Non si può aspettare oltre per programmare la cosiddetta fase 2, quella che ci porterà con molte cautele verso la fine del lockdown. “La fase 2? Deve essere programmata adesso, non possiamo parlarne per attuarla. Dobbiamo programmarla in modo scientificamente e socialmente corretto. Ora la dobbiamo programmare, facendo in modo che non ci sia nessun rischio per le persone” ha detto il professor Francesco Le Foche, medico immunologo, responsabile del day hospital di immuno-infettivologia al Policlinico Umberto I di Roma, ai microfoni di Rai Radio2 nel corso del format “I Lunatici”.
“Questa partita noi l’abbiamo persa in ospedale. Abbiamo perso troppe vite umane. Il secondo tempo di questa partita, adesso, dobbiamo giocarlo in casa del paziente. Perché in casa si vince. Se noi trattiamo subito la cosa, pochissime persone arrivano ad avere necessità del respiratore. Se affrontiamo subito la malattia, pochissime persone avranno necessità del respiratore. Dopo dieci o quattordici giorni, invece, questo virus ha un bivio. Nell’80% dei casi va verso l’auto definizione, quindi si auto limita. L’altro venti percento invece spesso deve essere ricoverato in condizioni gravi. Se noi lo affrontiamo prima arriviamo anche al 95% di persone che non devono arrivare in ospedale. Ovviamente il paziente a domicilio va seguito in modo costante e attento. Non va mai lasciato solo e qualora arrivasse un peggioramento il paziente andrebbe ricoverato ma in un ambiente che non sarà mai sovraffollato”, ha aggiunto.
Potenziare la medicina preventiva sul territorio è un imperativo.
“Questo è un virus nuovo e va controllato passo passo. E’ molto importante che noi adesso lo controlliamo anche in termini scientifici. Gli anticorpi che stiamo valutando nella sierologia, gli anticorpi di protezione, sono molto importanti. Sembra quasi che chi ha una malattia più grave sviluppi più anticorpi. Si sta sviluppando probabilmente una immunità condivisa sociale che piano piano aumenterà. Certo, chi ci libererà completamente sarà il vaccino. C’è un test che ancora però non è uscito, che è un test di neutralizzazione virale. Un test che ci dirà che tipo di immunità si potrà avere con questo virus. Se permanente o parziale” dice ancora il professor Francesco Le Foche.
Il dato dei morti continua a essere molto elevato: ieri 636 vittime. Ma secondo alcuni indicatori e secondo gli scienziati il picco dell’epidemia di coronavirus in Italia potrebbe essere già alle spalle.
“Il reale andamento dell’epidemia potrebbe essere diverso da quello mostrato dalla Protezione civile. Il picco potrebbe essere avvenuto in anticipo rispetto a quello ufficiale”. Lo scrive Daniele del Re, docente di Fisica all’università La Sapienza, in uno studio firmato assieme a Paolo Meridiani, ricercatore dell’istituto nazionale di fisica nucleare, e pubblicato sulla piattaforma Medium.com. Come stanno le cose, a che punto siamo, che cosa emerge dall’incrocio di tutti i dati ufficiali? “Almeno in una prima fase dell’epidemia – si legge – il numero delle vittime del Covid 19 sembra notevolmente sottostimato, da 2 a 10 volte a seconda delle Regioni”. Dalle pagine del Corriere presume che il picco “sia arrivato in anticipo. C’è un messaggio positivo in questo studio. Così come il contagio va retrodatato, lo stesso potrebbe valere per il rallentamento dell’epidemia. Magari siamo messi meglio di quanto crediamo. Il tema del rilascio graduale del lockdown è cruciale e le informazioni potrebbero essere interessanti”. Il messaggio negativo però c’è, ed è allarmante: “Tanti decessi non sono stati monitorati”.
Un altro studio indaga il tasso di letalità del coronavirus molto alto in Italia. “Secondo i nostri calcoli – dice Giuseppe De Natale, dirigente di Ricerca all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – l’altissimo numero di decessi in Italia si spiegherebbe soltanto con un altissimo numero di contagiati, che ad oggi sarebbero tra circa 1,4 milioni e quasi 7 milioni”.
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