E così c’è acqua liquida su Marte. O meglio, tracce abbastanza inequivocabili che portano a supporne con ragionevole certezza la presenza, più o meno come un marziano potrebbe azzardare l’ipotesi che ci siano auto sulla Terra anche avendo intravisto soltanto qualche traccia di pneumatici e verificato in esse la presenza di polimeri per gomme.
L’annuncio è stato dato in pompa magna dalla Nasa venerdì scorso, e subito la rete s’è divisa fra entusiasmo e ironia, comprensibile del resto perché non del primo annuncio del genere si tratta. Ma come stanno le cose? E che c’è di diverso questa volta? Per capirlo, ripercorriamo rapidamente le principali tappe che hanno portato a quest’ultimo risultato.
Una storia che ha inizio perlomeno nella seconda metà del XIX secolo, quando l’astronomo italiano Giovanni Virginio Schiaparelli nota sulla superficie del pianeta una fitta rete di strutture lineari che chiama “canali”. Il collega statunitense Percival Lowell subito s’entusiasma, ritenendo quei “canali” imponenti opere d’ingegneria idraulica progettate dai marziani per meglio gestire le scarse risorse idriche del pianeta. Ma non tutti sono d’accordo. Un po’ perché le formazioni si rivelano ben presto semplici illusioni ottiche, un po’ perché, come fa notare il naturalista inglese Alfred Wallace, la temperatura e la pressione atmosferica, molto più basse di quanto non siano sulla Terra, fanno sì che su Marte non ci siano le condizioni per ospitare acqua in forma liquida.
Scetticismo confermato nel luglio del 1965 dalle prime fotografie ravvicinate di Marte, scattate dalla sonda NASA Mariner 4.
In epoche passate, però, suggeriscono i canyon fotografati dall’orbiter Mariner 9, l’acqua doveva scorrere sul pianeta. Impressione confermata, sempre nel corso degli anni ‘70, dalle sonde Viking 1 e 2.
Sono del 1997 le prime misurazioni di temperatura e pressione prese sul posto, dal Pathfinder della NASA, e confermano quanto diceva Wallace quasi un secolo prima: con temperature sempre sotto lo zero e una pressione media attorno ai 6 millibar, non c’è spazio per acqua allo stato liquido: il ghiaccio sublima direttamente in vapore.
Di ghiaccio ce n’è comunque in abbondanza, come mostrano le misure spettrometriche della missione Mars Odyssey. I due rover gemelli Spirit e Opportunity, nel mentre, portano prove ulteriori della presenza di acqua liquida in epoche remote.
Tornando a oggi, c’è persino una sorta di nebbia, una polvere di ghiaccio che di notte scende al suolo, dicono i dati del lander Phoenix, mentre il Mars Reconnaissance Orbiter, sempre della NASA, individuare enormi quantità di ghiaccio nelle regioni polari.
Nel 2011, dai campioni raccolti da Phoenix, emergono tracce di sali di perclorato, ed è una scoperta che rivoluziona un po’ tutto: i perclorati, infatti, possono agire come una sorta di antigelo, abbassando la temperatura di congelamento dell’acqua, e aprendo dunque un piccolo spazio alla possibilità che su Marte ci sia acqua allo stato liquido anche ai nostri giorni.
È dell’aprile del 2015 la scoperta, da parte del laboratorio chimico a bordo del rover Curiosity, di tracce di perclorato di calcio: sufficienti a far pubblicare su Nature Geoscience l’ipotesi della presenza stagionale di rivoli d’acqua sul suolo marziano. Ipotesi ora rafforzata dalle osservazioni combinate della camera ad alta risoluzione HiRISE e dello spettrometro CRISM a bordo del Mars Reconnaissance Orbiter: hanno l’aspetto di solchi lasciati dall’acqua, dice la prima; contengono sali che segnalano la presenza di acqua, dice il secondo. Dunque, annuncia la Nasa, possiamo affermare con ragionevole certezza che su Marte c’è acqua. Acqua salata allo stato liquido.
Video basato sulla timeline interattiva di Media INAF [url”Acqua su Marte: dalle origini a oggi”]http://goo.gl/uUnHwZ[/url]