Perché la maggioranza litiga sul Recovery plan? Di cosa ha paura Italia viva?
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Perché la maggioranza litiga sul Recovery plan? Di cosa ha paura Italia viva?

Italia Viva punta i piedi sulla task force che dovrà gestire i fondi europei. Possibile stasera un nuovo Cdm

Renzi e Conte
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9 Dicembre 2020 - 09.02


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Facciamo il punto su una questuione molto intricata. 

 “Noi cosi’ non votiamo niente”. Italia viva sul ‘Recovery plan’ ha alzato il muro. Si deve stralciare la norma sulla ‘governance’, non ci sono alternative, non va bene neanche un decreto al posto di un emendamento alla legge di Bilancio. Il premier Conte rischia di andare a Bruxelles per il Consiglio europeo senza l’ok al piano sui finanziamenti Ue. Perché se il Consiglio dei ministri di ieri è saltato per il braccio di ferro in corso comunque il governo è chiamato a dare un via libera alla ‘cornice’ dei progetti.

Una riunione del Cdm potrebbe tenersi oggi in serata ma i renziani si mettono di traverso, da qui l’irritazione, secondo quanto riferiscono fonti parlamentari della maggioranza, dello stesso presidente del Consiglio. Da Palazzo Chigi non filtrano commenti sulla posizione di Italia viva. Ma nel fronte rosso-giallo trapela la preoccupazione del governo, soprattutto perché “cosi’ si rischia di bloccare tutto”. Renzi prenderà la parola domani pomeriggio nell’Aula del Senato dopo le comunicazione del premier.

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Fibrillazione anche sul Mes. “Se Conte dice apertamente che non intende utilizzare quei fondi non voteremo le sue comunicazioni”, afferma una fonte parlamentare renziana. Da qui la decisione del gruppo di posticipare la firma sulla risoluzione. Ma non c’è solo il nodo del Mes in vista. A gennaio l’ex premier vuole una sessione del Parlamento che discuta del ‘Recovery’ e in base a quei lavori si deciderà chi e come utilizzerà i miliardi messi a disposizione dalla Ue. Insomma non è disponibile a compromessi. “Per noi non ci sono alternative”, l’alt di Iv.

Mentre il Pd, stando a fonti parlamentari, sta lavorando ad un mediazione. Ovvero modificare il testo sulla ‘governance’, togliendo la possibilità che i tecnici possano avere poteri sostitutivi a quelli dei ministri e rafforzando lo strumento degli uffici dei dicasteri.

Il premier non arretra ma sottotraccia si lavora ad una ‘exit strategy’. Politica, non solo tecnica, visto che per Iv non ci sarebbe neanche una cornice giuridica alla eventualità che si possa agire in deroga. Si tratta sulla possibilità che i ministri abbiano più forza nella partita, che la cabina di regia venga in qualche modo depotenziata, con un ruolo di raccordo dei progetti. Ma il muro contro muro resta.

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“Basta cannoneggiare la maggioranza e con la strategia della tensione”, dicono pure da Leu dove c’è chi considera, alla stregua del Movimento, il Mes uno strumento separato. Sia tra i dem che tra i pentastellati la struttura ipotizzata dal premier non convince. Tuttavia la convinzione dell’ala governista del Movimento ma anche di un’ala del Pd è che dietro gli affondi di Renzi ci sia un progetto alternativo.

In prima istanza un rimpasto, in seconda un nuovo esecutivo con l’apporto dei moderati. Ragionamenti che i renziani respingono anche se ormai la necessità che a gennaio si arrivi ad un tagliando viene ormai sottolineata da tutte le forze politiche della maggioranza. Ma i ministri che ritengono questo governo come l’unico possibile hanno, riferiscono fonti parlamentari, inviato un messaggio a chi non esclude di far saltare il banco. “Se salta questo governo non ci sono altri possibili. Si andrebbe a votare e sarebbe un disastro”, il ‘refrain’.

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