Matteo Renzi e il virus, ossia l'irresponsabilità al potere
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Matteo Renzi e il virus, ossia l'irresponsabilità al potere

Il politico fiorentino appartiene alla genia di coloro che pongono i sacri dogmi dell’economia e della produttività al di sopra dei valori umani

Matteo Renzi
Matteo Renzi
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Giuseppe Costigliola Modifica articolo

28 Marzo 2020 - 15.26


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Che Matteo Renzi appartenesse alla genia di coloro che pongono i sacri dogmi dell’economia e della produttività al di sopra dei valori umani, che fosse uno dei tanti personaggi su cui certo potere finanziario liberista aveva un tempo puntato, che fosse un politicante dall’ego smisurato cui interessa solo tornare a sedere su una certa poltrona, lo si sapeva. O lo si era scoperto, analizzando le mosse che lo hanno portato a rivestire il ruolo di Presidente dell’esecutivo, i suoi due anni, nove mesi e venti giorni come capo del governo, le scelte prima e in seguito operate, tutte puntualmente opposte a quanto pomposamente dichiarato: dal tristemente famoso “Stai sereno, Enrico”, alla promessa disattesa di andare a casa in caso di sconfitta nel referendum sul Senato (sui cui scranni non disdegna però di sedere), alle reiterate coccodrillesche promesse di fedeltà al partito che ha presieduto – e ci fermiamo qui.
Quel che non si conosceva (ma che con cognizione di causa si sospettava) è la sua irresponsabilità politica, resa evidente dalla dichiarazione rilasciata ad Avvenire, a proposito delle sofferte ma imprescindibili misure adottate dal governo per contenere la pandemia che minaccia il mondo intero: “Riapriamo. Perché non possiamo aspettare che tutto passi”. Questa la soluzione proposta dal sommo statista: “Le fabbriche devono riaprire prima di Pasqua. Poi il resto. I negozi, le scuole, le librerie, le messe”. La sua proposta è che si torni sui banchi “il 4 maggio”.
Presa di posizione incauta e inopportuna, che persino un Calenda definisce “poco seria”, e che non poteva non suscitare reazioni durissime da parte della comunità scientifica: contattato dal Fatto quotidiano, il professor Roberto Burioni, professore di microbiologia e virologia all’Università San Raffaele di Milano, ha affermato: “In questo momento la situazione è ancora talmente grave da rendere irrealistico qualunque progetto di riapertura a breve”.

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Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, ha notato: “Dalla tragedia di Bergamo non ha imparato proprio nulla”. L’epidemiologo Pierluigi Lopalco non ha avuto peli sulla lingua: definisce “follia” l’idea del leader di Italia Viva (?), che rischia di infondere nei cittadini “false aspettative e speranze”. Per lui, “la verità ancora non la conosce nessuno, quello che è certo è che se riapriamo subito fabbriche e scuole, senza un piano basato sulle evidenze scientifiche, molti con il coronavirus conviveranno per brevissimo tempo”.
Di quali interessi Renzi si faccia portatore, è sin troppo chiaro. Questa infausta uscita si affianca alle manovre sotterranee che certi gruppi di potere stanno operando per defenestrare l’attuale Presidente del Consiglio e mettere in sella l’ennesimo burattino dei poteri che dirigono le politiche economiche – le politiche tout court – dei Paesi occidentali.
Renzi non fa che ripetere pedissequamente il mantra capitalistico di Trump e di Boris Johnson (a proposito, benvenuto nel gregge), ma con clamoroso sfasamento cronologico. Persino i due campioni dell’iperliberismo politico hanno dovuto porre un freno alle loro incaute affermazioni, scavalcati dai tragici eventi. Persino l’altro delfino di quei potentati, Macron, ha finalmente preso una netta posizione, nell’intervista rilasciata a Repubblica, la prima ai media stranieri: “Non supereremo questa crisi senza una solidarietà europea forte, a livello sanitario e finanziario”.

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Dichiarazioni che seguono le misure di restrizioni sociali adottate anche dal suo Paese, sul modello italiano, di cui riconosce l’efficacia: “Non me ne do alcun merito, perché la scienza ci ha illuminato e l’Italia ci ha preceduto in questa crisi, e abbiamo potuto trarne le lezioni per noi stessi. Abbiamo imparato dalle esperienze dolorose del vostro Paese e dalle decisioni coraggiose prese dal vostro governo: molti Paesi europei giudicavano eccessive tali restrizioni, oggi tutti le attuano perché sono indispensabili nella nostra guerra contro il virus”.
L’irresponsabilità della proposta di Renzi è resa ancor più goffa dal momento in cui appare questa sua sortita, all’indomani del picco dei deceduti da Coronavirus (969).

Lo statista fiorentino è rimasto fermo a febbraio, la sua infausta proposta ricorda le irresponsabili dichiarazioni di quel tempo, da quelle di Zaia a quelle del sindaco Sala e dei troppo numerosi suoi colleghi e politici che si segnalarono per incapacità a comprendere gli eventi.

E si affianca allo sciacallaggio politico in atto, operato dai tanti loschi personaggi che, in un tale drammatico momento di emergenza nazionale, invece di fare quadrato e di provare a superare la crisi tutti insieme, mettono in campo il consueto, sordido balletto della corsa al potere, col sottofondo d’una frase: che vada a farsi fottere, il Paese.
Ecco un’altra lezione che possiamo trarre dalla tremenda esperienza di questi giorni: di siffatti politici, dell’irresponsabilità al potere, l’Italia non ha proprio bisogno.

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