Dall’altro è cosciente che, se vuole contare nella partita del Quirinale, deve iniziare a dare le carte per evitare di rimanere con il cerino in mano e consegnare la vittoria a Renzi che già scalda i motori per un accordo con la destra.
In tutto questo, per questioni di equilibri, di alleanze e pure di calendario, torna a serpeggiare la parola congresso.
Alla luce di un voto amministrativo che, nelle previsioni, dovrebbe rinsaldare il ruolo di segretario al Nazareno, il dibattito interno al partito potrà aprirsi sulle alleanze, visto che l’avvicinamento alla squadra guidata da Giuseppe Conte non convince tutti i dem. L’ex capogruppo al Senato, Andrea Marcucci, battitore libero della corrente di ex renziani Base Riformista, ha già evocato la parola congresso e potrebbe tornare ad auspicare che venga anticipato alla primavera o all’autunno 2022. Per il Nazareno, parlare adesso dell’assise è lunare, ma alcune fonti parlamentari Pd non escludono che possa essere lo stesso Letta, dopo la partita del Quirinale, a chiamare il congresso, affinché si svolga prima dell’estate 2022. Sulla scelta della data pesa anche il calendario: la scadenza naturale sarebbe marzo 2023, che però è anche tempo di elezioni politiche e soprattutto di liste.
Dal Pd c’è “una spinta al governo ad andare avanti fino a scadenza naturale”, ha ribadito Letta dopo l’endorsement a Draghi del presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Ma fra i dem c’è chi ha cominciato coi distinguo tra chi chiede di non sovrapporre l’agenda del governo Draghi a quella del Pd e che vorrebbe “draghizzare” il Pd. Un dibattito che al Nazareno è considerato “surreale”.
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