Sandro Pertini, in memoria del partigiano presidente
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Sandro Pertini, in memoria del partigiano presidente

Il racconto sulla straordinaria vita del socialista partigiano che è stato il più amato presidente della Repubblica

Sandro Pertini, in memoria del partigiano presidente
Sandro Pertini
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Giancarlo Governi Modifica articolo

24 Febbraio 2024 - 02.15


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Mio padre diceva sempre: “Sandro Pertini è l’uomo più coraggioso che ho incontrato nella mia vita”. E infatti Sandro ha sfidato i suoi nemici, che poi erano i nemici della democrazia e della libertà, a viso aperto, e ha affrontato il pericolo anche con tanta sfrontatezza, e soprattutto con grande orgoglio. Come quando stava in una galera fascista malato e rinnegò sua madre che aveva chiesto pietà per suo figlio a Mussolini. Il direttore del carcere di Pianosa lo aveva chiamato e gli aveva comunicato che la sua domanda di grazia stava per essere presa in considerazione.

“Quale domanda di grazia – chiese – io non ho fatto alcuna domanda di grazia!”. “L’ha firmata sua madre” disse il direttore. “Rinnego quello che ha fatto mia madre e non voglio la pietà di Mussolini”. Subito dopo chiese carta e penna e scrisse una lettere che merita di essere inserita nelle antologie scolastiche:
“Perché mamma, perché? Qui nella mia cella di nascosto, ho pianto lacrime di amarezza e di vergogna – quale smarrimento ti ha sorpresa, perché tu abbia potuto compiere un simile atto di debolezza? E mi sento umiliato al pensiero che tu, sia pure per un solo istante, abbia potuto supporre che io potessi abiurare la mia fede politica pur di riacquistare la libertà. Tu che mi hai sempre compreso, che tanto andavi orgogliosa di me, hai potuto pensare questo? Ma, dunque, ti sei improvvisamente così allontanata da me, da non intendere più l’amore, che io sento per la mia idea?”


Dal 1922, da quando il re aprì le porte di Roma a Mussolini, fino all’aprile del 1945 quando gli italiani chiusero le porte d’Italia ai nazisti e ai fascisti, per Sandro furono 23 anni di esilio, di lotte, di galera, di condanne a morte, di evasioni. Furono 23 anni di quella che noi chiameremo con orgoglio la Resistenza, quella che, insieme alla libertà e alla democrazia, restituì all’Italia l’onore perduto.

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Nel 1944 Pertini era chiuso nel carcere di Regina Coeli di Roma, insieme a Giuseppe Saragat e altri detenuti antifascisti, condannati a morte. Giuliano Vassalli, un padre del diritto, organizzò una clamorosa evasione, mascherata da scarcerazione attraverso documenti e certificati falsi. Pertini disse “io non mi muovo di qui, se insieme a me e Saragat non escono anche gli altri compagni”. E così fu. “Non volevo avere sulla coscienza tutta quella gente che dopo la nostra fuga sarebbe stata fucilata, il rimorso mi avrebbe tormentato per tutta la vita” dirà anni dopo rievocando quella fuga rocambolesca.


Vassalli pagò cara la sua audacia: fu catturato dalle SS e torturato a lungo a Via Tasso e soltanto la liberazione di Roma lo salvò dalla fucilazione.


Sandro Pertini riprese la lotta in lungo e in largo per l’Italia, come dirigente della Resistenza ma anche come primo combattente.


L’Italia che tanto amò lo volle Presidente della Repubblica nel periodo più oscuro della storia repubblicana, quando Aldo Moro era stato rapito e ucciso, quando l’Italia era dominata da forze oscure che manovravano le cosiddette brigate rosse. La sua presenza sul Colle in quegli anni dette sicurezza a noi italiani smarriti, ci fece pensare che il “Partigiano Presidente” avrebbe vegliato sulla democrazia, avrebbe garantito per tutti noi. E così fu: l’Italia superò il guado. Si capì dal discorso di insediamento, uno dei discorsi più alti che siano mai stati pronunciati nel Parlamento italiano, di che pasta era fatto il combattente per la liberta e per la giustizia sociale. “Certo noi abbiamo sempre considerato la libertà un bene prezioso, inalienabile. Tutta la nostra giovinezza abbiamo gettato nella lotta, senza badare a rinunce per riconquistare la libertà perduta. Ma se a me, socialista da sempre, offrissero la più radicale delle riforme sociali a prezzo della libertà, io la rifiuterei, perché la libertà non può mai essere barattata. Tuttavia essa diviene una fragile conquista e sarà pienamente goduta solo da una minoranza, se non riceverà il suo contenuto naturale che è la giustizia sociale. Ripeto quello che ho già detto in altre sedi: libertà e giustizia sociale costituiscono un binomio inscindibile, l’un termine presuppone l’altro: non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà, come non vi può essere vera libertà senza giustizia sociale. Di qui le riforme cui ho accennato poc’anzi. Ed è solo in questo modo che ogni italiano sentirà sua la Repubblica, la sentirà madre e non matrigna. “

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Gli anni di Pertini al Quirinale furono anche gli anni in cui tutti gli italiani, grazie a questo uomo coraggioso onesto e appassionato, sentirono che la Repubblica era “madre e non matrigna”.


Grazie Sandro, per aver combattuto per noi nei momenti più terribili della nostra storia e di averci dato il coraggio di affrontare quelli più oscuri.

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