Il dilemma di Letta mentre Calenda e Renzi se credono nel 'terzo polo' dovranno mettere da parte odio e ripicche
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Il dilemma di Letta mentre Calenda e Renzi se credono nel 'terzo polo' dovranno mettere da parte odio e ripicche

Calenda, dopo il mezzo scivolone a sinistra, deve ora dimostrare maturità politica, una volta per tutte. Caricarsi sulle spalle questo progetto e costruire, non distruggere

Il dilemma di Letta mentre Calenda e Renzi se credono nel 'terzo polo' dovranno mettere da parte odio e ripicche
Letta e Calenda
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8 Agosto 2022 - 13.27


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di John Morris

Ieri alle 14.30 tutti gli addetti ai lavori erano incollati al televisore. Che fa Calenda? Resta? Va via? Rilancia?
Poi è arrivato l’annuncio. In diretta TV come nelle storie disperate del mondo dello spettacolo. La chitarra solista della band del campo largo ha lasciato il gruppo.


Carlo Calenda ha annunciato che alle nuove condizioni – vedi gli accordi di Letta con Sinistra e Verdi, ma anche la candidatura di Di Maio – per lui non era più possibile andare avanti.

E ora che succede? Perché al netto di simpatie o antipatie personali, quello che è successo ieri riscombina davvero le carte sul tavolo di una campagna elettorale agostana che già dalle prove generali conferma di poter essere davvero la più folle di sempre.

Partiamo dal Pd. Letta le ha provate davvero tutte pur di costruire una coalizione che andasse dalla sinistra al centro. Per alcuni non ha colpe, è colpa degli altri insomma. Ma per altri, molti altri, ciò che è successo conferma quello che sembra ripetersi ciclicamente nella vita politica dell’eterna promessa nata sotto la torre pendente: tutte le volte che sale sul grande palco stecca. Sfortuna o incapacità, lascio a voi la scelta.

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Ora il partito un po’ di sinistra, un po’ progressista e socialista, ma anche riformista e liberale ha di fronte a sé due strade. Continuare con la coalizione monca dell’uscita di Azione oppure ricordarsi di poter incarnare da solo tutti i valori sopracitati e provare una corsa coraggiosa in solitaria e identitaria. L’opzione due sembra quella che apprezzerebbero di più soprattutto nell’area occupata dai cosiddetti “ex-Renziani rimasti dentro”, che a quel punto potrebbero loro farsi carico di intercettare il voto liberale e riformista e rilanciare quella componente che in passato ha conosciuto tante glorie. In questo caso avrebbero anche l’arma in più: considerato che una campagna elettorale in solitaria necessiterebbe di una leadership forte capace di trascinare davvero gli elettori, potrebbe affermarsi l’idea di un Letta più in disparte, con Bonaccini a fare il vero front runner. Ma sono solo ipotesi, chissà…

E ora guardiamo al centro. La strada che Calenda deve percorrere sembra obbligata: alzare il telefono e chiamare Matteo Renzi pronunciando quella parola che due protagonisti di una storia tormentata fatta di odio e ripicche, ma che agli occhi di tutti sembra destinata a un grande amore devono dirsi, facciamolo. E non tanto per la questione simboli, firme e cavilli burocratici. Ma più che altro per dimostrare che il terzo polo è un progetto serio, e non una trovata elettorale.

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Che quelle parole riformisti, liberali, moderati possono ancora scrivere la storia politica di questo paese. Insomma prima di tutto Calenda, dopo il mezzo scivolone a sinistra, deve ora dimostrare maturità politica, una volta per tutte. Caricarsi sulle spalle questo progetto e costruire, non distruggere. Ad aspettarlo dall’altra parte c’è quello che lo ha lanciato in politica e che anche nella scorsa legislatura ha dimostrato di essere il politico che più di ogni altro dentro il Parlamento sa come si danno le carte e si vincono le partite.

Mica da poco averlo in squadra. Oltretutto non sembra intenzionato a discutere di leadership. In questo senso Calenda potrebbe avere mani libere. Sempre che non si decida di puntare sull’effetto shock e dare un volto diverso a questo progetto. Chissà magari una donna, magari ex ministro.

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