Economia culturale: crescita e disinvestimento all’italiana
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Economia culturale: crescita e disinvestimento all’italiana

Si delinea un'apparente dicotomia tra la vigorosa crescita dell'economia culturale e la contemporanea contrazione dei fondi statali destinati al settore.

Economia culturale: crescita e disinvestimento all’italiana
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13 Luglio 2024 - 18.00 Culture


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Nell’attuale contesto culturale, troviamo un terreno fertile per un’analisi che trascende la mera dimensione economica, invitando a una riflessione più profonda sulla valorizzazione e la percezione del patrimonio culturale nella società contemporanea.

Il 2023 si è affermato come l’anno della rinascita per il settore culturale italiano, segnando un consolidamento della ripresa già avviata nel 2022. I dati, come riporta Francesca Chiri in un agenzia Ansa, rivelano un incremento importante nella fruizione culturale, nei consumi e nell’occupazione, che torna ai livelli pre-pandemici. La spesa delle famiglie in cultura ha registrato un aumento del 10% rispetto all’anno precedente, mentre la partecipazione culturale extra-domestica ha raggiunto il 35,2%, con un incremento del 12%. Questi indicatori non sono banali numeri, ma rappresentano una metamorfosi nel tessuto della società, dove la cultura si riafferma come elemento centrale nella costruzione di significato e identità collettiva.

Il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha enfatizzato il valore dell’economia della bellezza, stimandola intorno ai 600 miliardi di euro, ovvero oltre il 29% del PIL nazionale. Questa cifra, seppur di difficile delimitazione, suggerisce una profonda interconnessione tra la sfera culturale e il sistema economico, evidenziando come la cultura non sia un mero ornamento sociale, ma un vero motore di sviluppo economico.

Il rapporto di Federculture ha inoltre messo in luce un aspetto particolarmente interessante dal punto di vista sociale: una crescita dell’occupazione culturale, che nel 2023 è ritornata ai livelli del 2019, registrando un incremento dell’1,2% rispetto al 2022, più marcata nel Centro e nel Mezzogiorno. Questo avvenimento può essere interpretato come un tentativo di riequilibrio nella distribuzione geografica del capitale culturale, potenzialmente in grado di modificare le dinamiche di potere all’interno del panorama nazionale.

Il boom del turismo, con un’impennata di quello culturale, che da solo rappresenta oltre il 50% del mercato turistico italiano, ha visto un aumento del 34,5% di stranieri nelle città d’arte e oltre il 40% in termini di spesa, e questo senza contare i flussi in aumento sia per quanto riguarda i turisti italiani, con 62 milioni di arrivi (+3%) e 214 milioni di presenze nell’anno, sia per quanto riguarda gli arrivi internazionali, con 64 milioni di arrivi (+16,4%) e 232 milioni di presenze (+15,4%), a conferma del ruolo della cultura come principale attrattore e generatore di valore. Questo fenomeno non si limita a un semplice scambio economico, ma implica un complesso processo di traduzione, dove i beni culturali materiali e immateriali vengono reinterpretati e valorizzati attraverso lo sguardo del visitatore.

Occorre sottolineare che in questo contesto di crescita generalizzata, emergono elementi dissonanti come la riduzione dello stanziamento statale per la cultura che malgrado il calo, i livelli di finanziamento rimangono superiori a quelli pre-Covid. Questa contrazione (secondo i dati previsionali della Legge di Bilancio, si prevede una flessione tra il 3 e il 7% nei due anni, con lo stanziamento del MiC che passa dai 3,8 miliardi di euro del 2023 ai 3,5 miliardi del 2024), che interessa anche i settori dello spettacolo e del cinema, introduce un elemento di nervosismo in un sistema dei media e dello spettacolo già da tempo in grave crisi e che ha il forte potenziale di alterare gli equilibri e le stesse dinamiche di produzione e fruizione culturale.

Il Ministero della Cultura ha precisato che, nonostante il leggero decremento, i fondi statali destinati alla cultura sono ancora decisamente superiori rispetto agli anni pre-Covid, in quanto negli anni precedenti i finanziamenti sono stati significativamente aumentati per sostenere uno dei settori più colpiti dalla pandemia.

Il presidente di Federculture, Andrea Cancellato, ha evidenziato l’urgenza di definire una legge per le Fondazioni di Partecipazione, entità che rappresentano un universo di oltre 650 soggetti operanti in vari ambiti culturali, dalla organizzazione di spettacoli alla gestione di musei, come il Museo Egizio di Torino e La Triennale di Milano. Tale proposta può essere letta come un tentativo di ridefinire il quadro normativo all’interno del quale si muovono questi attori culturali, con l’obiettivo di creare un sistema più agile, trasparente e capace di integrare risorse pubbliche e private. Cancellato ha inoltre annunciato di aver avviato un percorso per offrire un testo aperto che il legislatore e il governo potranno utilizzare come base per redigere una norma attesa da tempo.

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