Il vaccino contro il coronavirus sviluppato dall’Università di Oxford, in collaborazione con l’azienda italiana Advent-IRBM di Pomezia, potrebbe non impedire il contagio. Negli ultimi studi condotti sui macachi rhesus, tutte e sei le scimmie coinvolte sono risultate positive al coronavirus dai tamponi nasali.
Secondo quanto riportato dal Daily Mail, William Haseltine, un ex professore della Harvard Medical School, ha rivelato su Forbes che le scimmie che hanno ricevuto il vaccino avevano la stessa quantità di virus nel naso delle tre scimmie non vaccinate nello studio. Questo suggerisce che il trattamento, che ha già ricevuto nel Regno Unito finanziamenti pari a 90 milioni di sterline, potrebbe non funzionare contro il Covid-19. La notizia arriva una settimana dopo la pubblicazione di report preliminari secondo i quali il vaccino ha offerto “un po’ di immunità” contro il virus e ha impedito che entrasse in profondità nei polmoni.
Il vaccino, noto come ChAdOx1 nCov-19, è attualmente in sperimentazione sugli esseri umani. “Tutte le scimmie vaccinate trattate con il vaccino di Oxford, quando messe alla prova, sono state infettate”, scrive Haseltine su Forbes. “Non vi è stata alcuna differenza nella quantità di RNA virale rilevato (dalle secrezioni nasali, ndr) nelle scimmie vaccinate rispetto agli animali non vaccinati. Vale a dire che tutti gli animali vaccinati erano infetti”, aggiunge.
I risultati della sperimentazione dimostrerebbero anche che tre delle sei scimmie vaccinate hanno iniziato a respirare più rapidamente del normale dopo essere state infettate, rendendole quindi clinicamente malate. Tuttavia, nessun animale vaccinato ha sviluppato danni ai polmoni, cosa che invece è successa in due scimmie che non hanno ricevuto il vaccino. “E’ chiarissimo che il vaccino, alla sfida del virus, non ha fornito l’immunità sterilizzante, il gold standard per qualsiasi vaccino”, dice Haseltine. “Può fornire una protezione parziale”, aggiunge.
Rincara John Ball, professore di biologia molecolare della Nottingham University. “La quantità di genoma virale rilevata nel naso delle scimmie vaccinate e non vaccinate era la stessa e questo è preoccupante”, dice. “Se una una cosa simile si verifica nell’uomo, le persone vaccinate possono comunque essere infettate e rilasciare grandi quantità di virus. Questo potrebbe potenzialmente diffondersi ad altri nella comunità”, aggiunge Ball. Anche la professoressa di immunologia e malattie infettive all’Università di Edimburgo, Eleanor Riley, esprime i suoi dubbi sul vaccino, dichiarando che il numero di anticorpi prodotti è “insufficiente” per prevenire l’infezione e la diffusione virale. “Se si ottenessero risultati simili nell’uomo, il vaccino fornirebbe probabilmente una protezione parziale contro le malattie nel ricevente, ma sarebbe improbabile che riduca la trasmissione nella comunità in senso ampio”, sottolinea.
Lo studio clinico del vaccino è iniziato lo scorso mese e coinvolge ben 1.110 persone tra Oxford, Southampton, Londra e Bristol. La metà riceve il vaccino mentre gli altri ricevono un placebo. Ieri il governo ha annunciato un ulteriore investimento di 65,5 milioni di dollari negli studi sui vaccini di Oxford. Il ministro delle Attività Produttive del Regno Unito, Alok Sharma, ha dichiarato che il governo spera di poter lanciare una campagna di vaccinazione di massa già il prossimo autunno. Sharma ha elogiato il vaccino di Oxford e ha dichiarato: “La velocità con cui l’Università di Oxford ha progettato e organizzato questi complessi studi è davvero senza precedenti”. Da qui la decisione di aumentare le risorse. “Questi nuovi soldi aiuteranno a produrre in serie il vaccino di Oxford in modo che, se gli attuali studi avranno successo, abbiamo dei dosaggi per iniziare subito a vaccinare la popolazione del Regno Unito”, ha detto il ministro. Ma i nuovi dati sembrano mettere in discussione tutto.
Argomenti: covid-19