Fabrizio De André, oggi
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Fabrizio De André, oggi

La professoressa Giulia Giovani del dipartimento di Scienze storiche e dei beni culturali e direttrice del centro studi Fabrizio De André ricorda , con questo articolo, la figura del cantautore in occasione dell’ anniversario della sua scomparsa.

Fabrizio De André, oggi
Foto collezione di Lorenza Bozano, tratta dal sito del centro studi De André
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10 Gennaio 2025 - 15.51 Culture


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di Giulia Giovani

Ventisei anni sono quelli che ci separano dalla scomparsa di uno dei cantautori più apprezzati del panorama musicale italiano. Ventisei anni nei quali le canzoni di Fabrizio De André hanno continuato a risuonare nelle orecchie di chi già le conosceva a memoria, di chi le associava ai propri padri, o di chi – nato ben dopo il 1999 – le scopriva e le ascoltava per la prima volta trovandovi all’interno (forse inaspettatamente) dei messaggi inossidabili, trasmessi con voce inconfondibile. «Fabrizio è di tutti»: questa affermazione, che Dori Ghezzi ha pronunciato più volte, può sottintendere proprio la capacità degli album di Fabrizio De André di superare i confini generazionali e di arrivare a un pubblico che, condividendo i valori poeticamente espressi nelle sue canzoni, può sentirli propri e può così mantenere vivi i messaggi cari al cantautore e a buona parte della società civile.

Effettivamente quello di De André è un caso più unico che raro. Ce ne accorgiamo soprattutto confrontandoci con giovani delle generazioni Zeta e Alpha, che scelgono – in un panorama contemporaneo che sta dirigendosi altrove nell’ambito della popular music, e dove piattaforme online e social network condizionano profondamente le scelte di ascolto – di soffermarsi sulle musiche del cantautore genovese, di conoscerle nel profondo, di riproporle in concerto o di farne oggetto di studio, con entusiasmo quasi totalizzante. Senza nulla togliere a Fabrizio De André, il perpetuare del suo messaggio è anche merito degli insegnanti del nostro bistrattato sistema scolastico, che attraverso le canzoni propongono progetti formativi sin dalla scuola primaria, mostrando quanto la musica possa aiutare ad affrontare temi di grande attualità quali la denuncia della guerra, il valore della libertà, del pluralismo linguistico, della diversità; quanto la canzone d’autore possa essere, in sintesi, necessaria a leggere il mondo.

Consapevoli delle esternazioni di Fabrizio De André in merito all’essere entrato nelle antologie scolastiche, possiamo solo immaginare cosa avrebbe detto oggi il cantautore di fronte alla quantità di libri che lo riguardano, a speciali televisivi, scuole e piazze intitolate, disegni, omaggi poetici, o rubriche come queste, che in occasione degli anniversari crescono a dismisura; cosa avrebbe detto di fronte alle numerose tesi di laurea che – anche sondando i documenti custoditi nell’Archivio Fabrizio De André dell’Università di Siena – ogni anno indagano l’uso da lui fatto di lingue e dialetti, ipotizzano il suo pensiero sulle religioni, scavano su come affrontasse lo studio della letteratura e come lavorasse per arrivare alla redazione e all’esecuzione dei testi che conosciamo. Ma essere “di tutti” comporta anche questo e implica perdere un po’ della propria intimità di pensiero a favore della trasmissione ai posteri di valori che, resi musicali, assumono decisamente maggiore carica comunicativa e diventano nuova poesia di massa.

Quindi grazie Faber, e arrivederci nella generazione Beta.

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