Migranti, la nave di Msf torna a salvare vite, mentre 'affonda' la credibilità di Frontex
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Migranti, la nave di Msf torna a salvare vite, mentre 'affonda' la credibilità di Frontex

La nave Geo Barents, dell’ong Medici senza Frontiere, ha soccorso 74 persone migranti, tra cui diversi bambini, che si trovavano nel mar Mediterraneo a bordo di un gommone in condizioni precarie: erano partite il giorno prima dalla Libia. Al mome

Migranti, la nave di Msf torna a salvare vite, mentre 'affonda' la credibilità di Frontex
La nave ong Geo Barents
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

5 Dicembre 2022 - 14.29


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E la nave va. Nonostante mille impedimenti e l’ostilità di un governo “securista”, la nave salvavite torna a solcare il Mediterraneo. 

Domenica la nave Geo Barents, dell’ong Medici senza Frontiere, ha soccorso 74 persone migranti, tra cui diversi bambini, che si trovavano nel mar Mediterraneo a bordo di un gommone in condizioni precarie: erano partite il giorno prima dalla Libia. Al momento le persone soccorse non sono state fatte sbarcare e si trovano quindi a bordo della Geo Barents. La nave è ripartita per la sua nuova missione il primo dicembre, dopo che all’inizio del mese scorso era stata coinvolta in uno stallo imposto per giorni dal governo italiano: inizialmente il governo si era rifiutato di far sbarcare i 572 migranti a bordo della Geo Barents e altre decine a bordo di altre navi delle ong, poi aveva applicato una politica di “sbarchi selettivi”, facendo scendere dalla nave solo donne, bambini e uomini in condizioni di salute considerate precarie. Alla fine erano state fatte sbarcare tutte le persone a bordo.

Questa mattina i team di MSF a bordo della Geo Barents hanno effettuato una seconda operazione di salvataggio: 90 persone, di cui oltre 35 minori e 5 donne, che viaggiavano su un gommone.  A bordo ci sono adesso 164 sopravvissuti, tra cui 14 donne e circa 50 minori non accompagnati. 

Il più piccolo di loro ha soli 10 anni.

La visione di Piantedosi

Il ministro dell’Interno la declina in una intervista a Libero Quotidiano, nella quale spiega che “il tema del contrasto all’immigrazione illegale è stato nodale sin dal primo giorno. Il governo è determinato a mettere al centro dell’agenda europea la questione dei flussi migratori nel Mediterraneo. Per noi è una questione di grande importanza anche perché ad essa sono legati i fenomeni di degrado e disagio nelle nostre città”. “Dobbiamo contrastare – aggiunge – le cause che alimentano insicurezza e incidono sulla vivibilità delle nostre città ed in questa direzione lavoriamo ogni giorno con prefetti, magistratura, forze di polizia e amministratori locali. Anche l’Europa deve fare la propria parte”.

Nei giorni scorsi Piantedosi ha incontrato il ministro greco per la sicurezza dei cittadini, Panagiotis Theodorikakos: “Con gli altri Paesi mediterranei di primo ingresso il dialogo è costante. Condividiamo l’esigenza di agire insieme, con determinazione, sui tavoli Ue. Già il 12 novembre, in una dichiarazione congiunta con i miei omologhi di Malta, Cipro e Grecia, abbiamo assunto una forte posizione comune per chiedere misure che permettano di governare i flussi migratori ed individuare iniziative immediate per ridurre la pressione sulle nostre frontiere marittime”. “Tra noi – rileva inoltre il ministro – c’è anche una consultazione permanente sulle posizioni comuni da assumere in sede di Consiglio Ue per gli Affari Interni. L’incontro di venerdì con il ministro greco Theodorikakos è stato l’occasione per confermare la piena sintonia su questi temi e ribadire che è necessario un intervento europeo che preveda anche investimenti nei Paesi di origine e transito dei flussi”.  “Servono al più presto risposte concrete, in primo luogo per evitare tragedie del mare. È questo lo spirito con cui parteciperò al consiglio dei ministri dell’Interno Ue dell’8 dicembre. Confido che sia lo spirito di tutti”, ha concluso Piantedosi.

Mala Frontex

Di grande interesse è il report per il Post di Luca Misculin. Scrive Misculin: Per giustificare la sua ostilità contro le Ong che soccorrono i migranti nel Mediterraneo, il governo di Giorgia Meloni continua a citare alcuni rapporti di Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, in cui le Ong vengono definite dei fattori di “pull factor”: la loro sola presenza al largo delle coste libiche, secondo questa tesi, aumenterebbe le partenze e quindi i rischi per i migranti. La tesi è stata smontata da tempo da diversi esperti, e da qualche mese non viene più citata nemmeno da Frontex nei suoi documenti interni sulla situazione in Libia, ai quali il Post ha avuto accesso. I documenti in questione fino a poco tempo fa si chiamavano Operational Booklet – da poco hanno cambiato leggermente nome – e sono dei rapporti compilati dai dipendenti di Frontex sullo stato delle operazioni in alcune regioni. Vengono stilati ogni due o tre mesi e condivisi internamente ai livelli più alti dell’agenzia e con il Management Board, l’organo in cui siedono i rappresentanti degli stati membri dell’Unione Europea.

