E’ “speranza” il vocabolo chiave del messaggio inviato da Francesco al presidente Mattarella subito dopo la sua rielezione: “In questi tempi caratterizzati dalla pandemia, in cui si sono diffusi molti disagi e incertezze, specialmente nell’ambito lavorativo, ed è aumentata, insieme alla povertà, anche la paura, che porta a chiudersi in sé stessi, il suo servizio è ancora più essenziale per consolidare l’unità e trasmettere serenità al Paese. Le assicuro la mia preghiera affinché possa continuare a sostenere il caro popolo italiano nel costruire una convivenza sempre più fraterna e incoraggiarlo ad affrontare con speranza l’avvenire”.
Per padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica, “il tandem Mattarella-Draghi è riuscito nell’impresa quasi impossibile di mediazione tra le forze politiche e di garantire la credibilità internazionale. Lo spettacolo al quale abbiamo assistito è che da una parte le segreterie fanno fatica a controllare i partiti, dall’altra i partiti stessi stanno mutando profondamente e cambiano rapporti di forza e la solidità dei legami di schieramento”.
Dunque è evidente che la soddisfazione per la conferma di Mattarella si unisce alla preoccupazione per una volatilità politica evidente. E proprio in un messaggio indirizzato alla rivista dei gesuita il presidente Mattarella scrisse: “La pandemia sta dimostrando a tutti che, nel mondo, siamo legati da una sorte comune, e che abbiamo dei pericoli comuni. Questa considerazione dovrebbe attribuire un sapore di futilità ai motivi di contrasto che invece affannano il mondo, e che risultano tuttora difficili da superare e abbandonare”. Lo stesso affanno nel contrasto si è percepito nei giorni che hanno preceduto la sua rielezione, una corse futile a imporre primazie di parte che non tenevano conto degli interessi del Paese.
Forse nel vasto concorso per la conferma di Mattarella non c’è solo visione, ma certo la soddisfazione vaticana conferma la bussola a un Palazzo spaesato che Sergio Mattarella offre. Rimangono infatti la crisi della rappresentanza, il clima di emergenza permanente e gli effetti della pandemia a imporre un ritorno che non è certo un ripiego. Ma coglie proprio il punto il direttore de La Civiltà Cattolica affermando che “in fondo è una classe politica che non è riuscita a trovare una soluzione, quindi sarebbe inutile identificare l’uno o l’altro” come responsabili. E’ mancata una regia e questo dovrebbe far riflettere la politica, che presa dal desiderio di riscatto rispetto ai tecnici ha dimostrato di non avere né politica né tecnica. Così è pur gente ma efficace il rimbrotto del direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, che vede in Mattarella il vero “patriota” che si diceva di cercare da parte di chi non l’ha votato: “Patriottismo, come qualcuno, anzi qualcuna, la leader della destra d’opposizione a tutto, aveva evocato quale “prova del sangue” del nuovo inquilino del Colle?Sì, patriottismo. Patriottismo vero: civile, antiretorico, inclusivo, costituzionale. Patriottismo italiano ed europeo. Sanamente laico perché di profonda radice cristiana. E chi conosce sul serio la storia della nostra democrazia sa che questo non è un gioco di parole, ma una cultura preziosa e una costante qualità politica, che Sergio Mattarella ha interpretato con appassionata coerenza per tutta la sua vita”. Tutto bene dunque? Non proprio, costata ancora il direttore di Avvenire: “Più di qualcuno, magari, dirà che è stata anche la scelta disperata di leader politici che avevano sbagliato troppo e che rischiavano di mettere in crisi pure il governo Draghi, dopo aver discusso malamente, mentre si sgambettavano a vicenda, del trasloco dell’attuale premier al Colle. L’importante è che non abbiano sbagliato tutto”.
Mattarella e Draghi. Un binomio che ha bisogno di trovare presto il modo di dare la sveglia a una politica a dir poco in affanno. Infatti è interessante notare cosa ha detto il papa il 29 gennaio durante l’udienza all’Associazione dei Chimici del Cuoio: “In questo momento di crisi economica e sociale assai complessa, colgo anche questa occasione per esprimere la vicinanza mia e della Chiesa al mondo del lavoro. Molti lavoratori e lavoratrici e molte famiglie vivono situazioni difficili, aggravate dalla pandemia. Ma la pandemia non può e non deve diventare un alibi per giustificare omissioni nella giustizia o nella sicurezza. Al contrario, la crisi può essere affrontata come un’opportunità per crescere insieme nella solidarietà e nella qualità del lavoro”.
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