Pd: raggiunto un compromesso per il voto online alle primarie
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Pd: raggiunto un compromesso per il voto online alle primarie

il punto di caduta è stato rappresentato da una serie di «eccezioni» per le quali rendere possibile il voto online. Chi abita in luoghi isolati o è impossibilitato a muoversi

Pd: raggiunto un compromesso per il voto online alle primarie
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11 Gennaio 2023 - 16.59


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Ci sarà il voto on line. Ma solo in alcuni casi specifici: per chi vive all’estero, per i disabili e malati che «autocertifichino tali condizioni», per persone «residenti in località la cui distanza dai seggi renda particolarmente difficoltoso l’esercizio del voto».

Questo lo schema su cui si è chiuso l’accordo. Bene per Elly Schlein, promotrice della battaglia per il voto telematico, che parla di una «vittoria per il Pd», partito «unito, moderno e inclusivo». Bene per il fronte Bonaccini che puntualizza come il voto on line sia limitato, una sorta di deroga, e la norma resti il voto in presenza ai gazebo.

Di qui l’amplissima maggioranza che in Direzione ha dato l’ok all’accordo sul regolamento, che comprende anche lo slittamento delle primarie al 26 febbraio. Solo 1 contrario e 9 astenuti. Tra questi la candidata Paola De Micheli che, fortemente contraria all’on line sin dall’inizio, non ha partecipato alla votazione. La commissione congresso (nominata stasera in Direzione) ora dovrà occuparsi delle modalità di voto: dalla piattaforma che verrà utilizzata all’uso dello Spid. «Ci vuole una piattaforma sicura, ci vuole lo spid», rimarca Alessandro Alfieri.

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C’è voluta l’intera giornata per arrivare a una sintesi che ha visto Enrico Letta impegnato a cercare di evitare strappi. E l’ipotesi non era poi così remota, dopo le rigidità di ieri al tavolo degli `sherpa´ dei 4 candidati alla segreteria e che si sono riproposte in un nuovo giro di consultazioni in mattinata. Tanto da optare per il rinvio della Direzione, dalle 12 alle 19.

Il dibattito di questi giorni

Schlein, che ha continuato a chiedere il ricorso al voro online per dare un segno di apertura, non entra nei dettagli della trattativa, ma si rimette alla direzione: «C’è una discussione in corso, la direzione è convocata alle 19.00 e la direzione deciderà». Intanto, i dem hanno rinviato la direzione nazionale dalle 12.30 alle 19.00. Per avere più tempo per la trattativa, certo. Ma anche per la coincidenza dei lavori parlamentari, con la fiducia al decreto Aiuti quater, come sottolineato da Laura Boldrini all’ingresso del Nazareno. In ogni caso, «un brutto segnale», per il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, uno dei sostenitori di Stefano Bonaccini, che prende le distanze dallo scontro che si è innescato sulle regole: «Il dibattito sulle regole è tutto ciò che non dobbiamo fare se vogliamo che gli elettori si avvicinino a noi», dice. 

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Di avviso diverso è Enrico Borghi, senatore e responsabile sicurezza «dell’unico partito che ancora discute in Italia», come sottolinea: «Oggi è l’anniversario della scissione di Palazzo Barberini, cioè la divisione dell’allora Partito Socialista tra Nenni e Saragat», ricorda Borghi per dire che «una volta le discussioni all’interno dei partiti erano un dato acquisito, ora è rimasto solo un partito che fa i congressi, che fa il proprio dibattito in pubblico, oggettivamente, che si divide sulla dialettica. Oggi questa sembra diventata l’eccezione anziché la regola». 

Detto questo, Borghi si dice certo che «in direzione comporremo il quadro delle regole, quello che ritengo importante è che si smetta di parlare di noi, di come ci organizziamo a si cominci a parlare del Paese. Dobbiamo essere meno autoreferenziali e dobbiamo cominciare a parlare dei problemi del Paese per dare una risposta a una destra che secondo noi non sta governando». 

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