Lo Stato deve fare lo Stato: se si smarrisce in guerrette particolaristiche arriveranno gli avventurieri
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Lo Stato deve fare lo Stato: se si smarrisce in guerrette particolaristiche arriveranno gli avventurieri

Bisogna chiedere rigore a chi governa. Non si può firmare un Dpcm a mezzogiorno e silurarlo all'ora di cena. Il pluralismo non può trasformarsi nella corporativizzazione della maggioranza.

Il governo
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Arturo Scotto Modifica articolo

27 Ottobre 2020 - 15.57


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Lasciamo perdere i diplomatismi.
Qui la situazione è seria.
Il Dpcm varato dal Governo non è il bancone di un supermercato: prendi quello che ti piace e rifiuti quello che non ti convince.
Se l’obiettivo è ridurre il contagio, provare ad arrivare a Natale in una situazione di seminormalità, evitare che crisi sanitaria e crisi sociale si sommino producendo un disastro incalcolabile, occorre dire la verità ai cittadini.
Sapendo che la verità fa male.
La seconda ondata può essere peggiore della prima, più lunga e più dannosa.
Ce lo racconta il resto dell’Occidente: nessuno sta bene.
La Germania che è il paese più attrezzato d’Europa sulle terapie intensive già comincia ad essere in affanno.
Le parole della Merkel sono state inequivocabili.
Non ho mai avuto l’ambizione di fare lo statista, sono un militante politico e sostenitore di questo Governo, che come tanti cittadini è attraversato da dubbi, interrogativi, incazzature.
E’ il periodo forse più difficile di sempre per generazioni che non hanno conosciuto la tragedia della guerra e delle dittature.
E, per la prima volta, nella testa di tanti di noi compare la preoccupazione per la salute tua e di chi ti sta vicino.
Diventiamo improvvisamente adulti, nostro malgrado.
Non è scontato che questa prova lasci intatto il volto delle nostre democrazie.
Potrebbe annichilirle, ridurle in politiglia, trasformarle in un ricordo lontano e distante.
La convivenza tra il Virus e la vasta gamma di libertà che abbiamo conquistato nel dopoguerra è oggettivamente impossibile.
E questo trascina con sé il benessere economico, la tenuta sociale, gli istituti di protezione.
Può minare profondamente anche l’equilibrio mondiale tra i popoli: la cortina di ferro tra Cina e Usa è già stata costruita e le guerre regionali non sono diminuite affatto.
Torna la suggestione di una corsa agli armamenti che non preannuncia nulla di buono.
Chiunque oggi vede la scena italiana con preoccupazione non può scinderla dal destino del resto del globo.
Sarebbe miope, se non addirittura criminale.
Le immagini delle piazze di questi giorni sono fenomenti indubbiamente limitati, schiumano una rabbia inquietante, fanno emergere protagonismi sociali senza volto e senza prospettiva.
Sono il frutto di un ripiegamento della società italiana, del riemergere di apprendisti stregoni che vogliono tirare giù una Repubblica già stremata.
Ma raccontano anche un malessere che non si può archiviare con un’alzata di spalle.
E’ la coda drammatica della destrutturazione dei corpi intermedi, della frantumazione delle organizzazioni politiche e sindacali rappresentative, dell’indebolimento del tessuto dell’associazionismo territoriale.
Nessuno ha più i radar, insomma.
Se getti un fiammifero in un pagliaio, dunque, il risultato è scontato.
Per questo bisogna chiedere rigore e serietà a chi governa un processo così drammatico.
Non si può firmare un DPCM a mezzogiorno e silurarlo all’ora di cena.
Il pluralismo non può trasformarsi nella corporativizzazione della maggioranza.
Vale per Renzi e non solo per Renzi.
Se qualcosa ha funzionato nei mesi complicati della primavera scorsa, pur lasciando strascichi profondi nella psicologia collettiva, è stato – perdonatemi il “jeux de mots”- lo Stato che ha fatto lo Stato.
Pur nelle contraddizioni, nella dialettica tra centro e periferia, nella babele di ordinanze, nelle tante inefficienze: è comparso un Governo che ha trasmesso ai cittadini un’idea di condivisione del dolore, della paura, del disappunto.
Non una cosetta da poco, ma la forma più alta di solidarietà nazionale.
Se quello spirito si smarrisce, si riduce alle guerrette particolaristiche, si traduce nell’afonia di un messaggio complessivo e unitario al paese, viene giù davvero tutto.
Allora arriveranno gli avventurieri.
Perchè i vuoti in politica si riempiono sempre.

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