Dal toto-Quirinale sono sbucati una miriade di nomi e nonostante ci sia diffidenza sui numeri la porta che porta a Berlusconi non si è ancora del tutto chiusa.
Come scrivono Federica Valenti e Giovanni Lamberti – Agi – è ancora impasse nella partita del Quirinale ma Salvini ora vuole verificare una volta per tutte la fattibilità dell”operazione Cav’. “Perché – questo il ragionamento di un ‘big’ della Lega – se Berlusconi fallisse ci troveremmo tutti in difficoltà. Il centrodestra rischierebbe l’esplosione e non possiamo permetterlo”.
Da qui la necessità di valutare anche un ‘piano B’. La prima opzione della Lega e di Fratelli d’Italia resta comunque ancora quella del Cavaliere. Pur tra dubbi e perplessità. Ma l’ex premier non può avere certo una delega in bianco e, magari, poi trattare con il centrosinistra su un altro nome, il ‘refrain’. Ecco il motivo per cui il leader del partito di via Bellerio non scarta affatto l’eventualità che si possa trovare un’intesa su una figura d’area. E di portare al tavolo della trattativa una rosa di nomi di centrodestra che al momento sarebbe composta da Moratti in primis, più dietro nelle preferenze Casellati e Pera.
Con la possibilità pure che in una situazione di caos si vada sul premier Draghi. Perchè se dovesse emergere la ‘carta’ dell’ex numero uno della Bce dopo la quarta votazione “sarebbe difficile dire di no”, spiega un esponente del partito di via Bellerio, premettendo che sarebbe una sconfitta se si andasse su Draghi o su un ‘Mattarella bis’ alla quinta votazione. La partita al momento resta bloccata.
Il Cavaliere oggi ha sentito Salvini, gli ha assicurato che il primo obiettivo è quello di preservare l’unità della coalizione. Ma per ora l’ex premier è intenzionato ad andare fino in fondo. Non considererà un ‘piano B’ se non davanti ad un precipizio, riferiscono fonti parlamentari azzurre.
L’ex presidente del Consiglio comprende che la partita è sempre più difficile, il pressing in corso da più parti è che sia lui direttamente a trattare per la candidatura di Draghi ma non cede. Convinto che alla fine sia nel centrodestra che in tanti nel gruppo misto, in M5s e tra gli ex pentastellati non avranno alternativa se non votare lui, anche per evitare le urne anticipate.
Tra numeri e calcoli
A suo dire, secondo quanto riferisce chi gli ha parlato, perderebbe al massimo una trentina di voti nel suo campo, a meno che ‘Coraggio Italià non si voglia spostare in blocco verso altre mete, ovvero Draghi. Ma se Salvini tiene, anche gli altri azionisti dell’asse non si sottrarranno, il convincimento di Berlusconi.
In realtà proprio gli esponenti di Coraggio Italia non hanno certamente gradito di non essere stati invitati al vertice che si terrà venerdì a villa Grande. L’incontro ieri sembrava essere slittato ma il Cavaliere lunedì e martedì sarà a Strasburgo per la commemorazione di Sassoli e per la nomina del nuovo presidente del Parlamento europeo. Perciò ha dato appuntamento per dopodomani ma solo a Salvini e Meloni. Si sommeranno i voti, Berlusconi agli ospiti che riceve innanzitutto fa vedere la lista dei delegati regionali.
Una quarantina di voti Berlusconi pensa di poterli ottenere tra coloro che nel Pd e nel Movimento 5 stelle sono scontenti della linea dei vertici. E una cinquantina, invece, arriveranno, a suo dire, “a titolo personale”, ovvero grazie ad interlocuzioni portate avanti ‘vis a vis’ o al telefono. Insomma, il Cavaliere è alla ricerca di quel consenso largo che gli chiedono Lega e Fdi. Consenso che secondo Sgarbi, ricevuto oggi nella villa di Zeffirelli, si appaleserà con i voti segreti.
“Salvini e Meloni non mi tradiranno”, ripete l’ex premier ai suoi. Il timore è che possa venire a mancare un numero di voti proprio in FI e tra gli ex forzisti. “Al massimo si può arrivare a 400 voti. Come si trovano gli altri cento e più?”, si chiede uno dei diversi parlamentari scettici sull’operazione. Secondo quanto riferiscono fonti parlamentari dem e pentastellate l’ipotesi di non partecipare alle votazioni in Aula nelle prime votazioni sarebbe per il momento stata esclusa.
Ma in ogni caso Pd, M5s e Leu hanno intenzione di serrare i ranghi. Le prime tre votazioni dovrebbero andare in bianco in entrambi gli schieramenti. E i fari sono puntati nel gruppo misto, nella pattuglia di Toti e Brugnaro e nella compagine renziana. Voti che risulteranno comunque decisivi. Ma se dai calcoli mancano una quarantina di voti alla quarta votazione il rischio è che possano servirne di più dopo la notizia del vertice a tre che si terrà venerdì. Oggi Coraggio Italia ha stilato un documento spiegando di non avere nulla in contrario alla candidatura di Berlusconi a patto che ci siano le condizioni.
E tra le richieste c’è anche quella di una legge elettorale di tipo proporzionale. (AGI)Gil/Fed (Segue) (AGI) – Roma, 12 gen. – Ma l’ex presidente del Consiglio intende prima chiudere un patto con Salvini e Meloni. E superare ogni tipo di scetticismo. “Se Berlusconi avrà i numeri, ovviamente è il candidato naturale”, ha spiegato oggi il capogruppo della Lega alla Camera Molinari. “Non è un segreto – ha poi aggiunto – che una figura come quella di Berlusconi è divisiva. Conoscendo la storia recente del centrosinistra italiano e del Movimento 5 stelle, è chiaro che magari ci sono altri nomi del centrodestra che potrebbero avere più facilmente dei voti”.
Sarà Salvini insomma a tentare di vestire i panni del kingmaker dell’elezione del presidente della Repubblica. Ieri l’ex ministro dell’Interno ha incrociato il presidente di Fi Meloni alla Camera, stamane ha incontrato i vertici di Coraggio Italia. Nel centrodestra ci si interroga sul senso della sua proposta di fare entrare i leader nell’esecutivo (proposta oggi ridimensionata in partecipazione “ai massimi livelli”). Qualcuno l’ha interpretata come una timida apertura all’ipotesi di un trasloco di Mario Draghi al Quirinale.
Ma, interrogato a riguardo, chi è più vicino al segretario leghista nega: “No, Draghi al Colle non è tra le nostre opzioni preferite”. Salvini non ha escluso di poter entrare nel governo, lo considera – a prescindere da chi sarà a palazzo Chigi – un esecutivo elettorale e dunque il rischio è che sia debole.
Lo schema prevede, secondo le trattative che erano state portate avanti tra i leader in questi giorni, il ministro dell’Economia Franco a palazzo Chigi e l’ingresso dei leader come vicepremier. Un governo dunque che possa gestire i fondi del Pnrr e portare fuori l’Italia dalla pandemia. Ma l’accordo anche su questa prospettiva non c’è. Per i dem si tratta di una proposta frutto solo di un posizionamento tattico.
Intanto però pensa che ci sia bisogno di un piano B: cliccate qui
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