Il Pd prima di pensare a cambiare nome «dovrebbe capire cosa vuole fare, chi intende rappresentare. Qual è la sua identità? Non lo sa più». Lo dice in un’intervista a La Repubblica l’ex segretario del Pci e del Pds Achille Occhetto.
Oggi c’è chi definisce il Pd «un partito radicale di massa, che ha separato i valori dei diritti civili da quelli sociali. Ma per i primi bastano delle semplici dichiarazioni, per i secondi invece bisogna rimboccarsi le maniche ogni giorno nella pratica sociale. È esattamente quello che non è avvenuto», spiega. Per Occhetto, il Pd è diventato antipatico, «il governismo è stata la sua vera malattia». L’errore del Pd «è stato quello di fare suo il programma di unità nazionale, invece che proporne uno di suo, di sinistra». Letta «credo che non abbia più colpe di tanti altri» osserva Occhetto, il campo largo «è fallito dentro il Pd, perché una parte era a favore di Calenda e un’altra guardava al M5s».
Si è parlato di scioglimento, «ma io tradurrei questa proposta in positivo con l’avvio di un’ampia costituente. Potrebbe avere due sbocchi: la nascita di una nuova formazione politica o un’alleanza tra soggetti diversi ma consapevoli che bisogna marciare uniti». Per Occhetto, siamo passati «dalla Repubblica dei partiti al populismo: la gente è insoddisfatta di chi è al governo e scontenta ne prova un altro, i cui consensi poi crollano rapidamente». Comunque, «non ha alcun senso indire un congresso per decidere se stare con Conte o con Calenda – conclude -. Il Pd deve capire come stare con se stesso e con la società italiana. Altrimenti muore».