Succede ogni volta, tutte le volte che Erik Gobetti presenta il suo libro sulle foibe, qualcuno si indigna, protesta, minaccia, chiede di censurare l’evento.
Questa volta è toccato alla nostra scuola, all’IIS Moro di Rivarolo in provincia di Torino. Abbiamo deciso di invitare lo storico Erik Gobetti, in occasione del giorno del Ricordo e sono partite le invettive, i toni apocalittici, le grida da parte di un esponente di Fratelli d’Italia, il consigliere regionale Ravello, che ha pubblicato un lungo e appassionato comunicato stampa nel quale definisce Gobetti “negazionista e revisionista”, lo accusa di essersi impegnato in “una squallida crociata contro le foibe”, e conclude chiedendo alla Preside di annullare un evento così pericoloso, e in subordine “di rimodularlo profondamente”.
Prima di entrare nel merito della dichiarazione del consigliere Ravello è opportuno sottolineare la forma del comunicato, che oscilla tra l’indignazione, lo sconcerto, lo scandalo per concludersi con la richiesta piuttosto esplicita di cancellare la presentazione del libro.
Sarebbe interessante sapere se il consigliere Ravello conosce il contenuto del volume di cui scrive, se ha avuto modo di leggerlo, di valutarne la credibilità, perché i toni sono quelli della propaganda piuttosto che dell’analisi storica.
Al di là della competenza di Ravello è evidente che la richiesta sia del tutto irricevibile, perché se l’istituzione scolastica accogliesse la pressante richiesta del politico di turno, di fatto rinuncerebbe ai principi dell’autonomia e della libertà di insegnamento. Di questo si tratta, infatti, dell’interferenza della politica nei confronti di altri organi dello Stato, ed è in linea con l’idea della maggioranza che governa il nostro Paese, secondo cui vincere le elezioni equivale a un mandato di onnipotenza assoluta, che non prevede alcun diritto al dissenso nei confronti del Verbo unico della Verità della Maggioranza.
Poiché siamo convinti con Cartesio, che il buon senso sia la cosa meglio distribuita, e quindi riteniamo che anche l’estrema Destra ne sia dotata, cerchiamo di analizzare la ragionevolezza di una reazione che può apparire del tutto fuori luogo e di una richiesta altrettanto insensata.
Che cosa c’è di orribilmente riprovevole nelle tesi di Gobetti, e perché fanno letteralmente impazzire i fratelli d’Italia?
La colpa di Gobetti è quella di avere, con la sua ricostruzione storica, svuotato il mito delle foibe, che per la destra italiana, in cerca di una identità, è essenziale.
Sappiamo che per decenni i post fascisti sono stati esclusi dalla narrazione ufficiale, che era quella repubblicana-democratica; la loro presenza nel quadro politico sembrava quasi un’anomalia, sospesi nel culto di un passato inglorioso che non potevano e non dovevano ostentare, perché contrario ai valori costituzionale dell’antifascismo.
Esclusi dalla storia edificante, relegati al ruolo di cattivi e sconfitti, i post fascisti hanno vagato per decenni come fantasmi, ombre di un passato per molti versi improponibile. Ma gli anni passano e le vicende del fascismo storico si allontanano, e quindi era possibile ritrovare un’identità che potesse essere la piattaforma per una proposta politica alternativa al racconto democratico e repubblicano.
La sinistra ha il suo mito fondativo nella Resistenza, nei suoi eroi, i partigiani, e la destra che si propone come alternativa di governo? Fallito il progetto di trasformare la guerra di liberazione in una guerra civile, equiparando i morti della famigerata Repubblica Sociale Italiana ai partigiani, bisognava cercare degli eroi, che fossero anche vittime per ribaltare il paradigma che vedeva nei post fascisti gli eredi di una sciagura nazionale. Le foibe sono diventate l’occasione per creare il mito vittimario da contrapporre alla Resistenza del 25 aprile, ed ecco il giorno del Ricordo, che innalza le vittime al rango di eroi italiani, sulle quale creare l’identità patriottica. Il 10 febbraio, così prossimo al 28 gennaio, giorno della Memoria è la celebrazione delle vittime-eroi italiane, uccise dalla crudeltà dei partigiani comunisti di Tito. La ricerca dell’identità, così fondamentale per la destra, si colora con il sangue degli italiani ingiustamente uccisi tra il ’43 e il ’45.
Questo racconto mitologico viene smontato dalle ricerche di Gobetti e di altri storici, che, esaminando i fatti, di cui la Storia è costituita, offrono un quadro diverso. Gobetti dimostra che le vittime delle foibe non sono state uccise in quanto italiani, smontando la tesi della pulizia etnica, ma in quanto appartenenti a vario titolo all’occupante, perché funzionari pubblici del regime fascista. Quel fascismo che aveva, insieme alla Germania nazista, occupato la Jugoslavia fin dal 1941, imponendo una campagna forzata di assimilazione della popolazione slava, condita da uccisioni di massa, leggi restrittive sull’uso della lingua, deportazione nei Lager nazisti. La vendetta dei partigiani di Tito nei confronti dei fascisti non è giustificabile, ma rientra in una logica che non può non tenere conto della guerra di aggressione che il regime fascista aveva intrapreso contro la Jugoslavia. Sugli eccidi, le violenze dei soldati italiani nei teatri di guerra del 2° conflitto mondiale gli storici hanno colpevolmente taciuto.
Gobetti non è un negazionista, come sostiene Ravello, perché non nega le vittime delle foibe, che secondo le stime presunte, ammonterebbero a circa 500, ma come tutti gli storici seri, mette in relazione i fatti e cerca di individuale le cause che determinano gli eventi. In questo caso era impossibile spiegare gli eventi tra il ’43 e il ’45 senza tenere conto di quello che era accaduto nei due anni dell’occupazione italiana.
Le reazioni scomposte dei fratelli d’Italia sono la prova che l’analisi storica di Gobetti e di altri ha colto un punto debole della narrazione post fascista, che viene così privata di uno strumento di propaganda e di un precedente storico, che avrebbe potuto finalmente rovesciare l’equazione fascismo uguale male, perché in questo caso i carnefici, i fascisti, diventavano le vittime.
L’identità nazionale italiana, ammesso che esista e che sia così essenziale esibirla, dovrà essere cercata altrove, avendo più cura e attenzione alle verità che la Storia, implacabilmente ci consegna. I morti delle foibe non sono gli eroi da consegnare alla propaganda di un patriottismo miserabile, bensì vittime di una guerra assurda, provocata e voluta da quel fascismo che ha trascinato il popolo italiano in una tragica avventura culminata nella più vergognosa delle sconfitte.