E’ stato bollato immediatamente come suicidio, ma la procura di Mantova ha aperto un’inchiesta sulla morte di Giuseppe De Donno, l’ex primario di pneumologia dell’ospedale Carlo Poma e padre del terapia anti Covid con il plasma iperimmune.
Ha lasciato “un vuoto incolmabile”, secondo gli ex colleghi dell’ospedale Carlo Poma di Mantova e la direzione dell’Asst che lo ricordano “un professionista eccellente e di grande umanità” benché “disilluso”.
Il medico è stato trovato martedì dai familiari nella sua casa di Eremo di Curtatone, ma la procura vuole capire se nel suicidio possano esserci responsabilità di terzi. Nei mesi caldi della pandemia dello scorso anno, era diventato il simbolo della lotta al virus condotta con il plasma prelevato dagli infettati e guariti e poi trasfuso nei malati.
La sua battaglia per imporre la terapia aveva suscitato molte polemiche, dividendo sui social l’opinione pubblica tra favorevoli e contrari. L’equipe della Pneumologia e un gruppi di colleghi di altri reparti l’hanno voluto ricordare “per la sua completa abnegazione sia da medico che da primario, con un’attenzione quasi spasmodica alle necessità e al benessere dei pazienti non solo dal punto di vista clinico ma soprattutto umano”
De Donno viene ricordato anche dal punto di vista umano: “Giuseppe era a momenti solare e in altri ombroso, perché disilluso da qualcosa o indispettito o arrabbiato per non essere riuscito a fare quello che sperava per i pazienti; aveva dimostrato caparbietà nel periodo così drammatico della pandemia, ma che in parte lo ha profondamente logorato e stancato, come è accaduto a molti di noi e forse a lui più che a tutti. Speriamo – conclude la nota – che ora possa trovare quella pace e quella serenità che gli è mancata qui”.