Nicolò Fagioli torna a parlare della ludopatia: "La noia mi ha rovinato la vita, combatto ogni giorno ma vincerò io"
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Nicolò Fagioli torna a parlare della ludopatia: "La noia mi ha rovinato la vita, combatto ogni giorno ma vincerò io"

Ludopatia, torna a parlare Nicolò Fagioli: "Quando finiscono le 4-5 ore di allenamento, ti si spalanca il vuoto. Se non hai altri interessi, quell'abisso ti attira. Io mi annoiavo, sembra assurdo ma è così".

Nicolò Fagioli torna a parlare della ludopatia: "La noia mi ha rovinato la vita, combatto ogni giorno ma vincerò io"
Il calciatore della Juventus Fagioli
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30 Maggio 2024 - 14.53


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In una lunga e intensa intervista a Walter Veltroni per la Gazzetta dello Sport, Nicolò Fagioli torna a parlare dopo la squalifica per le scommesse, raccontando quanto sia duro superare quella che era una vera e propria dipendenza.

«Il problema è che non ero più padrone di me stesso. Il gioco mi aveva divorato la vita, era diventato un assillo, un incubo. Lo so che sono un ragazzo fortunato, che ci sono miei coetanei in condizioni più drammatiche della mia, che non ho titolo per invocare comprensione. Ma non voglio neanche essere ipocrita. Sono stato inghiottito da un vuoto che non guarda in faccia nessuno, non distingue per classe sociale, non premia né assolve in base al talento. Mi sentivo soffocare ma non trovavo il modo di venirne fuori. Lotto ogni giorno contro i demoni. Ma vincerò io».

«E’ cominciato tutto come un gioco. Scommettevo, tanto, ma non sulla mia squadra o su di me. Non volevo violare dei principi ai quali credo. So che sembra grottesco che io usi questa parola, ma per me è importante. Pensavo che giocare al calcio e alle scommesse, se le due rette non si incrociavano, non fosse grave. Non ho fatto male allo sport, non ho condizionato risultati o leso diritti di altri».

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«Quando finiscono le 4-5 ore di allenamento, ti si spalanca il vuoto. Se non hai altri interessi, quell’abisso ti attira. Io mi annoiavo, sembra assurdo ma è così. Il successo non è un’armatura che resiste alla solitudine, non ti consente, come una corazza, di far rimbalzare le coltellate del tempo vuoto. Pensi a quanti attori, scrittori, musicisti sono precipitati in dipendenze ancora più letali». 

«La noia mi ha rovinato la vita. E poi ogni problema, anche il più stupido come un litigio o una partita sbagliata, dovevo compensarlo con le scariche di adrenalina che mi dava il gioco. Ogni volta che usavo quel maledetto cellulare, ogni giorno e tante volte al giorno, mi sentivo come se fossi in campo».

«Non ne ho mai parlato con nessuno perché mi vergognavo. Ho perso completamente il controllo di me stesso nel gennaio 2023. Giocavo male, mi allenavo peggio. La testa era altrove. Mi faceva schifo quello che stavo vivendo, ma non potevo farne a meno. Il centro della mia vita erano le scommesse, non più il calcio. Mi sentivo capovolto».

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Per lui il fatto che la vicenda sia venuta fuori alla fine è stata «una liberazione. Quel tornado, che mi ha sbattuto con le spalle al muro, mi ha costretto a diventare adulto o comunque più responsabile. Ho iniziato una terapia psicologica con il professor Jarre. Sto guardandomi dentro per cercare le ragioni, per capire perché non avessi antidoti al vuoto e alla noia». Così quando la polizia è venuta a casa sua «non potevo più nascondere. Un fattore esterno metteva fine a una fase contorta della mia vita e mi costringeva a scegliere: precipitare o rialzarmi. E vorrei dire a tutti i ragazzi che soffrono che non bisogna aver paura di chiedere aiuto».

Dopo aver ringraziato la Juve perché «rinnovandomi il contratto mi ha dimostrato grande fiducia e vicinanza», e «mister Allegri e i compagni», Fagioli che dopo gli allenamenti, riempie le giornate con «tennis, padel, sedute di analisi, incontri con le scuole», a proposito della propria dipendenza sottolinea che «non ho smesso e non smetto di combatterla. Sarei un bugiardo se dicessi che non riaffiora, che non fa sentire ogni tanto il suo canto seducente. Ma ora lo domino pensando semplicemente a quanto male mi ha fatto». «E so che non esiste `lo faccio una volta sola´ – aggiunge -, perché quella biscia ti avvinghia e non ti molla più. Ora penso che il gioco sia una cosa da sfigati». 

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