i flussi dei migranti come stabilito dal patto stretto tra Bruxelles e Ankara nel 2016. Con questo nuovo stanziamento arrivano a oltre 1,2 miliardi di euro i fondi che l’Unione europea ha inviato alla Turchia affinché tenesse sotto controllo i confini orientali. Un accordo che è stato criticato da diverse Ong, che accusavano Ankara di non garantire il rispetto dei diritti umani dei migranti e Bruxelles di respingere i richiedenti asilo; tuttavia il Consiglio europeo dello scorso giugno 2021 ha chiesto di prorogare la collaborazione fino al 2023, stanziando altri tre miliardi di euro.
La Commissione europea ha precisato che da gennaio 2022 sono stati erogati 1,235 miliardi di euro in assistenza alla Turchia, per continuare a sostenere i rifugiati nel Paese: soldi che quindi andrebbero utilizzati per coprire i bisogni di base, fornire appoggio socio-economico e la gestione delle frontiere.
Secondo le autorità turche ci sono al momento 5,2 milioni di rifugiati e migranti nel Paese, di cui ben 3,7 milioni sono cittadini siriani scappati dalla guerra civile, che beneficiano dello status di protezione temporanea. Secondo quanto riportato da Amnesty International il governo turco starebbe però respingendo un numero sempre più elevato di cittadini afghani, in fuga dal loro Paese dopo la presa del potere da parte dei talebani.
“Sono emersi rapporti secondo cui la Turchia ha continuato a respingere in Iran afghani che tentavano di entrare nel paese in modo irregolare. Ad agosto, dopo la presa di potere da parte dei talebani in Afghanistan, le autorità turche hanno dichiarato che non avrebbero permesso l’arrivo di un gran numero di afghani”, si legge nel report 2021-2022 di Amnesty sulla Turchia.
Per quanto riguarda i cittadini siriani, invece: “A settembre, le autorità di immigrazione hanno posto fine alla registrazione dei siriani per la protezione temporanea ad Ankara e hanno annunciato che avrebbero espulso i migranti irregolari senza status di protezione o permessi di soggiorno. A ottobre e novembre, le autorità di immigrazione hanno arrestato e detenuto, a fini di espulsione, 45 rifugiati siriani, perché avevano partecipato a un trend sui social media in cui condividevano video mentre mangiavano banane. Il trend, emerso come reazione a un video virale in cui una donna siriana era stata rimproverata dalla gente del posto che sosteneva di non potersi permettere le banane, è stato descritto dalle autorità come intenzionalmente provocatorio”.
Cosi Girardi.
Quella vergogna chiamata Frontex
Di grande interesse è il report di “Africa. La rivista del continente nero” “L’uso da parte dell’agenzia di frontiera dell’Unione europea, Frontex, della sorveglianza aerea per consentire alla guardia costiera libica di intercettare le imbarcazioni dei migranti, sapendo che i migranti e i richiedenti asilo subiranno abusi sistematici e diffusi una volta rimpatriati con la forza in Libia, rende Frontex complice degli abusi. Lo affermano Human Rights Watch (Hrw) e Border Forensics in una ricerca multimediale pubblicata oggi.
Diversi aerei e un drone, gestiti da compagnie private e che sorvolano il mediterraneo per conto di Frontex, trasmettono feed video e altre informazioni a un centro di situazione nel quartier generale dell’agenzia a Varsavia, dove vengono prese decisioni operative su quando e chi avvisare delle barche dei migranti.
Mentre Frontex sostiene che la sorveglianza aerea salva vite umane, le prove raccolte da Human Rights Watch e Border Forensics dimostrano che è al servizio dei rimpatri da parte delle forze libiche, piuttosto che del salvataggio da parte delle organizzazioni di soccorso civile o delle navi mercantili che operano anch’esse nell’area. “Allertando le autorità libiche sulle
barche che trasportano migranti, sapendo che quei migranti saranno sottoposti a trattamenti atroci e nonostante abbia altre opzioni, Frontex è complice degli abusi”, ha affermato Judith Sunderland, direttrice associata per l’Europa e l’Asia centrale di Human Rights Watch. “La retorica di Frontex sul salvataggio di vite rimane tragicamente vuota fintanto che l’agenzia di frontiera non utilizza la tecnologia e le informazioni a sua disposizione per garantire che le persone vengano soccorse prontamente e possano sbarcare in porti sicuri”.
L’analisi dei dati disponibili supporta la conclusione che l’approccio dell’agenzia per le frontiere dell’Ue non è progettato per salvare le persone in difficoltà, ma per impedire loro di raggiungere il territorio dell’Ue, hanno affermato le organizzazioni. Le statistiche indicano che l’uso di risorse aeree da parte di Frontex nell’ambito della sua attuale strategia non ha avuto un impatto significativo sul tasso di mortalità. Tuttavia, esiste una correlazione moderata e statisticamente significativa tra i suoi voli di asset e il numero di intercettazioni effettuate dalla Guardia Costiera libica. Nei giorni in cui gli asset sorvolano più ore la propria area operativa, la Guardia Costiera libica tende a intercettare più imbarcazioni.
L’incapacità di informare le organizzazioni di soccorso sulle imbarcazioni in pericolo o di emettere avvisi di pericolo a tutte le navi nell’area illustra l’interpretazione intenzionalmente restrittiva di Frontex in caso di emergenza, hanno affermato le organizzazioni. Farlo solo nei casi in cui vi è il rischio di una perdi