di Andrea Matta
164 gol in campionato con la maglia del Cagliari, 35 con l’azzurro della nazionale. Tre volte primo nella classifica cannonieri. Un secondo e un terzo posto nella classifica del Pallone d’Oro. Primo giocatore dei rossoblu a indossare la maglia della nazionale. Nessuno come lui. Nessuno come Gigi Riva.
Riva è uno dei quei giocatori che sta al calcio come la Settimana Enigmistica sta ai periodici di cruciverba: entrambi vantano innumerevoli tentativi di imitazione. Ogni volta che nel calcio di oggi, senza bandiere ne colori, salta fuori un numero 11 forte e possente che calcia di sinistro si parla subito di un nuovo “Gigi Riva”. Gli amanti del calcio e i tifosi del Cagliari sanno bene che nessuno sarà come lui.
La città Cagliari l’ha adottato nel 1963 e lui ha ricambiato l’affetto della piazza non lasciando mai l’isola. Eppure lui in Sardegna non ci voleva venire. Come racconta in una intervista ad Alberto Cerruti della Gazzetta dello Sport, appena vide le luci del golfo di Cagliari si lasciò scappare un “Quella è l’Africa”, poi, come se non bastasse, vide l’Amsicora senza un filo d’erba. L’argentino Longo lo prese sotto la sua protezione e da li la sua storia isolana iniziò.
Nell’eterno ringraziamento per il miracolo del 1970, la città l’ha sempre difeso anche quando gli affari non andavano bene. Nel 2005, l’ex sindaco Emilio Floris gli ha consegnato la cittadinanza onoraria. Nell’epoca dei social e delle condivisioni, basterebbe una foto che mostra una persona in difficoltà per creare un caso. Il cagliaritano non lo farebbe mai e riserverebbe ai colpevoli dello scempio critiche e rabbia perché “Il Mito” non si tocca.
Le squadre Dopo una stagione nel Legnano, l’uomo arrivato da Leggiuno, ha giocato con due maglie: quella rossoblu e quella azzurra della nazionale, croce e delizia per i due infortuni che hanno compromesso la sua carriera ma che gli ha regalato il successo europeo nel 1968 e dopo due anni, con gli stessi compagni di squadra e con il blocco-Cagliari, il secondo posto nel mondiale del 1970 con un gol nella partita del secolo Italia-Germania 4-3.
Con la maglia del Cagliari, Riva ha passato tredici anni da calciatore. Anni storici. Prima con il mister Silvestri per la prima storica promozione in serie A. Poi arrivò Manlio Scopigno. Lui e suoi i ragazzi hanno fatto crescere il fenomeno Cagliari, lo hanno fatto diventare un mito collettivo per la Sardegna e per tutti i sardi che stavano nella penisola e appena arrivava la loro squadra del cuore partivano alla volta degli stadi di turno. Il 12 aprile 1970 si compie il miracolo sportivo e il Cagliari diventa campione d’Italia in uno stadio Amsicora stracolmo.
Nella stagione successiva, i rossoblu giocano per la prima volta una coppa europea e lo fanno al Sant’Elia Il sogno dura poco ma Riva riesce a segnare 3 gol in tre partite. Nel 1976, dopo un contrastro con il milanista Bet, “Il Mito” subisce un grave strappo muscolare e per lui, dopo il breve tentativo di rientro nella rosa nella stagione successiva le luci del campo si spengono.
Finito il gioco in calzoncini corti arriva il momento dei giovani, della sua scuola calcio. Torna alla presidenza del Cagliari nella stagione 1986-87. Piccola esperienza finita presto. Nel suo continuo alternarsi tra azzurro e rossoblu, dal 1990 al 2013 è dirigente accompagnatore della nazionale diventando il “padre” di tutti gli azzurri. Ha parlato con loro, ha mediato, ha detto la sua senza mai alzare la voce davanti ai microfoni. Signore anche dietro una scrivania.
Numero 11 Martedì 9 febbraio 2005, nel giorno del ritorno dalla nazionale italiana a Cagliari dopo un esilio durato tredici anni, “Il Mito” torna in campo allo stadio Sant’Elia e insieme ai suoi compagni storici del 1970 ritira la maglia numero 11. Qualcuno polemizzò sullo stile della casacca: forse sarebbe stato meglio consegnarli una maglia retrò, una di quelle in lana, pesanti ma pur sempre degli anni settanta. La maglia numero 11 non sarà indossata da nessun altro giocatore. L’ultimo calciatore ad averla addosso fu Rocco Sabato. Tutt’altro calcio.
Santo protettore Ognuno ha il suo santo protettore. Alla fine degli anni sessanta, si racconta che molte ragazzine dormissero con l’icona di Gigi Riva accanto al loro letto. Ora, molti tifosi rossoblu, dentro il portafoglio, accanto ai loro cari tengono una figurina di Rombo di tuono. Figurine trovate in qualche giornale in cui l’ala sinistra indossa la maglia della nazionale. Non si sa che effetti abbia il santino di Riva nella vita di tutti i giorni ma sta di fatto che quella figurina sta li e non si sposta. Passano i portafogli ma la figurina resta.
Riva è l’icona di una generazione. E’ una bella storia di sport che si tramanda di padre in figlio. I padri raccontano che lui ha rifiutato i milioni offerti dalla Juventus di Agnelli per stare qui. Nel calcio di oggi dove tra scontri, risse, polemiche arbitrali non si gioca più e nella Sardegna da cui si fugge, “Rombo di tuono” è il simbolo di un’isola e di un calcio che vuole restare qui.