Quando rimpiangeremo Giuseppe Conte

Giuseppe Conte continua a sorprendere perché sembra avere un senso nobile e profondo della politica. Insieme a Mattarella, un Presidente della Repubblica di cui un giorno sentiremo la mancanza.

Giuseppe Conte
Giuseppe Conte
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David Grieco Modifica articolo

19 Giugno 2020 - 09.13


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“Ho incontrato sei o sette volte il presidente Al-Sisi. Parlarci di persona e guardarlo negli occhi non ha portato risultati. Non sono stato capace”.

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Queste le parole che il premier Giuseppe Conte, cospargendosi così il capo di cenere, ha usato con i genitori di Giulio Regeni, addolorati e furiosi perché l’Italia vende armi all’Egitto ma non riesce nemmeno ad avviare un processo di verità per le torture e l’omicidio di Giulio da parte dei servizi segreti egiziani.

Abbiamo mai ascoltato parole autocritiche così cristalline da parte di un primo ministro, per giunta italiano?

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Il premier Giuseppe Conte incarna una figura rara, di cui si parla da decenni ma che non si è mai riuscita a trovare. Il moderato.

In tanti hanno sempre parlato a sproposito di moderatismo e di moderati, per individuare un centro della politica immune dagli eccessi di opposti estremismi. Ma sono sempre state evocate figure di comodo, che si sono arrogate il diritto di occupare il centro della politica disprezzando la politica stessa e usando comodi stratagemmi, vedi Silvio Berlusconi, come la provenienza dal mondo dell’imprenditoria.

Giuseppe Conte continua a sorprendere perché sembra avere un senso nobile e profondo della politica. Insieme a Sergio Mattarella, un Presidente della Repubblica di cui un giorno sentiremo la mancanza, continua infaticabile a guidare il paese nelle acque limacciose in cui si trova. I sondaggi lo accreditano di un’abbondante doppia cifra qualora decidesse di fondare un partito ma siamo tutti convinti che non lo farà. Potrà forse mettersi ufficialmente alla testa del Movimento 5 Stelle che lo ha fatto accomodare su quella poltrona ma non si vede come possa tentare un’operazione del genere senza distruggere definitivamente il Movimento stesso.

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In questa tempesta perfetta resta la soddisfazione, temporanea, di avere avuto per una volta un uomo onesto e perbene al comando. Un uomo fallibile come qualunque altro, ma forse il solo in grado di ammettere i propri fallimenti nel tentativo di migliorarsi giorno dopo giorno. L’altro nome che viene in mente è quello di Aldo Moro, ma le circostanze così drammatiche delle sue riflessioni autocritiche, quando era prigioniero delle Brigate Rosse, rendono il paragone improponibile.

Giuseppe Conte sostiene di voler tornare al più presto al suo mestiere di avvocato. Anche questo percorso inverso appare alquanto impraticabile perché Conte non è più un professionista preso in prestito dalla politica ma è diventato un politico nel senso più puro del termine.

Difficile immaginare alchimie che possano trattenere Giuseppe Conte in politica. Se fosse un sindaco o un presidente di Regione, gli basterebbe ripresentarsi alla testa di un gruppo di liste civiche per incassare tutto il consenso oggettivo accumulato quest’anno. Ma in una democrazia non presidenziale come la nostra è difficile immaginare come questo possa accadere senza snaturare l’intera storia della Repubblica Italiana fondata sulla Costituzione teoricamente più bella del mondo.

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L’unica cosa che in questo momento appare evidente è che Giuseppe Conte lo rimpiangeremo, nonostante tutti i suoi limiti di cui non fa mistero o forse proprio per quelli.

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