Le ultime tracce della tesi del “pull factor” negli Operational Booklet sulla Libia risalgono a marzo di quest’anno. È per questo che ancora nei primi mesi del 2021, quando cioè fu compilato un rapporto pubblicato in parte nei giorni scorsi dall’agenzia Adnkronos  e su cui si è appoggiato il governo Meloni, si parlava ancora di “pull factor”. A fine aprile poi si era dimesso il controverso direttore dell’agenzia Fabrice Leggeri, accusato di avere un approccio ideologico molto conservatore e soprattutto di avere coperto alcuni respingimenti di massa di richiedenti asilo compiuti dal personale di Frontex o degli stati membri. Da quando Leggeri se n’è andato, nei documenti di Frontex non compare più alcun riferimento al “pull factor”.

«Da quando Leggeri ha rassegnato le dimissioni, Frontex ha adottato un approccio più cauto sui diritti umani», spiega una fonte interna all’agenzia. «La direttrice ad interim è intervenuta al Parlamento Europeo dicendo che Frontex avrebbe adottato un approccio più attento e trasparente sui diritti umani. Il fatto che le ONG non vengano più citate come “pull factor” per i migranti può essere visto come coerente con questa direzione». 

Questa nuova attenzione ha significato un riallineamento di Frontex con quello che pensano da anni gli esperti di immigrazione: e cioè che la presenza delle Ong – per quanto piaccia poco ai partiti europei di destra ed estrema destra, che le accusano di trasportare migliaia di migranti irregolari in Europa – non alimenta le partenze dalla Libia.

Già nel 2019 un citatissimo articolo degli studiosi Matteo Villa ed Eugenio Cusumano aveva rivelato come fra 2014 e 2019 nei giorni in cui le navi delle Ong erano presenti al largo della Libia non si notava un aumento delle partenze. Villa ha continuato a monitorare la questione aggiornando i suoi dati, ma la tendenza non è cambiata: nei primi cinque mesi del 2021, cioè il periodo coperto dal rapporto citato da Adnkronos, le partenze dei migranti dalla Libia sono state addirittura superiori nei giorni in cui le navi delle Ong non si trovavano al largo. Oggi i rapporti di Frontex sulla Libia citano altri fattori per spiegare l’aumento delle partenze verso l’Italia registrato nel 2022. In alcuni rapporti vengono citate per esempio le ottime condizioni meteo degli ultimi tempi, un dato usato spesso dagli esperti per motivare un picco nelle partenze. In un rapporto di fine settembre condiviso con i più alti dirigenti di Frontex, invece, per spiegare le partenze si cita «una quota minore di interventi da parte delle autorità libiche».

La stessa spiegazione è stata ribadita ancora più esplicitamente in un report di fine novembre, che quindi risale a due settimane fa: «le scarse prestazioni delle autorità libiche nell’est della Libia stanno condizionando direttamente i numeri degli arrivi in Italia».

In questo rapporto in particolare le Ong non vengono nemmeno menzionate; eppure proprio negli stessi giorni il governo italiano accusava piuttosto esplicitamente le Ong di essere dietro all’aumento degli arrivi via mare in Italia, tanto che il vicepresidente del Consiglio, Antonio Tajani, chiese loro di smettere di «organizzare il trasporto di immigrati clandestini».

È vero che fino a qualche mese fa Frontex ha sostenuto la tesi del “pull factor”, anche in vari documenti. Un rapporto del 12 gennaio 2021 cita le navi delle ONG e spiega che «sono considerate un “pull factor” per trafficanti e migranti in Libia». Nel giugno del 2021 in un altro rapporto si legge che «a quanto si sa le reti di trafficanti e i migranti continuano a beneficiare della presenza delle navi delle Ong al largo delle coste libiche per organizzare le partenze». A marzo, in un rapporto ancora più esplicito, si legge: «le partenze dei migranti sono organizzate nei momenti in cui ci si aspetta la presenza delle navi delle Ong».

Non è chiarissimo perché Frontex abbia totalmente abbandonato questa tesi dopo le dimissioni di Leggeri. La fonte interna all’agenzia racconta che il cambiamento di approccio non è stato spiegato in alcun modo: la linea è semplicemente cambiata nei documenti interni e anche nelle dichiarazioni ufficiali.

Non tutti dentro Frontex, ovviamente, hanno cambiato idea: a fine novembre una fonte interna dell’agenzia ha ribadito  al sito di news Euractivche a suo dire la presenza delle Ong continua a rappresentare un fattore di attrazione per i migranti che partono dalla Libia per cercare di arrivare in Italia via mare.

Questa tesi continua a essere molto popolare e influente anche a livello politico. I partiti di destra la ripropongono piuttosto acriticamente, ma almeno fino a qualche tempo fa godeva di una certa popolarità anche nel centrosinistra: il cosiddetto accordo di Malta del settembre 2019 stipulato dal secondo governo Conte, sostenuto dal PD e dal M5S, chiedeva esplicitamente alle Ong di non «facilitare la partenza di navi che trasportano migranti dalle coste africane», e impegnava gli stati a non creare «nuovi “pull factor”».

