Ricordate il razzista e negazionista della Casa Bianca? Quando prese il Covid invece che con gli intrugli che propagandava si fece curare con i costosissimi monoclonali. Ed è grazie a quelli che oggi non sta sotto un metro di terra. E quella cura funziona.
E’ una combinazione di anticorpi monoclonali e a ottobre 2020 finì sotto i riflettori del mondo perché fu una delle terapie usate per trattare l’ex presidente Usa Donald Trump, dopo la scoperta della sua positività a Covid-19. Ora l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) aggiorna la sue linee guida sull’assistenza clinica per includere il trattamento e raccomanda il mix di Regeneron per due gruppi specifici di pazienti (al momento è l’unico mix di monoclonali che compare nell’elenco dei farmaci per i quali sono state espresse raccomandazioni).
Parallelamente però il trattamento che combina gli anticorpi casirivimab e imdevimab diventa oggetto anche di un appello accorato dell’Oms, che chiede un’azione su più fronti per far sì che venga garantito un accesso equo. I principali freni? “Produzione limitata” e “prezzo elevato”.
La combinazione è stata raccomandata per i pazienti con Covid-19 non grave che sono a più alto rischio di ricovero in ospedale e per i pazienti che si sono già aggravati o sono in condizioni critiche e risultano sieronegativi, cioè non hanno sviluppato anticorpi.
L’aggiornamento è stato definito da un gruppo di lavoro, composto da esperti internazionali e pazienti, che si occupa dello sviluppo delle linee guida e il contenuto è pubblicato sulla rivista ‘Bmj’. La raccomandazione all’uso per prevenire la malattia grave in pazienti ad alto rischio si basa su nuove evidenze provenienti da 3 studi non ancora sottoposti a revisione paritaria, che mostrano come casirivimab e imdevimab probabilmente riducano il rischio di ospedalizzazione e la durata dei sintomi in non vaccinati, anziani, o pazienti immunodepressi.
La seconda raccomandazione si basa sui dati dello studio Recovery che mostrano come casirivimab e imdevimab possano ridurre i decessi (che vanno da 49 in meno su 1.000 nei malati gravi a 87 in meno nei malati critici) e la necessità di ventilazione meccanica nei pazienti sieronegativi. “Per tutti gli altri pazienti Covid – si legge su Bmj – è improbabile che i benefici di questo trattamento con anticorpi siano significativi”. L’Oms “accoglie con favore l’aggiunta di un’altra terapia all’arsenale mondiale contro Covid, ma esorta le aziende produttrici e i governi ad affrontare” il nodo del costo e della disponibilità “della combinazione di anticorpi Regeneron e garantire la sicurezza e una corretta manipolazione del medicinale”, evidenza l’agenzia Onu in una nota.
“Dato l’alto costo e la bassa disponibilità della terapia”, l’iniziativa sanitaria globale “Unitaid – informa l’Oms – sta negoziando con Roche Pharmaceutical, che attualmente sta producendo il farmaco, per prezzi più bassi e una distribuzione equa in tutte le regioni, specialmente nei Paesi a basso e medio reddito.
L’Oms sta anche discutendo con l’azienda per una donazione e distribuzione del farmaco attraverso l’Unicef, seguendo un criterio di assegnazione stabilito dall’Oms”.
Parallelamente, l’agenzia Onu per la salute ha lanciato un appello “ai produttori che potrebbero voler presentare i loro prodotti per la pre-qualificazione”, cosa che “consentirebbe un’accelerazione della produzione e quindi una maggiore disponibilità del trattamento e un accesso ampliato. I partner di Act-A”, la piattaforma che si occupa di accelerare la disponibilità di strumenti per la lotta a Covid “stanno anche lavorando con l’Oms su un quadro di accesso equo per le terapie raccomandate”. L’Oms chiede anche la condivisione della tecnologia per consentire la produzione di versioni biosimilari in modo che tutti i pazienti che potrebbero aver bisogno di questo trattamento possano accedervi”.
Inoltre, ci sono problemi di fattibilità legati alla somministrazione per via endovenosa prevista per gli anticorpi: “In ambito ambulatoriale, questa può essere una sfida – si legge nella nota – e quindi la somministrazione sottocutanea può essere un’opzione alla dose più bassa”.
L’Oms chiede un uso oculato del trattamento e ribadisce l’importanza, “al fine di non esacerbare le disuguaglianze sanitarie e la limitata disponibilità della terapia”, che siano trattati “i pazienti non gravi e ad alto rischio di ricovero e quelli gravi o critici con stato sieronegativo (coloro che non hanno sviluppato anticorpi naturali contro Covid-19, stato determinato attraverso accurati test rapidi), poiché questi due gruppi di pazienti sono i pazienti che trarranno i maggiori benefici dal trattamento”.
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