Malattie cardiache riprodotte in chip

I ricercatori hanno prelevato le staminali dai pazienti affetti da una rara malattia e hanno usato la tecnologia già utilizzata per produrre organi su chip.

Malattie cardiache riprodotte in chip
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12 Maggio 2014 - 22.43


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Tessuto di cuore umano funzionante, portatore di una malattia cardiovascolare ereditaria. Il tutto su un ‘chip’. È questa l’ultima impresa degli scienziati di Harvard, che hanno già all’attivo la creazione di organi su chip, e adesso sono riusciti a riprodurre per la prima volta su chip anche una rara malattia cardiaca, la sindrome di Barth, un disturbo che è attualmente incurabile e che appare principalmente nei bambini. I ricercatori hanno prelevato le staminali dai pazienti e hanno usato proprio la tecnologia già utilizzata per produrre organi su chip. I risultati del lavoro sono pubblicati su ‘Nature Medicine’.

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Si tratta di un passo avanti, spiegano gli autori, verso la medicina personalizzata. La ricerca dimostra infatti che un pezzetto di tessuto contenente uno specifico disturbo genetico può essere replicato in laboratorio. Gli scienziati hanno scelto di ‘modellare’ e riprodurre la sindrome di Barth: la patologia è causata dal difetto di un gene che produce una proteina, la Tafazzina, che serve a far funzionare le cellule delle ossa e dei muscoli, e in particolare quelle cardiache. La Tafazzina è stata isolata da un team di scienziati italiani dopo un lungo ed estenuante lavoro e proprio per questo battezzata ironicamente così in nome di Tafazzi, personaggio comico un po’ masochista di ‘Mai dire goal’.

I ricercatori hanno prelevato cellule della pelle da due pazienti con sindrome di Barth e le hanno manipolate per farle diventare staminali portatrici delle mutazioni che i pazienti hanno sul gene Taz. Invece di usare staminali per generare una singola cellula cardiaca su un piattino, le cellule sono state fatte crescere su un chip foderato con proteine della matrice extracellulare. Gli scienziati sono riusciti così a mimare l’ambiente naturale delle cellule e a ‘ingannarle’, spingendole a unirsi insieme come farebbero se stessero formando un cuore umano malato.

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Il tessuto ingegnerizzato si contraeva molto debolmente, esattamente come il muscolo cardiaco visto nei pazienti con sindrome di Barth. I ricercatori hanno poi usato la tecnica dell’editing genomico (una sorta di ‘photoshop’ del Dna), per modificare Taz in cellule normali, confermando che questa mutazione è sufficiente a causare la contrazione debole osservata nel tessuto ingegnerizzato. Gli studiosi hanno poi lavorato su un altro versante: hanno spedito il gene Taz prodotto sul tessuto malato in laboratorio e hanno corretto il difetto contrattile, creando il primo modello di correzione di una malattia genetica cardiaca basato su un tessuto.

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