Il flop M5s preoccupa il Pd e prende quota il 'metti a Cassano', ossia Calenda
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Il flop M5s preoccupa il Pd e prende quota il 'metti a Cassano', ossia Calenda

I rumors democratici: se si voterà con il Rosatellum non converrà neanche ad Azione la conta dei voti. Conte deve essere considerato ininfluente, non va escluso, ma considerato per quello che vale, ossia il 3%

Il flop M5s preoccupa il Pd e prende quota il 'metti a Cassano', ossia Calenda
Carlo Calenda
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14 Giugno 2022 - 11.41


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“Metti a Cassano”, è tornata ad essere un’invocazione quasi popolare, almeno nella prima schiera degli esponenti del Pd.


Dove al posto del giocatore barese, è da intendersi Calenda, ‘metti a Calenda’. E stavolta il posto ingrato che nel 2004 tocco’ al ct Trapattoni durante gli Europei, va al segretario del Pd Enrico Letta, volato ieri a Parigi per lasciare l’onere dei riflettori al vicesegretario Provenzano e a Francesco Boccia.


“Ormai ce lo dice anche Pizzarotti, uno dei primi sindaci grillini”, commenta un senatore, “e lui sa bene quanto i 5 stelle possano nuocere”.


“Metti a Calenda”, ieri tracimava da tutti i lanci di agenzia, uno slang per mesi detto sottovoce, che nella giornata dello spoglio elettorale è invece risuonato in tutte le dichiarazioni ufficiose dei parlamentari dem, che ha innervosito il solo Walter Verini, nella stoica funzione dell’ultimo giapponese. A determinare l’apertura delle dighe, dopo il lancio del solito Andrea Marcucci che lo ripete da mesi, una riflessione del potente Alessandro Alfieri, coordinatore di Base Riformista e ventriloquo ufficiale del ministro Lorenzo Guerini: “Il risultato infelice del M5S preoccupa”.

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‘E vorrei vedere, il miglior risultato di Conte è stato a Palermo”, elenca sornione un deputato in Transatlantico, ‘poi una sfilza di percentuali da prefisso telefonico. Saremo anche il primo partito ma con questa alleanza consegniamo il Paese a Giorgia Meloni senza neanche combattere”.


Qualcuno la definisce la ‘maledizione di Matteo Renzi’, ricordando come nel 2017, l’allora segretario del Pd si trovò a siglare un’intesa con i resti del Ncd, di alfaniana memoria, e con Riccardo Nencini, con il risultato che ben conosciamo.


Alla fine il leader di Azione entrerà in campo, si chiedono quelli del Pd? Naturalmente alzerà a dismisura il prezzo dell’ingaggio, vantando un futuro roseo per il terzo polo. “A questo punto deve essere il momento della politica, esortano i parlamentari di Base Riformista, se si voterà con il Rosatellum non converrà neanche ad Azione la conta dei voti. Conte deve essere considerato ininfluente, non va escluso, ma considerato a capo di una forza politica che vale il 3%, si accomodasse, ma zitto e buono per carità. Quanto a Calenda, paghiamo il prezzo dovuto e prepariamo un programma fortemente riformista per l’Italia”.

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Renzi, invece, secondo i più non sarebbe un problema. “L’intesa con il leader di Italia Viva si può trovare più facilmente, Letta ci discute dal Quirinale, un accordo si farà”, la previsione

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