Il Papa a Malta nel ricordo del naufragio di Paolo sull'isola: "Ci hanno trattato con rara umanità"
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Il Papa a Malta nel ricordo del naufragio di Paolo sull'isola: "Ci hanno trattato con rara umanità"

l viaggio del papa ci ricorda di un fatto lontano, che risale al 60 dopo Cristo, e ci induce a domandarci: erano cristiani i maltesi? No, non lo erano. E non erano consanguinei dei profughi. Ma li accolsero con rara umanità

Il Papa a Malta nel ricordo del naufragio di Paolo sull'isola: "Ci hanno trattato con rara umanità"
Papa Francesco
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

2 Aprile 2022 - 10.50


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“ Ci hanno trattato con rara umanità”. Questo il motto del viaggio di Francesco a Malta. Sono parole tratte dagli Atti degli Apostoli e si riferiscono al naufragio di Paolo sull’isola di Malta, mentre viaggiava con altri 275 alla volta di Roma. Lui, Paolo, era un detenuto in attesa di giudizio, ma anche lui fu soccorso, trattato con “rara umanità”. Gli Atti degli Apostoli parlano di un grande fuoco che la comunità maltese – non qualche “buonista” – organizzò proprio lì, sulla spiaggia, per consentire ai naufraghi di riscaldarsi, asciugarsi, rifocillarsi dopo aver visto in faccia la morte. Si fermarono a lungo, per l’ovvia necessità di rimettere in condizioni di trasportabilità tutti loro e  di approntare il mezzo di trasporto di così tante persone. 

Ci hanno trattato con rara umanità… E’ un motto che fa pensare, molto, se si considera che il 31 marzo scorso in numerose città italiana hanno protestato numerosi migranti che in Italia lavorano, ma non hanno il permesso di soggiorno. Alcuni di loro sono rientrati nella sanatoria di due anni fa, hanno fatto domanda di permesso di soggiorno, ma ancora non lo hanno avuto. Altri invece non sono rientrati in quel novero, 200mila persone. E cosa hanno chiesto? Hanno chiesto di essere trattati come gli ucraini. Che oggi qualcuno possa chiedere lo stesso trattamento degli ucraini, una popolazione straziata, massacrata, fa impressione. Di più, fa sobbalzare. Eppure è così. C’è chi chiede di essere trattato come loro. Cioè di avere diritto al permesso di soggiorno lavorando qui, di aver diritto al vaccino, a una mascherina. Ma ha i titoli per farlo? Fugge da catastrofi simili? Chiediamolo ai siriani, agli afghani, agli etiopi, agli eritrei, ai sudanesi, ai congolesi, ai nigeriani, agli iracheni da cosa fuggono. Proviamo ad accostarli nelle strade delle nostre città e chiediamo loro: “lei da cosa fugge?” Sarebbe interessante, molto istruttivo, sentire la risposta. Eppure pochi di loro, alla fine del loro racconto, ci diranno di essere stati trattati “con rara umanità”. 

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E così viene in mente il 2015, l’arrivo in Europa di milioni di persone sulla rotta balcanica. In massima parte fuggivano dalla Siria, l’Ucraina di ieri: sono stati trattati con rara umanità? O non si è chiesto alla Turchia di fermarli quasi tutti lì, in cambio di compenso europeo. Ma non è l’Europa che definisce deficitaria in termini di rispetto dei diritti umani la Turchia? Comportarsi così con chi fuggiva da Aleppo ridotta come Mariupol è stato di “rara umanità”? 

Ma non c’è stata solo la rotta balcanica. C’è stata, come c’è, anche la rotta mediterranea. E lì si è fatto lo steso, sull’altra sponda. Bisognava fermarli prima dell’imbarco. Ecco la denuncia di Francesco: in Libia ci sono autentici lager per migranti. Neanche loro sono stati trattati con “rara umanità”. Direi che sono trattati con rara disumanità. Poi bisognerebbe parlare di altri ancora, ad esempio di quelli che abbiamo respinto, con ampio consenso popolare. 

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Dunque eccoci all’oggi, a questa manifestazioni di protesta nelle quali si è chiesto di essere trattati “come gli ucraini”. Ha scritto l’Agi al riguardo di quella milanese: “Il presidio, durante il quale si chiede un’accoglienza analogaa quella riservata ai profughi ucraini per chi scappa da altre guerre, si svolge in modo pacifico. ‘Siamo lavoratori e lavoratrici, mandiamo avanti i cantieri e i magazzini, siamo riders e facchini, puliamo uffici e hotel, mandiamo avanti le cucine, accudiamo gli anziani e i bambini, ci spezziamo la schiena in campagna’, dicono”. 

Visto così il viaggio del papa diviene meno difficile da capire, non sembra più una programmazione del passato che è rimasta per necessità nel presente, ma una programmazione del futuro che è stata opportunamente anticipata all’oggi. Perché tra i tanti disastri che la tragedia dell’Ucraina sta determinando c’è anche questo: una possibile rivalità tra gli ultimi e i penultimi, con i primi che invidiano i secondi. Un malessere grave, che rischia di ferire le nostre città già ferite dal Covid e dalle conseguenze del conflitto e che certo non ha bisogno di altre ferite. E’ l’ora di curare, non di acuire i contrasti, o crearne di nuovi. 

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Il viaggio del papa ci ricorda di un fatto lontano, che risale al 60 dopo Cristo, e ci induce a domandarci: erano cristiani i maltesi? No, non lo erano. E non erano consanguinei dei profughi. Ma li accolsero con rara umanità… Viene naturale pensare che quello sia il DNA dell’umanità. Ma poi ci si gira e si guarda il presente: perché abbiamo paura? Di cosa abbiamo paura? Rider, badanti, raccoglitori di pomodori: ci rubano il lavoro? E allora perché li temiamo? Cosa sta trasformando il nostro DNA? Questo viaggio giunge propizio, era importante che qualcuno lo facesse. Non potevano essere altri però a farlo questo viaggio. Ci va Francesco a vedere come era il DNA dell’umanità. Per ricordarcelo a tutti, prima che sia troppo tardi. 

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