La Crusca analizza i testi di Sanremo: tra pop, dialetti ed espressioni inedite
Top

La Crusca analizza i testi di Sanremo: tra pop, dialetti ed espressioni inedite

Il linguista Lorenzo Coveri analizza i testi della nuova edizione del Festival: lingua lontana dalla tradizione e niente scandali

La Crusca analizza i testi di Sanremo: tra pop, dialetti ed espressioni inedite
Preroll

laboratorio Modifica articolo

5 Febbraio 2025 - 15.41 Culture


ATF

Le canzoni in gara al Festival di Sanremo 2025, sotto il giudizio scrupoloso di Lorenzo Coveri, professore di Linguistica italiana nell’Università di Genova e accademico della Crusca, rivelano una lingua contemporanea, informale e lontana dalla tradizione letteraria che per decenni ha contraddistinto il repertorio sanremese.

Nell’intervista condotta da Angela Majoli dell’ANSA, Coveri afferma di aver riscontrato, a una prima lettura dei testi, una lingua che risente molto del parlato odierno, notando la presenza di “poche parolacce e pochi disfemismi”, e una certa omogeneità nei testi, legata alla predominanza di un numero ristretto di autori. Coveri fa notare come la scrittura delle canzoni non sia più orientata solo a vincere il festival, ma a creare brani che possano durare nel tempo almeno sei mesi, augurandosi di diventare almeno dei tormentoni estivi. 

Le piattaforme musicali e le radio hanno ormai un ruolo predominante, ma non da meno è la pressione del mainstream che convince anche i più trasgressivi a moderare il loro linguaggio una volta saliti sul palco di Sanremo. Infatti, nemmeno nel testo di “Damme Na Mano”, brano di Tony Effe in romanesco, troviamo un linguaggio capace di turbare l’atmosfera dell’Ariston.

Leggi anche:  Clara torna a Sanremo: porta con sé il tema dell'amore, quello verso sé stessi

“Le scelte di Carlo Conti si collocano nel solco dei cinque anni di Amadeus, cercando di dare spazio a tutti i generi”, osserva il linguista, pur notando come il panorama attuale sia composto principalmente dal pop, con una quota ridotta di cantautori e rapper, e l’assenza di rock e band. Un esempio di come il linguaggio del festival stia cambiando si trova nei testi di alcuni artisti come Brunori Sas e Lucio Corsi. Il primo, con il brano “L’Albero delle Noci”, celebra la paternità in modo poetico e autobiografico con invenzioni e immagini affascinanti, mantenendo una certa classicità. “Volevo Essere Un Duro” è invece il brano “molto originale e fresco” di Lucio Corsi, nel quale racconta le difficoltà della crescita, con l’ironia di un uomo pronto alle avversità della vita ma con un’anima da bambino.

Il linguaggio della canzone rap è ben rappresentato dal brano “La Mia Parola” di Shablo feat. Guè, Joshua e Tormento. “Interessante soprattutto per i linguisti”, afferma Coveri, “perché pesca a piene mani nel gergo dell’hip hop.”Meritevole di menzione è anche Willie Peyote che, nella sua “Grazie Ma No Grazie”, affronta tematiche impegnative a sfondo sociale. Quest’ultime, secondo Coveri, dominano le canzoni di dell’ultima edizione del festival, tra riflessioni sull’amore sfortunato e il malessere esistenziale, come nel caso di “Battito” di Fedez.

Leggi anche:  In 20 spettacoli rivive il Folkstudio

Il dialetto, già presente nelle edizioni precedenti, emerge anche quest’anno: il napoletano di Rocco Hunt e Serena Brancale, e il romanesco di Tony Effe, sono alcuni degli esempi. Tra le curiosità linguistiche, Coveri menziona l’uso di “tana” e “granchio” nei brani di Bresh (“La Tana del Granchio”), un caso di “hapax” linguistico, un termine mai apparso prima a Sanremo. Il titolo “Cuoricini” dei Coma_cose rappresenta un altro inedito, che suggerisce un sottile contrasto con il più inflazionato “cuore” che ha dominato tanti testi del passato. L’edizione 2025 del festival, in sunto, segna una continuità con il passato, seppur con una evidente evoluzione linguistica. Il linguaggio meno elaborato delle canzoni è però accompagnato da temi che si fanno sempre più intimi, sociali e più riflessivi.

Native

Articoli correlati