Il question time alla Camera di Giorgia Meloni ha evidenziato il grande nervosismo della presidente del Consiglio, che ha a che fare con divisioni interne e noie da risolvere – come quella del duo Pozzolo-Delmastro. A sostenerlo è Matteo Renzi, in un’intervista a La Stampa, che ha parlato proprio del confronto tra Giorgia Meloni e l’Aula.
«Ho visto una Meloni molto nervosa e in difficoltà, una presidente del Consiglio in perenne lotta col mondo. Vuole cannibalizzare Salvini e Tajani, l’opposizione, litiga con tutti perché non fa pace con sè stessa. Più che una premier sembra un torero nell’arena. Invece di fare questi show governi, se le riesce».
Sulle privatizzazioni. «Anche su questo io contesto anzitutto toni che hanno dell’incredibile: ha parlato di imprenditori amici, di oligarchi. Vogliamo parlare della madre di tutte le privatizzazioni, quella di Autostrade? La fece il governo Prodi, vero. Ma chi chiuse una convenzione a dir poco discutibile coi Benetton? Fu il governo Berlusconi quater, di cui Meloni era ministro».
«Sto dicendo che sulle privatizzazioni possiamo aprire un dibattito che ci impegna qualche giorno, possiamo farci un bel convegno. Anche io penso ci siano cose che sono state fatte bene, altre meno. Ma ormai è materiale per gli storici. Parliamo delle privatizzazioni della Meloni».
«Dicono che incasseranno venti miliardi in un triennio. è una cifra irrealizzabile. La verità è che questo governo sulla politica economica non è credibile, e lo si capirà nella seconda parte dell’anno. Meloni nasconde i suoi problemi con un tono da piagnisteo, che – insisto – non si addice a un presidente del Consiglio. Se a questo aggiungiamo gli attacchi ad aziende contro Stellantis, siamo di fronte a un elemento incredibile di contraddizione».
«Attaccare un editore perché non piacciono i titoli di un quotidiano significa mettere in discussione la libertà di stampa e la libertà di iniziativa privata. Al netto del giudizio che ciascuno può dare di quell’operazione, quello che non si può dire è: siccome John Elkann ha quotato Stellantis in Olanda, allora `Repubblica´ o `La Stampa´ non possono parlare di privatizzazioni. Un’azienda privata fa quello che crede, l’azienda Eni è un’azienda controllata dallo Stato».
«Siccome Meloni non sta vendendo casa sua, ma quote di aziende pubbliche, ha il dovere di essere trasparente. Invece che fa? In nome di un giudizio etico, su cui ciascuno può avere un’opinione, impedisce di parlare di privatizzazioni. Questo è segno di ignoranza istituzionale».
Stellantis, come molte grandi imprese, ha ricevuto contributi dallo Stato: «Se non sbaglio era il 2018, e Volkswagen voleva spostare lo stabilimento Lamborghini di Sant’Agata Bolognese a Bratislava. Ebbi una discussione molto accesa con i vertici del gruppo tedesco e con Angela Merkel. C’erano in ballo 1500 posti di lavoro. Insomma, alla fine, anche con alcuni incentivi pubblici, avemmo la meglio. Qualche giorno dopo mi telefonò l’allora amministratore delegato Sergio Marchionne, il quale mi disse: `Lei con questa operazione sta aiutando un mio concorrente. E invece per noi lei queste cose non le ha fatte´. Io risposi: `Dottore, e´ vero, ma la Fiat ha avuto da questo Paese abbastanza aiuti per il suo mandato e quello dei manager che la seguiranno. Mi disse che ero un furbacchione ma che non avevo torto».
«I danni che fanno dichiarazioni come quelle di oggi (ieri) li vedremo in futuro. Vanno bene per prendere consensi sui social network, non per avere il consenso degli investitori. Il messaggio più o meno si può riassumere così: gli investimenti sono buoni solo se piacciono alla presidente del Consiglio. Perché invece di fare passerelle con Elon Musk ad Atreju, la premier non gli chiede di portare in Italia uno stabilimento della Tesla? Perché Intel investe in Germania e non in Italia? Se vuole far politica, la premier esca completamente dal Monte dei Paschi, ci sono le condizioni per farlo. La verità è che alla destra piace avere un piede nelle banche».
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