di Giada Zona
Negli ultimi decenni stiamo assistendo a un crollo della partecipazione elettorale in Italia. I cittadini sembrano sempre meno interessati e meno fiduciosi nei confronti della politica. Il 25 settembre 2022 si sono svolte le ultime elezioni politiche e solo il 63,91% degli italiani si è recato alle urne. Mentre se consideriamo le elezioni europee, avvenute a giugno 2024, la partecipazione elettorale è ancora più bassa: solo il 48,31% dei cittadini italiani ha votato. Questi dati sollecitano diverse preoccupazioni rispetto al nostro sistema politico e alla nostra democrazia. Per avere maggiore chiarezza su questo fenomeno abbiamo intervistato Mattia Guidi, professore associato di scienza politica.
Dalle ultime elezioni politiche italiane emerge un alto tasso di astensionismo. Quali sono le ripercussioni di questo fenomeno sul nostro sistema politico?
La storia politica italiana presenta un astensionismo crescente, dunque non è una tendenza che comincia recentemente. Negli anni ‘70 in Italia votava circa il 90% degli aventi diritto, mentre adesso siamo passati circa al 60%. Ci troviamo di fronte a una tendenza accelerata in seguito ad alcuni fenomeni, come la crisi finanziaria del 2008, ma alle ultime elezioni il crollo è stato più forte rispetto a quelle precedenti.
Questo fenomeno implica che le forze politiche elette siano l’espressione delle preferenze di una sola parte della popolazione. Infatti, per capire le ripercussioni politiche dell’astensionismo, dobbiamo pensare alle caratteristiche dei cittadini che non votano. Tra gli astenuti troviamo una percentuale elevata delle persone che sono ai margini della società e del sistema politico, ad esempio i cittadini con un livello più basso di istruzione, oppure coloro che hanno un reddito basso, ma anche i giovani. I giovani tendono ad astenersi di più rispetto alla generazione anziana e anche questo rappresenta un problema, considerando che in Italia i giovani sono sempre meno. In seguito all’analisi del profilo degli astenuti, possiamo sostenere che in Italia sia presente un sistema politico rappresentativo dei cittadini più anziani e di coloro che si collocano nelle classi più elevate.
Nel 2022 vince Fratelli D’Italia, il partito di Giorgia Meloni, nonostante sia stato votato da una piccola parte degli italiani (26%). Questo dato che cosa rappresenta nella nostra democrazia? Si può parlare di una crisi della democrazia?
Ricordiamo che in passato è stato celebrato il funzionamento di alcune democrazie, come quella statunitense, nonostante avessero una percentuale molto più elevata di astensionismo. Ma, indubbiamente, una scarsa partecipazione elettorale rappresenta un problema per il nostro sistema politico. Soprattutto diventa un problema quando altera la rappresentanza politica , privilegiando le preferenze delle classi che votano, tendenzialmente le classi più alte. Se gli astenuti fossero un gruppo non classificabile in base ad alcune caratteristiche, come l’età o l’istruzione, non ci sarebbero grandi differenze sul sistema politico, ma sappiamo che non è così. L’astensionismo è un fenomeno presente solo in alcuni segmenti della popolazione e ciò implica un determinato risultato. Le preferenze politiche espresse sono parziali, cioè non rappresentano il corpo elettorale italiano nel suo complesso. Spesso i partiti parlano di “rappresentanza del voto”, ma dovrebbero riflettere anche sulla loro comunicazione, poiché in realtà vota una parte sempre più bassa della popolazione.
Secondo lei, che cosa possono fare le classi politiche per ridurre l’astensionismo?
Purtroppo le forze politiche hanno interesse a contrastare l’astensionismo solo se ritengono di beneficiarne. Se l’astensionismo può garantire la vittoria di una determinata forza politica, allora è evidente che quest’ultima non abbia interesse ad aumentare la partecipazione elettorale. Ma, considerando le caratteristiche delle persone che non votano, alcuni partiti potrebbero distinguersi e tentare di rappresentare coloro che si collocano ai margini della società e del sistema politico. Questi partiti avrebbero da guadagnare qualcosa se riuscissero a far votare i loro elettori. Non solo, dovrebbero provare a cambiare anche le loro convinzioni, visto che alla base dell’astensionismo c’è l’idea che votare o non votare non cambi nulla. Solo alcune classi politiche provano a ridurre l’astensionismo, ovvero quelle interessate a tutelare i cittadini in difficoltà. Per raggiungere questo obiettivo sono necessarie delle proposte che tutelano l’elettorato più fragile. I partiti politici devono dimostrarsi credibili nei confronti dei cittadini, devono far credere loro che sia possibile realizzare certe proposte e la chiave è il tempo. Pensiamo al Partito Democratico, principale partito all’opposizione, che ha perso voti anche perché non è riuscito a soddisfare gli interessi dei cittadini più svantaggiati. Non basta cambiare la leadership o qualche proposta per ridurre l’astensionismo, ma bisogna seguire una certa linea in maniera coerente e duratura nel tempo, volta a conquistare la fiducia degli elettori.
Cosa si aspetta dalle prossime elezioni? Aumenterà l’astensionismo oppure possiamo sperare in una maggiore partecipazione elettorale?
Adesso è possibile che i sostenitori dei partiti dell’opposizione siano più motivati a votare e così l’astensionismo potrebbe arrestarsi. Non possiamo prevedere un aumento della partecipazione, ma non dovrebbe esserci nemmeno un ulteriore crollo. Alle ultime elezioni politiche molti italiani hanno deciso di non votare perché l’opposizione non si era coalizzata e non aveva risposto alla legge elettorale. Infatti, il centrodestra ha beneficiato di questo e con circa il 40% dei voti ha vinto le elezioni politiche del 2022. Se le opposizioni mostreranno di aver capito il funzionamento della legge elettorale e si coalizzeranno per provare a vincere il maggior numero di seggi, gli elettori potrebbero essere più motivati a votare.