C’è una cosa che non accadrà mai, almeno finché Francesco sarà il vescovo di Roma. L’imperatore dell’Occidente non avrà a San Pietro il suo chierichetto. Quando Francesco ha detto che il patriarca di Mosca (e di tutte le Russie) non può essere il chierichetto di Putin, più che attaccare la visione imperiale del suo interlocutore moscovita ha messo in chiaro ciò che lui mai sarà: il chierichetto di Biden, o della Nato, o dell’Occidente. Questo non accadrà. Ma questo nel gioco delle opposizioni e contraddizioni crea un problema, perché Kirill, almeno a tutt’oggi, opera e agisce davvero come il chierichetto di Putin.
Il cristianesimo letto e interpretato dai vertici moscoviti è veramente l’ancella del potere politico. Resistere alla contrapposizione diventa difficile. Se la religione viene presentata come la giustificazione di un impianto imperiale, dispotico, belligerante, sfidare questa visione nell’identico ma opposto modo sarebbe la cosa più semplice, ma anche quella esiziale. In un mondo abituato a ragionare con la logica “o noi o loro” la scelta di Francesco è difficilissima. Quanti si sentirebbero sollevati se lui dicesse: “noi siamo il bene, abbiamo ragione, loro sono il male, vanno sconfitti”. E’ quello che fa Kirill, rovesciando i ruoli. E’ quello che non fa, non vuole fare, non deve fare Francesco. Ma non è facile.
La gestione di una linea che non divide il mondo in figlie del Bene e figli del Male può sembrare una connivente, ambigua, addirittura complice. Il papa latino-americano avrà pure qualche antipatia per Washington no? E allora ecco la simpatia per Mosca, la comprensione per Mosca che molti vedono come realtà, evidenza. In realtà Mosca continua a dirgli sempre di no, anche sull’incontro nei prossimi giorni in Kazakhistan, in realtà, cosa è successo? Il papa e Kirill dovevano partecipare a un incontro di leader religiosi di tutto il mondo, ma pur di non incontrarlo il “chierichetto di Putin” ha preferito negarsi. Non andrà. Parlare con il mondo per chi si sente al vertice della Terza Roma, l’impero del Bene, non è tanto importante. Ma è soprattutto parlare con l’altra Roma, quella che in realtà per lui non è tale, che va evitato.
Siamo arrivati a questo nelle ore in cui è stata uccisa la figlia di Dugin, una giovane impegnata nell’ideologia dominazionista. Per lei molti hanno scritto che gli ucraini sarebbero sub-umani da sottomettere, dominare. Non è proprio l’esempio della persona “innocente”. Parlando dell’azione terrorista Chen l’ha eliminata il papa ha parlato delle “vittime innocenti della guerra”. Inappropriato, perché i cattivi maestri se non sono colpevoli dei reati commessi da altri non sono neanche stinchi di santo. Ma il terrorismo è terrorismo, da qualunque parte provenga. Così l’incidente diplomatico con Kiev ha consentito al Vaticano di chiarire in modo appropriato parole che andavano spiegate: “Nel contesto della guerra in Ucraina, sono numerosi gli interventi del Santo Padre Francesco e dei suoi collaboratori al riguardo. Essi hanno come finalità per lo più quella di invitare i Pastori ed i fedeli alla preghiera, e tutte le persone di buona volontà alla solidarietà e agli sforzi per ricostruire la pace. In più di un’occasione, come anche nei giorni recenti, sono sorte discussioni pubbliche sul significato politico da attribuire a tali interventi. A tale riguardo, si ribadisce che le parole del Santo Padre su questa drammatica questione vanno lette come una voce alzata in difesa della vita umana e dei valori connessi ad essa, e non come prese di posizione politica. Quanto alla guerra di ampie dimensioni in Ucraina, iniziata dalla Federazione Russa, gli interventi del Santo Padre Francesco sono chiari e univoci nel condannarla come moralmente ingiusta, inaccettabile, barbara, insensata, ripugnante e sacrilega”.
Il papa dell’enciclica Fratelli tutti non poteva consentire che un’espressione troppo succinta consentisse di ritenere “innocenti” quelle idee, come non poteva giustificare l’assassinio terrorista.
Resta l’estrema delicatezza della materia: l’impossibilità di legittimare l’odio, sia sotto forma di idee sia però, si badi bene, anche sotto la forma di “se l’è cercata”.
E’ qui che emerge quanto faccia male alla difficilissima posizione che il papa ha deciso di assumere e tenere in un contesto così pericoloso la diffusione di ideologismi “totali”. L’Occidente vissuto come roccaforte di tutte le malattie, di tutti gli orrori, di tutte le colpe, e la Russia patria indiscutibile della sopraffazione, del male, dell’odio per la libertà. La prima, se ci si pensa bene, è proprio la linea che il patriarca di Mosca ha dichiarato, affermando che quella in Ucraina è una guerra “esistenziale” tra la Russia, il bene, e l’Occidente, il Male. Per fortuna chi vuole che il papa dica lo stesso dalla prospettiva opposta non l’avrà vinta. Il fraintendimento sull’innocenza può aiutare a capire che la sfida è tremenda. A Mosca è molto forte la tentazione di sostituire l’ateismo di Stato con il fondamentalismo di Stato. Rispondere pan per focaccia vorrebbe dire seguirli su questa strada mortale. Allora il vero problema è spiegare che non esiste un fondamentalismo anti-fondamentalista. E su questo purtroppo il papa non è aiutato dai numerosi “pacifisti” ideologici che vedono nell’Occidente solo male, corruzione, rovina.
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