Una persona che lavora da tempo in una Ong internazionale che si occupa di soccorso nel Mediterraneo, sentita dal Post e che ha voluto rimanere anonima, racconta che a ogni riunione tenuta col ministero dell’Interno italiano negli ultimi anni il cosiddetto “pull factor” è sempre emerso come un elemento certo e indiscutibile, un dato di fatto, come se la sua esistenza fosse stata provata da numerosi studi e osservazioni. I fatti però raccontano una realtà diversa: al momento non esiste nessun dato a sostegno di questa tesi (anche Frontex, nei documenti precedenti al marzo 2022 in cui cita il “pull factor”, non lo ha mai davvero elaborato).

Non è nemmeno chiarissimo da dove sia emersa questa teoria: alcuni la fanno risalire alcuni a una lettera che nel 2016 alcune guardie di sicurezza che facevano parte dell’equipaggio di una nave di Save the Children inviarono ai servizi segreti italiani e ad alcune procure, ipotizzando rapporti fra Ong e trafficanti di esseri umani.

Il fatto che abbia attecchito dentro Frontex già dalla fine del 2016 – a dicembre di quell’anno il Financial Times riportò  dei primi sospetti dell’agenzia sulle Ong – si inserisce nell’immagine di sé che Frontex aveva costruito durante il mandato di Leggeri, cioè di un’agenzia che aveva come obiettivo quello di tenere fuori dal territorio dell’Unione Europea il numero più alto possibile di persone, a prescindere dalla loro condizione, e che quindi diffidava di qualsiasi persona o associazione, come le ONG impegnate nel Mediterraneo, che invece trasportano stranieri all’interno dell’Unione Europea.

L’approccio di Leggeri è stato criticato da moltissimi esperti di diritti umani ed è stato oggetto di varie inchieste giornalistiche perché sostanzialmente non in linea con le norme europee, che prevedono diverse garanzie per chi cerca di entrare nell’Unione Europea facendo richiesta di asilo. Un rapporto del 2021 del Parlamento Europeo sul lavoro di Frontex ha concluso che «nonostante diversi soggetti credibili abbiano sistematicamente raccontato di violazioni di diritti umani alle frontiere di diversi stati membri, Frontex ha generalmente ignorato queste segnalazioni».

Nella primavera del 2022 la pressione su Leggeri era talmente forte, anche per via di un rapporto dell’Agenzia europea antifrode

 sulla sua gestione dell’agenzia, che fu costretto alle dimissioni: e da allora Frontex sta cercando di cambiare approccio e immagine pubblica. Durante una recente audizione al Parlamento Europeo la direttrice ad interim Aija Kalnaja ha proposto che per contrastare il traffico di migranti l’Unione Europea dovrebbe allargare i canali legali per trasferirsi nei paesi europei, una dichiarazione condivisa da tutti gli esperti di migrazioni ma molto distante da quelle che era solito fare Leggeri.

Il governo italiano però non sembra avere recepito il riallineamento di Frontex, contenuto in diversi documenti pubblicati da marzo fino a poche settimane fa. La scorsa settimana la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervistata dal Corriere della Sera, ha detto: «non sono io ma l’agenzia europea Frontex a dire che alcune Ong rappresentano un fattore di spinta dei flussi di migranti illegali, con conseguenze sia sugli arrivi che sui morti in mare. Penso che uno Stato serio non possa tollerare questi fenomeni di illegalità».

Così Misculin.

La priorità di Roma

Ne scrive Francesco Grignetti su La Stampa: “[…]Come il governo si augurava, è arrivato il maltempo e il Mediterraneo non è più quel mare piatto che finora ha permesso l’arrivo di decine di migliaia di migranti. Le statistiche dicono che al primo dicembre sono sbarcati in 94.341, per lo più egiziani (20mila), tunisini (17.400) e bengalesi (14mila). In Italia arrivano con mezzi autonomi nella stragrande maggioranza dei casi. E Lampedusa è subito lì, al centro delle rotte che partono dalla Tunisia meridionale e dalla Libia. Nell’ultimo anno, poi, sono diventati molto attivi gli scafisti della Cirenaica, la regione libica sotto il controllo del generale Haftar e dove sono presenti le milizie russe di Wagner. Questa dalla Cirenaica è diventata la rotta principale di emigrazione degli egiziani, ma anche dei bengalesi, che arrivano con voli diretti fino al Cairo. Il governo si rende conto che la crisi economica, specie dopo la mazzata del Covid al turismo, attanaglia Egitto e Tunisia. Il do-ut-des che Roma sta prospettando a questi governi è un piano di aiuti allo sviluppo, e anche qualche quota maggiore sugli stagionali, in cambio di un freno alle partenze illegali e più facili rimpatri per i clandestini”.

E’ il do ut des di Giorgia Meloni.  

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