Se si guarda agli ultimi sondaggi, il 25 settembre non ci sarà partita. L’alleanza tra Meloni, Salvini e Berlusconi è data tra il 46 e il 48%, 18-20 punti sopra la mini coalizione di centrosinistra. Il che significa maggioranza assoluta alla destra sia alla Camera sia al Senato. Unico dato incerto, il raggiungimento o meno dei due terzi dei seggi, quota che consentirebbe alla destra di cambiare la Costituzione (Repubblica presidenziale e altro) senza bisogno dell’approvazione referendaria. Il tentativo di Letta di polarizzare la campagna elettorale (noi o loro, rosso o nero) sembra premiare più Fratelli d’Italia che il Pd.
Le diverse rilevazioni del 5 settembre danno la Meloni in crescita (24,8% per Tecné, 25,8% per Swg, 24 per Ipsos) e i Dem in calo (21,9 Tecné, 21,4 Swg, 23 Ipsos), con i Cinquestelle in recupero (11,9 per Tecné e Swg, 13,4 Ipsos) e la coppia Calenda-Renzi che riesce a intercettare solo in minima parte i voti in uscita da Forza Italia e Lega. Azione-Italia Viva oscilla nelle rilevazioni tra il 5 e il 7%, mentre il partito di Salvini è dato tra il 12 e il 13% e quello di Berlusconi tra il 7 e l’8% (il 10 per Tecnè, ma è un sondaggio commissionato da Mediaset). Sinistra Italiana e Verdi sarebbero gli unici dei piccoli sicuri di superare il 3% necessario a entrare nel nuovo Parlamento (sono dati sopra il 4% da Swg e Ipsos, al 3 da Tecné), mentre Italexit di Paragone corre sul filo (2,9% per la media Youtrend), + Europa scivola sotto il 2% e Impegno civico di Di Maio rischia di non raggiungere nemmeno l’1% necessario per non buttare nel cesso i voti che prenderà.
Considerando la legge elettorale che ci ritroviamo, la scelta del segretario Pd di prendersi Di Maio e precludersi Conte non sembra sia stata una gran genialata. Il Rosatellum premia oltremisura chi si aggrega, anche se tra diversi, e punisce chi si divide. Salvini e Berlusconi stavano al governo, la Meloni all’opposizione, si detestano reciprocamente e hanno posizioni diverse su molti punti, ma si presentano uniti. Letta, Conte, Calenda e Renzi no. Pur sapendo fin dall’inizio che senza campo largo si perde sicuro. E un campo stretto dove alla fine corrono nella stessa coalizione e nello stesso collegio uninominale di Bologna Civati e Casini, non si può vedere. Lo pensano in tanti tra gli elettori del Pd, anche se in pochi lo dicono. Ma lunedì sera a Ottoemezzo l’ingegner Carlo De Benedetti l’ha detto: “Letta ha sbagliato a non cercare l’alleanza elettorale con Conte. Così il Pd ha rinunciato in partenza a competere per vincere le elezioni”.
Ci aspetta un dopo 25 settembre inquietante. Con una destra sovranista, presidenzialista, populista, omofoba, sorda sui diritti civili e ancora un po’ fascista (Dio, patria, famiglia) al potere. Il ritorno in scena di cariatidi politiche come Berlusconi, Tremonti, La Russa, Gasparri, Calderoli, Nordio, Moratti. Il rientro in gioco di politici bolliti che speravamo di esserci tolti dai “cabasisi” come Salvini e Renzi. Una sinistra mai così all’angolo dal dopoguerra a oggi. Un Pd in crisi politica e di identità, sempre più lontano dal suo popolo originario, che si è consegnato all’agenda Draghi, al liberismo e all’atlantismo spinto.
La Costituzione “più bella del mondo” a rischio. E ci aspetta un autunno-inverno durissimo. Con la guerra e l’emergenza climatica che si fanno sempre più minacciose. L’inflazione che viaggia verso il 10%. Le aziende costrette a ridimensionare o chiudere l’attività per la crisi energetica. Le bollette di gas e luce alle stelle, il pieno di metano e benzina proibitivo, il riscaldamento non assicurato, le famiglie che non ce la fanno più, la crisi sociale pronta ad esplodere. Questo mentre la nuova premier inglese, Liz Truss, dice allegramente che in caso di escalation e allargamento del conflitto tra Russia e Ucraina, lei sarebbe pronta ad usare l’arsenale nucleare britannico, anche a rischio dell’annientamento totale (“È una responsabilità importante del primo ministro. Se le circostanze lo richiederanno, sono pronta a farlo”) e in tutta Europa, Italia compresa, si riaccendono al massimo le centrali a carbone e si rilancia la corsa al nucleare. Forse ce la meritiamo l’estinzione.
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