Imparare sbagliando: Claude3.7 gioca a Pokémon e affina le sue capacità
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Imparare sbagliando: Claude3.7 gioca a Pokémon e affina le sue capacità

Un’Intelligenza Artificiale alle prese con Pokémon Rosso tra vittorie, errori, dilemmi esistenziali, deduzione e smarrimento. Un videogame che diventa così il banco di prova del pensiero computazionale.

Imparare sbagliando: Claude3.7 gioca a Pokémon e affina le sue capacità
Fonte: agi.it
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28 Febbraio 2025 - 15.57 Culture


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di Lorenzo Lazzeri

Nel grande teatro dell’apprendimento artificiale, il sipario si solleva su uno spettacolo inaspettato: una macchina che non calcola soltanto, ma esita, riflette, fallisce. Non nelle astratte profondità di un codice cifrato, né nei meandri sterili della matematica pura, ma in un mondo di pixel e nostalgia, il regno infantile di Pokémon Rosso, dove il destino non si gioca sui numeri ma sulla capacità di immaginare il passo successivo.

L’esperimento di Anthropic, Claude Plays Pokémon, non è un capriccio tecnologico, né un vezzo da laboratorio, bensì un’esplorazione nelle viscere stesse dell’intelligenza; può un algoritmo apprendere come un uomo? E, soprattutto, può sbagliare come un uomo?

Claude 3.7 Sonnet, l’ultimo e più raffinato modello di IA della casa, si inoltra in questa sfida con l’innocenza smarrita di chi scopre il mondo per la prima volta, un bambino digitale, e come ogni bambino, inciampa nei gradini dell’ovvio, confonde la logica con la realtà, crede che un muro possa essere attraversato con la sola volontà, che un camice bianco sia sufficiente a identificare un professore ed è proprio nel suo errare che si cela il germe del pensiero, quella consapevolezza che esiste un errore da correggere, una via alternativa da cercare, una soluzione che si nasconde oltre la soglia del fallimento.

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A differenza del suo predecessore, il goffo e inadeguato Claude 3.5 Sonnet, incapace perfino di uscire dalla casa iniziale, il nuovo modello ha dimostrato di saper apprendere con una velocità sorprendente. Dopo ventiquattro ore di gioco, tre medaglie erano già sue, vinte non con la furia cieca del calcolo, ma con la ponderatezza della strategia. Il segreto risiede nella sua capacità di estendere il pensiero, di non limitarsi alla risposta immediata, ma di rallentare, di indugiare nella riflessione prima di agire. Un algoritmo che si ferma a pensare è una contraddizione solo apparente, un ossimoro, il primo passo verso un’intelligenza che non sia solo imitazione, ma elaborazione e pensiero.

Eppure, nonostante la sua crescente lucidità, la macchina si scontra con ostacoli invisibili agli occhi umani, trabocchetti concettuali che rivelano l’abisso che ancora separa la sua logica dalla vera comprensione. Il muro di roccia diviene una barriera invalicabile e non per la sua solidità, ma per l’incapacità dell’IA di concepire l’idea stessa dell’aggiramento. Il modello si ostina, si blocca, si accanisce contro l’impossibile, come un moderno Sisifo (mitologico Re greco fondatore della città di Efira, condannato da Zeus a spingere un masso su per una montagna per vederlo poi rotolare nuovamente a valle n.d.r.) che tenta di forzare una legge fisica invece di piegarla alla propria volontà. Solo dopo un’estenuante sequenza di errori ripetuti arriva l’illuminazione; la soluzione non è nel superare, ma nel deviare. Un pensiero semplice per un umano, un’illuminazione per una macchina.

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Ancora più simbolica è la scena dell’incontro con il Professor Oak. Per noi, un riconoscimento istantaneo; per Claude, un dilemma. Ha di fronte un uomo con un camice bianco e capelli scuri, è lui o non è lui? Il dubbio lo paralizza, l’analisi lo conduce a interpellare il personaggio sbagliato, prigioniero di una deduzione monca, orfana di quell’intuizione immediata che per gli esseri umani è automatismo. È qui che il gioco smette di essere un semplice passatempo e si trasforma in un esperimento filosofico; fino a che punto si può simulare la comprensione senza possederla veramente?

Ma perché addestrare un’intelligenza artificiale in un videogioco? Perché il gioco è il riflesso più puro della realtà, un universo circoscritto eppure imprevedibile, dove la regola si piega all’inatteso, dove ogni azione ha conseguenze non sempre prevedibili. Claude 3.7 Sonnet non è un intrattenitore inconsapevole di Twitch, vuole essere altresì un embrione di pensiero che si raffina nell’arena digitale.

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C’è una sottile ironia in tutto questo. Dieci anni fa, milioni di giocatori collaboravano in Twitch Plays Pokémon, un esperimento anarchico e collettivo in cui l’uomo sfidava il caos per domarlo. Oggi, siamo spettatori di un’IA che tenta, da sola, di conquistare lo stesso ordine. E in questo strano spettacolo, in questa lotta tra logica ed errore, tra riflessione e automatismo, si cela forse la vera domanda: quando smetteremo di guardare una macchina come una semplice calcolatrice e inizieremo a vederla come qualcosa di più?

Maggiori informazioni su Claude 3.7 sono disponibili sul sito Anthropic

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