Open Arms, così la Lega inscena un processo parallelo sui social per dar ragione a Salvini
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Open Arms, così la Lega inscena un processo parallelo sui social per dar ragione a Salvini

Da ore gli organi di stampa e di comunicazione della Lega invadono la rete con estratti di testimonianze che fanno apparire Salvini come assolutamente innocente. 

Open Arms, così la Lega inscena un processo parallelo sui social per dar ragione a Salvini
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17 Dicembre 2021 - 16.01


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Se si vuole sapere qualcosa su come sta andando il processo Open Arms a Salvini, è davvero complicato uscire dalla trappola che la Lega sta tessendo per inquinare l’informazione: da ore, infatti, gli organi di stampa e di Comunicazione della Lega invadono la rete con estratti di testimonianze che fanno apparire Salvini come assolutamente innocente. 

Fermo restando che sarà il Tribunale a decidere, è allarmante che la Lega faccia di fatto un secondo processo sui social, non fornendo alcun contesto e interpretando la realtà a suo comodo. 

L’ultimo esempio è la testimonianza dell’ammiraglio Sergio Liardo che – sostiene la Lega – “smaschera le Ong e scagiona Matteo Salvini”. ’Scagiona’ è un verbo assolutamente improprio perché né Liardo né la Lega hanno autorità per scagionare chicchessia, ma peraltro la testimonianza di Liardo è avulsa dal contesto. 

Perché è vero, come detto da Liardo, che “Open Arms poteva chiedere Pos alla Spagna e ha rifiutato Pos di Malta” in quei concitati giorni dell’agosto 2019; ma è altresì vero che solo dopo 17 giorni che la Open Arms si trovava in stallo in mare la Spagna ha concesso un porto sicuro, ma all’epoca dei fatti il Governo di Pietro Sanchez aveva tolto l’autorizzazione alla Open Arms a svolgere attività di ricerca e soccorso già da sei mesi, ossia dall’inizio del 2019. 

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Quindi non è semplicemente vero che “Open Arms poteva andare in Spagna”, perché la Spagna non aveva concesso un porto sicuro. Non solo: i porti possono anche dirsi disponibili, ma se non c’è un’autorizzazione statale (ossia quella dei governi nazionali), le navi non possono comunque entrare nei porti. E l’autorizzazione è sì arrivata da Spagna, Germania, Francia, Portogallo, Lussemburgo e Romania, ma nessuno di questi paesi aveva fatto seguire la necessaria richiesta per la redistribuzione di migranti. Questo perché il Paese richiedente diventerebbe automaticamente “Paese di base” e dovrebbe farsi carico della prima accoglienza e nessuno voleva prendersi questa responsabilità, Italia compresa. 

Insomma, la questione è sempre quella: l’Europa dibatteva mentre quelle persone erano tenute in ostaggio su una nave, dopo essere scampate all’inferno libico. 

Un’altra testimonianza riportata dalla Lega è quella del capitano Edoardo Anedda, che sostiene che “dopo i primi due interventi di Open Arms in acque libiche, la nave puntò verso l’Italia in modo arbitrario”. ‘Modo arbitrario’ però non significa che Carola Rackete, capitana della Open Arms, ha puntato sull’Italia perché voleva che i migranti sbarcassero nel loro paese; significa che l’Italia era il porto sicuro più vicino. E che quelle persone non potevano aspettare i comodi dell’Europa. Avevano bisogno di assistenza, subito. 

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