Ippolito (Spallanzani): "La variante inglese c'è ma non si sa ancora quanto incide"

Il direttore scientifico dell'Istituto Spallanzani di Roma: "Per poter fare delle ipotesi fondate su dati solidi dovremmo notevolmente incrementare la produzione di sequenziamenti virali"

Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell'Istituto Spallanzani di Roma
Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell'Istituto Spallanzani di Roma
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11 Gennaio 2021 - 17.41


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Ora i rischi sono tanti: la variante inglese del coronavirus “è presente sia in Italia e almeno in un’altra quarantina di Paesi: il laboratorio di virologia dello Spallanzani l’ha identificata e sequenziata. Ciò che non possiamo sapere è quanto questa variante attualmente influenzi l’andamento dell’epidemia”.

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Lo ha spiegato Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani di Roma.
“Per poter fare delle ipotesi fondate su dati solidi – continua lo scienziato – dovremmo notevolmente incrementare la produzione di sequenziamenti virali, in modo da capire quali sono i ceppi virali prevalenti. Si tratta di una attività che richiede ingenti risorse umane, tecnologiche e finanziarie, ed è auspicabile che anche il nostro Paese, che sino ad oggi ha prodotto relativamente pochi sequenziamenti, si metta al passo con altre nazioni come gli Usa, la Germania o la Gran Bretagna”. 
Ippolito ricorda che le mutazioni sono un fenomeno noto, “quando si replicano all’interno delle cellule umane, i virus possono ‘mutare’ – spiega – possono cioè verificarsi degli errori nella trascrizione del genoma virale che avviene dentro la cellula umana. Questo processo avviene continuamente, ed il virus Sars-Cov-2 non fa eccezione. In tutto il mondo gli scienziati stanno lavorando per conoscere meglio queste varianti, per capire quanto facilmente possono essere trasmesse, e se i vaccini attualmente autorizzati ci proteggeranno anche da queste varianti. Attualmente, non ci sono prove che queste varianti causino malattie più gravi o un aumento del rischio di morte”.
Ma “l’analisi filogenetica del virus, oltre a darci preziose informazioni sulla cronologia del virus, ci fornisce anche informazioni fondamentali che ci permettono di immaginare la sua evoluzione futura, oltre a fornire i dati necessari per la messa a punto di farmaci e vaccini meglio tarati per rispondere alla possibile evoluzione del virus”, conclude Ippolito.

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